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 Questa è la fine, meravigliosa amica! Questa è la fine, mia sola amica. La fine dei nostri piani elaborati, la fine di ogni cosa che sta in piedi, la fine. Né salvezza, né sorpresa: la fine. Non guarderò nei tuoi occhi… mai più. Puoi immaginarti come sarà. Così, senza limiti e libero, Disperatamente bisognoso di una mano straniera in una terra disperata. Perso in una romana regione di dolore. E tutti i bambini sono impazziti aspettando la pioggia estiva. C’è pericolo alla periferia della città. Cavalca l’autostrada del Re, baby! scene misteriose nella miniera d’oro cavalca l’autostrada verso ovest, baby! Cavalca il serpente, fino al lago. L’antico lago. Il serpente è lungo sette miglia. Cavalca il serpente… È vecchio e la sua pelle è fredda.
L’ovest è il massimo. Vieni qui e faremo il resto. L’autobus blu ci chiama: “Autista, dove ci stai portando?” L’assassino si svegliò prima dell’alba, s’infilò gli stivali, prese una maschera dall’antica galleria e s’incamminò per il corridoio. Andò nella stanza dove viveva sua sorella e… poi fece una visita a suo fratello… e poi s’incamminò per il corridoio. E arrivò a una porta. E guardò dentro: “Padre?” – “Sì, figlio?” – “Voglio ucciderti”. “Madre, voglio… fotterti!”. Vieni, baby, provaci con noi e incontrami sul fondo del bus blu!
Questa è la fine, meravigliosa amica. Questa è la fine, mia sola amica. La fine. Mi fa male liberarti ma tu non mi seguiresti mai; la fine delle risate e delle dolci bugie, la fine delle notti in cui tentammo di morire Questa è la fine (The end – Doors)

È un modo “diverso” di iniziare un mio articolo.

Duro, irrispettoso come un colpo di vento che fa sbattere un’imposta. A rischio di romperla. La fine. Il risveglio da un sonno popolato da tensioni e paure, che ti proietta in un incubo: essere adulti senza sapere cosa significhi! 

Jim Morrison vive la composizione di questo pezzo, come elemento terminale di una serie di esperienze “lisergiche” (LSD), durante le quali, rivive il mito di Edipo come passaggio sacrificale necessario per crescere (Laio, marito di Giocasta e re di Tebe, era afflitto dalla mancanza di un erede. Crucciato per questa insospettabile infertilità, consultò in segreto l’oracolo di Delfi, che gli spiegò come quella apparente disgrazia fosse in realtà una benedizione degli dèi, dato che il bambino destinato a nascere dalla loro unione non soltanto l’avrebbe ucciso, ma avrebbe anche sposato la madre, essendo la causa di un seguito spaventoso di disgrazie che avrebbero provocato la rovina della casa. Sperando di salvarsi, Laio ripudiò la moglie senza darle spiegazioni di sorta. Ma ubriacatolo, Giocasta riuscì a giacere con lui per una notte che si rivelò fatale).

Una canzone così perversa non poteva non essere la colonna portante di Apocalipse Now, un film culto di Francis Ford Coppola, del 1979. Non “Una” storia sul Vietnam e la sua sporca guerra ma “La” storia della guerra dell’umanità, mossa dai disturbi di una psiche confusa.

Scrivere di un argomento complesso, come la paura di quello che accadrà, in relazione a ciò che traspare, poche volte è stato così difficile. Speculatori, approfittatori, iene, sciacalletti, furbi, riottosi e malfidati di ogni età, l’uno contro l’altro (dis)armati. Per, reciprocamente, vessarsi. Osservare questo contesto tenendo presente quello che, di negativo, l’umanità è stata già capace di fare, rende il quadro attuale, paradossalmente meno fosco.

Cari Lettori, questo mio articolo (la cui prima stesura risale al 27 gennaio 2012 come estrapolato di una puntata della fortunata serie televisiva “Mente e Dintorni”) parte dalla dura prova che stiamo subendo con la disavventura della pandemia da SARS COV 2 e con i vari conflitti bellici fratricidi di cui, l’ultimo, è quello che vede Russia e Ucraina sul baratro di una guerra mondiale…

Allo stesso tempo, questo lavoro non ha, ovviamente, interesse a disgregare ma, al contrario, vuole indurre la creazione di condivisioni operative, con l’obiettivo di “scomodare” (proprio nel senso di generare scomodità mentale) i torpidi ( i politici peggiori, i presunti economisti, i cittadini ignavi, etc.) per costringerli a riflettere su una verità che non possono più nascondersi: la crisi “sono” loro.

Decisamente un modo inconsueto di proporre un argomento conflittuale. Ma, d’altronde, mai come adesso… o la va, o la spacca!

BUONA LETTURA

Alleria (Pino Daniele)

Passa ’o tiempo e che fa, tutto cresce e se ne va, passa ’o tiempo e nun vuo’ bene cchiu. Voglio ’o sole pe’m’asciuttà , voglio n’ora pe’ m’arricurdà. Alleria, pe’ ’nu mumento te vuo’ scurdà che hai bisogno d’alleria, quant’e sufferto ’o ssape sulo Dio. E saglie ’a voglia d’allucc , ca nun c’azzicche niente tu, vulive sulamente da`: e l’alleria se ne va… Passa ’o tiempo e che fa se la mia voce cambierà , passa ’o tiempo e nun te cride cchiù, e ti resta solo quello che non vuoi e non ti aspetti niente perchè lo sai che passa ’o tiempo ma tu non cresci mai…. (Alleria – Pino Daniele)

 Passa il tempo… e va bene così… tutto cresce a va via! Passa il tempo e, tu, ti accorgi di essere cambiato, di amare di meno… voglio il sole per potere asciugare le mie delusioni, voglio il sole per poter ricordare! Allegria, per un momento, vorresti dimenticare che hai bisogno di un po’ di allegria; quanto hai sofferto, lo sa solo Dio! E sale, in te, la voglia di gridare ma sarebbe fuori luogo, ormai, tu volevi solo “dare”: e l’allegria se ne va! Passa il tempo e, che vuoi che sia, se la mia voce cambierà? Passa il tempo e non credi più a nulla… e ti resta solo quello che non vuoi. E non ti spetti niente, perchè lo sai che, passa il tempo ma, tu, resti ancora un bambino speranzoso! (traduzione)

Questa affermazione sostenuta, tra l’altro, da un individuo che ha dimostrato ampia capacità di affrontare finanche l’imponderabile, è molto particolare. Al tempo stesso, possono essere diversi, i motivi di tensione che mettono una persona in condizioni di avvilirsi, non solo al primo fallimento ma, già al primo insuccesso e quindi a non trovare più la forza di perseverare, per raggiungere quelle che sono le mete che ognuno di noi si prefigge.

E allora?

Se ci fermiamo ad osservare quella frase e a commentarla, da un punto di vista “poetico”, la troveremmo senza dubbio, ricca di valori di notevole impatto, “ad effetto”, come un colpo in grado di aggirare l’ostacolo senza lambirlo ma riuscendo, al tempo stesso, a raggiungere l’obiettivo. Senza colpo ferire. Però, in fondo, le considerazioni enunciate in maniera stentorea dall’illustre statista, risentono del periodo e del contesto, oggi molto differenti.

Attualmente, infatti, non c’è un vero nemico contro cui combattere. Ognuno di noi può diventare il nemico dell’altro, a determinate condizioni: non ci sono più regole, non c’è morale, non c’è rispetto etico.

Che senso ha, commentarla e non fermarsi soltanto ad un punto di vista teorico? Qual è il significato vero di ciò che ha sostenuto Churchill?

“La strada per il successo è asfaltata ma le vie per raggiungerla no!” . E, quindi, non bisogna avvilirsi. Che cosa significa? Proviamo a domandarci l’utilità effettiva di quella parte anatomica che si chiama cervello, soprattutto la zona alta, per intenderci: quella dalle orecchie a salire, che ci distingue in gran parte da molte altre specie animali. Serve per realizzare ciò che comunemente viene definito il meccanismo della riflessione.

E che cosa significa “riflettere?”

Approfondirsi, in maniera consapevole o meno, su idee, su concetti, che stanno nella nostra testa, di cui disponiamo, oppure che ascoltiamo o osserviamo prelevando i frammenti dal mondo esterno.

Perché? Qual è l’obiettivo di questa attività?

Pensare per costruire delle strategie operative che servano a risolvere i problemi. Quali problemi? Quelli che nascono mentre procediamo sulla strada dell’appagamento di un bisogno. Quindi, risolvere i disagi legati alle carenze che si determinano quando non abbiamo appagato un bisogno, di per sé, non è il problema fondamentale.

Infatti, mentre ti avvii per raggiungere l’obiettivo, scopri che la strada è irta di difficoltà.

Con questa consapevolizzazione, non abbiamo annullato il problema; ci siamo soltanto messi in una condizione tale da arrivare a concludere: “E’ così che funziona per tutti ed è sempre stato così. E allora vuol dire che, se non riusciamo: o abbiamo sbagliato strada, o abbiamo sbagliato obiettivo, o ci mancano le informazioni da utilizzare in maniera opportuna, per riuscire a raggiungere quello che ci siamo proposti”.

“Io sono uno che ha sognato di essere Enzo Ferrari. (Enzo Ferrari)

Secondo quanto raccontato da lui stesso, Enzo Ferrari nacque a Modena il 18 febbraio 1898, ma, a seguito di una fortissima nevicata che bloccò le strade, la sua nascita fu registrata dal padre con due giorni di ritardo mutando così la data ufficiale di nascita nel 20 febbraio.

La famiglia Ferrari sperava in una figlia femmina, visto che l’erede designato era il primogenito Alfredo Junior detto Dino. La madre, Adalgisa Bisbini, era originaria di Forlì, mentre il padre Alfredo era di Carpi in provincia di Modena.

Nel 1914 Ferrari divenne corrispondente da Modena per la Gazzetta dello Sport. Nel 1915 perse il padre a causa di una polmonite. L’anno seguente, morì anche il fratello Alfredo. Nel 1917 Enzo Ferrari venne arruolato nel Regio Esercito ma, lo stesso anno fu congedato a causa di un grave problema respiratorio.

“Ero solo. Mio padre e mio fratello, non c’erano più. Lo sconforto mi vinse e piansi”. (Enzo Ferrari)

Dopo la prima guerra mondiale, Enzo Ferrari cercò un lavoro presso la FIAT, ottenendo un rifiuto; trovò però un’opportunità in una piccola impresa meccanica, la CMN. Cominciò anche a correre (siamo nel 1919) come pilota automobilistico, con scarso successo. Essendo stato costretto, per seri motivi di salute, ad interrompere la carriera di pilota, si trasformò in direttore sportivo, riuscendo a convincere l’Alfa Romeo, ad affidargli la propria squadra corse. Dopo la seconda guerra mondiale, Enzo Ferrari creò la “sua” scuderia Ferrari, che si scontrerà con tutti i colossi, a cominciare dall’Alfa Romeo. Nacque la “leggenda” che dura tuttora.

Quando, nel 1951, Gonzales su Ferrari, per la prima volta nella storia dei nostri confronti diretti, si lasciò alle spalle la “159” e l’intera squadra dell’Alfa, io piansi di gioia, ma mescolai alle lacrime di entusiasmo, anche lacrime di dolore perchè, quel giorno, pensai: “Io, ho ucciso mia madre!” (Enzo Ferrari)

Ce l’hai!

 

-Scuderia Ferrari. Suona bene però, vero? Eh?

– Suonare suona bene. Ma il suono non fa una squadra Enzo.

-Ma noi siamo la squadra. Te e io!

-Vedi qualche meccanico qua in giro?

-Ah. Eh … sei te il capo meccanico! Metti su la squadra migliore che puoi.

-Ma bisogna organizzare un ufficio. Come minimo serve un’officina, un banco prova. Dove li rimediamo i quattrini?

-Uh! Non ti devi preoccupare dei soldi. I soldi arriveranno. E vedrai che presto tutti i giornali parleranno di noi. Vedrai te.

-Speriamo non sulla cronaca nera. Sai che ti dico? Te sei suonato ed io sono un pazzo a venirti dietro.

-Insomma, cosa ti serve per la scuderia? Ah? Un progettista?

-Si.

-Ce l’hai!

– Ah, ce l’ho?!

-Uno stabilimento?

-Si.

-Ce l’hai!

-Ah, vedi? Ce l’ho!

-Una banca che ci finanzi? Ce l’hai!

-E dove ce l’ho capo?

-Qui. È tutto nella mia testa.

-Enzo …

-Eh??

-E’ la mia macchina …

-Ah! Si! Ce l’hai! Ce l’hai!

-Ce l’ho… ce l’ho…

E’ tutto nella mia testa!”...

Quanto può aiutare progettare, fin nel minimo dettaglio, con la sicurezza di potercela fare e anche mettendo in conto eventuali conti da pagare, avere tutto così chiaro nella propria testa?

Il lavoro che ha portato avanti il personaggio reale Enzo Ferrari, così come quello di tanta altra gente che lavora un po’ più nell’ombra, parte da un principio molto semplice:

  • Cosa posso fare?
  • Quanto può interessare?
  • Cosa la gente sta aspettando… e perché?
  • Come, quello che io ho da proporre, può sposarsi con quello che la gente vorrebbe?

Molte parole ma il concetto è semplice: ciò che è necessario al momento opportuno, posto nella maniera più adeguata. Dov’è la difficoltà?

Certo, si può passare per dei sognatori, si può passare per degli idealisti che, forse, nascondono qualcosa di negativo e nascondono altre intenzioni. Nella nostra Società, fatta di immaturi, ognuno nuota come può, cercando di rubare la scialuppa all’altro; questo, ovviamente, è un sistema che non funziona perché, senza solidarietà, arriverà qualcuno più in gamba di me che mi butterà dalla scialuppa che io avevo appena tolto a qualcun altro che aveva deciso di non difendersi perché, in questa Società non valeva la pena continuare … e questo io non l’avevo capito, per cui avrò una doppia afflizione:

  • La prima: un po’ di senso di colpa per aver fatto affogare qualcuno;
  • La seconda: essermi reso conto che non ne sarà valsa la pena perché, qualcun altro, mi farà fare la stessa fine.

E allora, ne è valsa la pena?

Ce l’hai!“… dipende da cosa hai da proporre. Enzo Ferrari aveva molto da proporre. D’altronde, si era reso conto del fatto che c’era una Società in evoluzione. Una società in evoluzione deve muoversi con maggiore velocità, il simbolo della velocità, in quel momento, era l’automobile; non è che tutta la gente prendesse l’automobile. E infatti la sua idea non era quella di vendere automobili, sarebbe stata fallimentare: non c’erano le risorse economiche, non c’era chi ti finanziava l’acquisto di quel bene … però la sua idea era quella (partendo da un suo piacere personale) di trasmettere all’altro, l’idea di movimento vedendo o sentendo parlare di vetture (italiane) che correvano e vincevano; e questo avrebbe smosso una serie di elementi tali da indurre, i possessori di capitali, ad investire, mettendo in moto un principio economico di considerevole spessore. Semplice!

Vittorio Iano

– Grazie. Sono veramente molto belli!

-E’ un piacere Signora! Sono due settimane che tento di parlare con suo marito … due settimane!…

-E cosa desidera da lui? Se posso permettermi di chiederlo …

– Voglio strapparlo alla FIAT e portarlo via con me!

-Lui non lascerà mai Torino …

-Mi ci faccia parlare.

-Mi avevano detto che lei era bravo! Ma si sbagliavano … Lei è un genio! Alla FIAT il suo talento è sprecato! Fanno solo auto in serie … nessuna innovazione! Queste … queste sono grandi idee! Peccato che non verranno mai realizzate. Io le offro l’opportunità di vedere i suoi sogni diventare realtà! Di costruire motori diversi da tutti quelli fatti finora. Di fabbricare nuovi tipi di ammortizzatori, di freni … un telaio completamente nuovo: nuovo!!!

-E su quale modello dovrei lavorare?

-La P3. Ho intenzione di rilevare la squadra corsa del’Alfa Romeo …

-Non gliela daranno mai.

-Perché no?

-Ad ogni modo … devo ammettere che Lei si presenta molto bene ma mi dispiace, io … non prendo un impegno basandomi sulla fiducia.

-Venga con me a Milano, Vittorio.

-Francamente non sono sicuro … Cara …!

-Per l’amor del cielo Vittorio! Ha perfettamente ragione! La FIAT non è il posto giusto per un uomo del tuo talento. Cogli l’occasione per una volta … E poi in fondo … sarebbe bello cambiare città! Non è così? Caro …

-Si … Credo, credo che tu abbia ragione. Perché no? Certo! Una bellissima idea!

Come per Enzo Ferrari, avere delle competenze specifiche, aiuta a raggiungere i risultati preventivati?

In fondo, il “Commendator” Ferrari, al di là di una (meritata) laurea in Ingegneria “Honoris Causa”, poteva contare su studi tecnici e tanta esperienza, cui ha sommato la temerarietà necessaria, all’epoca, per poter giungere lì, dove gli altri non osavano avvicinarsi neanche coll’immaginazione. Lui conosceva la meccanica e i motori perché li smontava, li montava e guidava auto; non era un grande meccanico, non è stato un grande pilota, però si è reso conto del fatto che, con il suo piacere e la sua passione (in grado di esser trasmessa agli altri in maniera adeguata) avrebbe potuto coalizzare una serie di persone preparate, a raggiungere un obiettivo.

Fino ad allora, a quelle condizioni, nessuno c’era mai riuscito.

Per capire meglio il personaggio, proviamo a riflettere su questa sua dichiarazione, rilasciata nell’ultimo periodo della sua vita, a quasi 90 anni: “Vivo in un mondo in cui i miei competitor sono diventati, probabilmente, migliori di me, anche perché io ho una certa età, la mia fabbrica funziona, anche se appartiene ad un grande gruppo internazionale, secondo antichi principi che io, ancora, impongo. Gli altri, quindi, tecnologicamente potranno essere più evoluti ma, nel nostro lavoro ci sarà sempre qualcosa che farà la differenza: il fattore umano! E quando guiderete una nostra vettura, voi sentirete l’odore del sudore di colui che l’ha montata, il fastidio che ha provato quando un pezzo non è andato al suo posto, e magari avrà dato un colpo di martello per sistemarlo e troverete anche l’ammaccatura… perché questa, non è un pezzo di latta… è qualcosa che vive!”

 

Il discorso non cambia, allo stato attuale. Anche se le strategie da applicare devono, per forza, essere diverse. Una voltaterminata l’epopea degli anni che hanno preceduto il grande boom economico (in cui si procedeva senza regole, per intuizioni geniali non scritte) si è progressivamente costruito un modello operativo sempre più ricco di burocrazia e categorizzazioni. In pratica, quasi ogni attività lavorativa, è consentita a condizione di avere effettuato una preparazione certificata da enti accreditati (scuole, università, etc.).

Purtroppo, i vari piani di studio non hanno tenuto conto dei cambiamenti dettati dai vari processi evolutivi per cui, oggigiorno, dal momento che la crisi economica internazionale impedisce di tenere in piedi architravi improduttivi, è indispensabile orientarsi, nella preparazione didattica, verso quello che offrirà maggiori sbocchi occupazionali gratificanti.

si riporta, di seguito, alcuni schemi proposti dal consorzio universitario “Alma Laurea”, pubblicati da “Il Sole 24 Ore” qualche anno fa…

È chiaro che, le valutazioni statistiche riportate, alla luce di quello che sta accadendo in questi ultimi tempi, appaiono anacronistiche e non veritiere. Infatti, la situazione attuale è lo specchio di un delirio cui siamo giunti perché, per troppo tempo, abbiamo ballato, scalzi sulla battigia, di notte, perchè qualcuno ci aveva detto che era “cool” e generava appeal agli occhi degli altri.

In realtà, così come le farfalle che esagerano a svolazzare intorno ad una fiamma, si bruciano le ali, le navi che si avvicinano troppo alla costa, finiscono per naufragare.. il narciso irresponsabile, si ritrova con i piedi pieni di aculei di ricci di mare!

 

Un’altra “linea” professionale di buon livello, ampiamente diffusa in diversi paesi del mondo (soprattutto quelli anglosassoni) è legata al mondo dell’introspezione mediante psicoterapia e counseling.

 Al di là di ogni altra considerazione, è indispensabile osservare se stessi a confronto con l’ambiente circostante, per capire quali sono le richieste (su piano lavorativo) e come fare per prepararsi a rispondere nella maniera più adeguata. Sembra strano ma, con tante regolamentazioni, regole certe ed efficaci (su come si costruisce un lavoro adeguato, ad esempio) non ce ne sono. Tanto vale, crearne delle proprie: purché servano a creare un valore. Infatti, quando crei qualcosa di buono, diventa logica conseguenza riuscire ad apprezzarne tutte le sfaccettature e si farà in modo che, quali che siano le difficoltà, si raggiungano gli obiettivi che ci si è proposti e, soprattutto, si vedrà che tanta gente sarà stata stimolata a fare altrettanto.

“Ci sono momenti in cui la vita regala attimi di bellezza inattesa. Smetti di fare una cosa e ti accorgi che, attorno a te, tutto è perfetto, il dono di un Dio meno distratto del solito. Tutto sembra sincero. La nascita di una nuova vita, l’alba di un cambiamento, qualcosa di profondo o semplicemente la conferma di un sentimento tenuto nascosto, di un sentimento segreto, custodito in silenzio dentro di noi con pudore. O anche la fine di qualcosa, la fine di un momento, di un periodo difficile sempre più faticoso da sostenere. Quando terminano i respiri corti, lasciando spazio a uno lungo profondo che riempie e svuota il petto. in quei momenti non mi manca nulla”. (Fabio Volo, Le prime luci del mattino)

L’ALFA ROMEO (I sogni, spesso, sono contagiosi!)

-L’Alfa è davvero una grande azienda. Ma voi dovreste pensare solo a vendere automobili, non preoccuparvi di gestire un piccolo reparto di auto da corsa. Io avrei intenzione di rilevare tutta la vostra sezione sportiva: auto, pezzi di ricambio, motori, pneumatici, tutto quanto!

-E lei, ha le risorse per sostenere questo genere di investimento?

-Francamente Signore, non c’ho una lira! Però ho un progetto: rendere le vostre auto le più veloci del mondo!

-Queste sono solo parole Signore; e anche vaghe per giunta. Non c’è una base che sostenga la sua offerta. Non possiamo prendere in considerazione una proposta del genere!

-Aspettate un momentino per favore. … Li ho conquistati! Non potrebbero essere più entusiasti!

-Si, va bene …

-Non si preoccupi! Fra poco firmiamo il contratto: è fatta! …

-Signori, prego! Prego! Queste non sono solo parole ma fatti! È il mio unico impegno, il mio scopo più grande, la missione della mia vita!

-Purtroppo ci vogliono delle strutture che Lei non ha …

-Ma io ce l’ho! Io vi invito a Modena! Venite pure a visitare la mia fabbrica.

-Perché non ci parla del suo staff?

-Eh, eh, eh, eh, eh! Forse non ci crederete ma io ho anche: meccanici, tecnici, e … il miglior progettista sul mercato!

-E’ impossibile! Il migliore è Vittorio Iano ed è legato alla FIAT. Lo sappiamo bene; gli abbiamo fatto più volte delle offerte molto generose ma le ha sempre rifiutate.

-Probabilmente perché nell’offerta non era incluso il sogno! Forse non avete ancora capito Signori. I sogni, spesso, sono contagiosi! …

-Certo non è uno senza idee; qui c’è da fare per anni …

– … Fammi vedere …

-Signori vi presento: Vittorio Iano!

-Buongiorno!

-Buongiorno!

-Spingerò le vostre auto al massimo, le preparerò, le modificherò … e quando le mie Alfa vinceranno – perché vinceranno di sicuro – la gente correrà a flotte nei vostri saloni a comprare le auto più veloci del mondo! Parola di Enzo Ferrari!

La capacità di sognare e di inseguire i propri sogni, può essere un modo per affrontare meglio la paura del domani? 

La risposta è, ovviamente, affermativa. Soprattutto perché, in questo modo, si evita che i sogni diventinoincubi! Noi abbiamo la paura del futuro perché non sappiamo vivere il presente dal momento che il passato ci ha fatto creare molti pregiudizi.

E allora, riuscire a vedere delle prospettive nuove … Quando finalmente abbiamo incontrato un percorso di studi e abbiamo concluso: “Ma perché non c’ho pensato prima?”

Negli anni ’30 e ‘40, quando tanta gente fuggiva dall’Italia per emigrare, Enzo Ferrari è rimasto perché ha compiuto una emigrazione mentale, non un’emigrazione fisica; è passato da una condizione ad un’altra. Si è reso conto del fatto che c’erano piloti migliori di lui; aveva visto Tazio Nuvolari e aveva concluso: “Non posso competere con lui perché, a differenza sua, io ho più paura di morire! E quindi, non raggiungerò le sue performance! E allora devo fare dell’altro; deve convincere Tazio Nuvolari a correre per la mia scuderia, convincendo l’Alfa Romeo a cedermi il proprio reparto corse. Per ottenere questo, non potendo contare su grandi risorse economiche, gli spiegherò che sono in grado di rendere le loro automobili, le più veloci del mondo. A quel punto, la gente immaginerà questo simbolo automobilistico come quello che li farà volare verso il successo, oltre i confini della frustrazione; insomma, ci sarà bisogno di quell’auto per sentirsi migliori”.

E’ un sogno: è qualcosa che tu non puoi toccare ma vivere con l’immaginazione, come elementi reali in un sogno bellissimo al termine del quale ti sveglierai e non vedrai l’ora di cominciare a darti da fare.

Rapunzel: Sono rimasta a guardare da una finestra per 18 anni, sognando sempre che cosa avrei provato vedendo quelle luci salire nel cielo. Ma se ora, niente di quello che ho sognato si avverasse?

Eugene: Si avvererà..

Rapunzel: E se anche fosse? Che cosa farò poi?

Eugene: Beh, è la parte più bella direi.. Ti cercherai un nuovo sogno!

Come ci si sgancia dalle paure che ci ha lasciato il nostro passato, il nostro vissuto?

Cominciamo a fare una cosa molto semplice: osserviamo chi ci sta accanto e cerchiamo di individuare le sue fobie, cioè le paure non motivate da pericoli reali. Scopriremo che quella persona, così forte e determinata, ha il suo “tallone di Achille”. Non riusciremo a renderci conto di come sia possibile all’interno di uno stesso individuo avere quei punti di forza abbinato a quell’elemento di criticità.

Come secondo passaggio proviamo ad osservare noi stessi e ad individuare in noi stessi ciò che crediamo essere “paure” e che in realtà, scopriremo essere delle fobie, quindi, non corrette.

E allora, proviamo a domandarci: “Ma perché è così?”

E soprattutto: se fosse vero che esiste la possibilità che si concretizzi quello che io temo, che è qualcosa di immenso, è qualcosa di buio che mi opprime, allora come avrebbe fatto l’umanità fino ad oggi a risolvere problematiche simili alle mie o superiori alle mie?

È in questo modo che si svela cosa c’è dietro: la preoccupazione di non essere all’altezza perché ci siamo basati su quello che abbiamo imparato da persone autorevoli che possono essere stati i nostri genitori, i nostri maestri, i nostri nonni, i libri che abbiamo letto, i film che abbiamo visto …

Non voglio dire, con questo, che quegli individui hanno sbagliato; voglio sostenere che, forse, appartenevano ad un’altra epoca. probabilmente avrebbero voluto dire qualcosa di diverso ma non siamo entrati sufficientemente in sintonia: quindi abbiamo capito qualcosa che andava al di là delle loro intenzioni.

E infatti a volte accade che, quello che ci sentivamo dire quando eravamo figli (in termini di fare attenzione ai pericoli del presente e del futuro) quando poi applichiamo questi suggerimenti nella nostra vita e rallentiamo il nostro cammino, i nostri genitori, che nel frattempo, nella maggioranza dei casi sono diventati nonni, ci guardano, ci osservano e poi ci concludono: “Vabbè ma un po’ devi rischiare! Non è possibile che tu sia così conservatore!”

Al ché, noi li guardiamo e concludiamo: “Ma se me lo hai insegnato tu …!” Com’è possibile?

Allora, cosa mi hai insegnato? Tu mi hai trasmesso quello che eri in quel momento e tu mi hai trasmesso le paure che io, oggi, sto provando perché io, oggi, ho l’età che tu avevi quando mi hai allarmato; però, dopo, tu hai fatto esperienza e hai concluso: “Ma và, per favore! Ma quella era una sciocchezza!”

Se oggi non valgo nulla, non varrò nulla nemmeno domani. Ma se domani scoprono in me dei valori, significa che li posseggo anche oggi. Infatti, il grano è grano, anche se la gente, all’inizio, lo prende per erba (Vincent Van Gogh)

Un passo alla volta, conoscerai il tuo cammino; un passo alla volta, imparerai a non cadere; un passo alla volta, inizierai a comprendere; un passo alla volta, ti innalzerai verso il cielo; un passo alla volta, ascolterai i segnali che ti arrivano; un passo alla volta conoscerai te stesso. Con un passo alla volta dominerai il mondo…non fermarti guerriero! (M.Maini)  

Come si può, nel modo corretto, costruire di giorno in giorno il nostro futuro?

Accetta ogni nuovo giorno come un dono e, se possibile come una festa. Non alzarti troppo tardi la mattina. Guardati allo specchio, sorridi alla tua immagine e dì a te stesso: “Buongiorno”, così sarai allenato per dirlo agli altri. Se conosci gli ingredienti del sole, puoi prepararlo tu stesso, proprio come il pranzo quotidiano. Prendi una dose abbondante di bontà, aggiungi una bella presa di pazienza, pazienza con te stesso e con gli altri. Non dimenticare un pizzico di umorismo, per digerire gli insuccessi. Mescolaci una buona quantità di voglia di lavorare, versa su tutto un grosso sorriso e avrai ogni giorno il sole. (Phil Bosmans)

Paura di non reggere lo stress? La risposta è: la resilienza!

Intervista a Luca Mercalli (Che tempo che fa 08.01.2012)

Che cosa ci racconta questa sera?

Mah! Anno nuovo! Facciamo qualche riflessione proprio sul futuro importante che abbiamo davanti. Perché, in un momento di crisi, forse, bisogna porsi degli obiettivi rilevanti. Vediamo che oggi l’unico obiettivo sembra essere la crescita economica. Far ripartire i consumi: questa sembra essere la ricetta per uscire dalla crisi. Ma vediamo che questo non è possibile da un punto di vista fisico, lo sappiamo da oltre quarant’anni. La Terra ha dimensioni finite e se continuiamo ad estrarre materie prime dalla terra e a trasformarle, peraltro, in rifiuti, prima o poi arriviamo al punto di rottura. Queste cose, tra l’altro, erano state tutte ampiamente comprese da un italiano, che è stato un grande manager ma anche un grande intellettuale, Aurelio Peccei. Aurelio Peccei, verso la fine degli anni sessanta, si pose questo problema: se il futuro dell’umanità potesse risiedere su una crescita infinita dei consumi e incaricò il Massachusetts Institute of Technology di elaborare questo primo rapporto che poi uscì nel 1972 sotto il famoso titolo “Il Limite dello Sviluppo”. Ecco, io vorrei proporvi un’intervista di un giovanissimo Piero Angela fatta ad Aurelio Peccei quasi 40 anni fa, nel 1973.

Intervista

E’ questo progresso, ormai così rapido, torrenziale, sregolato, che crea dei fenomeni indotti, negativi, che bisogna prendere in considerazione. L’uomo ha creato nuove dimensioni, velocità, complessità, sistemi umani, energie molto superiori a quelle del passato e, mentre ciò gli ha permesso di aprirsi delle possibilità impensate di sviluppo, si trova anche dinanzi a sfide, minacce e problemi totalmente nuovi, inediti. Questi problemi poi si intrecciano, si intersecano uno con l’altro, creano una massa problematica, un sistema di problemi che necessitano di un approccio diverso da quello che avevano i nostri padri per i problemi più semplici del loro tempo.

Voi avete pensato di fare effettuare degli studi di previsione, tecnici -diciamo-, su questo sviluppo, per vedere un po’ più chiaramente nell’avvenire.

Si. Il primo di questi studi è stato fatto da questa grande Università Americana, il Massachusetts Institute of Technology, il quale è giunto alla conclusione che queste curve, tutte di sviluppo smodato, creano una pressione sull’ambiente naturale, vanno aldilà delle capacità di sopportazione della terra C’è da pensare, dice lo studio, che nel giro di qualche generazione si vada incontro a delle catastrofi perché superiamo le capacità della Terra.

Cioè, l’uomo è come un equilibrista su un filo che deve aggiustare ogni volta i suoi pesi per poter scendere senza cadere?

Si. Soltanto che questo uomo si accresce in peso, in dinamica e il filo, a un certo momento, si può spezzare!


Parole perfette!

Perfette, adeguate al nostro presente! Allora, molto nodi stanno venendo al pettine. C’erano tre miliardi e mezzo di abitanti sulla terra al momento di questa intervista, oggi siamo sette miliardi, le pressioni ambientali ormai le conosciamo tutti, sono sulle prime pagine di tutti i giornali. Allora, vediamo un po’ la ricettina per il futuro:

  • la consapevolezza dei limiti ambientali è fondamentale, perché se ognuno di noi non la matura, non riusciamo a fare questo grande salto di evoluzione culturale. Il cambiamento che stiamo attraversando è epocale e quindi richiede una rivisitazione epocale anche dei nostri obiettivi proprio di filosofia dell’uomo, dove vuole arrivare l’uomo.
  • la competitività deve essere assolutamente sostituita dalla cooperazione perché o ci salviamo tutti o nessuno.
  • Infine, direi che oggi non è più possibile perseguire una politica di espansione economica, ma dobbiamo perseguire una politica, a mio parere, e a parere di tanti ricercatori colleghi con i quali lavoriamo ogni giorno ma di cui non esce mai questo messaggio sotto traccia, è la politica della resilienza. Resilienza è la proprietà di un sistema di non collassare quando viene sottoposto ad uno stress. Lo stress adesso c’è, ma siamo resilienti? No. Sappiamo che basta interromperci il flusso di petrolio o di gas e noi torniamo ad un passato arcaico nel giro di una settimana. Allora dobbiamo assolutamente preparare questo nostro futuro investendo sulla garanzia di mantenimento di ciò che sono state le vere grandi conquiste della nostra modernità, cioè il soddisfacimento dei bisogni e non dei desideri, che sono sempre infiniti e, in gran parte, futili.

La paura di sbagliare…

Ho sbagliato più di 9000 tiri nella mia carriera. Ho perso quasi 300 partite. 26 volte, mi hanno dato la fiducia per fare il tiro vincente dell’ultimo secondo e ho sbagliato. Ho fallito più e più e più volte nella mia vita. È per questo che ho avuto successo. (Michael Jordan)

Memoria, azione e intuizione. Questi sono gli elementi cardine per affrontare al meglio passato, presente e futuro?

“Memoria – azione – intuizione”. Non sono soltanto parole fine a se stesse. Riflessione” porta, dietro, un significato importante: io vivo me stesso in ogni istante, anche quando mi calo nei depositi della memoria e vado a pescare da quella che è stata l’esperienza passata; oppure vado nel settore del mio cervello che se fosse un’industria si chiamerebbe “settore innovazione e sviluppo” e vado a prevedere il futuro.

Il “presente del passato” perché, quando io rivivo il passato, lo vivo con le emozioni di oggi che si miscelano con le emozioni che ho depositato quando ho vissuto quell’attimo o quell’esperienza ed io, in quel momento, ritorno indietro nel tempo miscelando ciò che sono ora con quello che ero allora, vivendolo in maniera diversa.

È chiaro che posso fare in modo da rivalutare quello che ho vissuto per trarre forza e agire nel presente perché il “presente del presente” si chiama azione! Agire utilizzando, come facevano gli antichi greci e gli antichi romani il valore del passato (loro si riferivano agli antenati) noi possiamo riferirci alle esperienze che ci hanno trasmesso o che abbiamo determinato, e agli insegnamenti conseguenti.

A questo punto, il “presente del futuro” si chiama intuizione cioè: non aver più paura di sbagliare, non aver più paura di essere derisi, non aver più paura neanche di raggiungere il successo perché, a volte, tu hai paura di riuscire; dal momento che la tua vita è una tribolazione, tu dai un senso nel momento in cui hai problemi da risolvere, quando non ne hai più tu ti domandi:

“E ora, che faccio?”

Stai attento ai tuoi pensieri, perché diventano parole. Stai attento alle tue parole, perché diventano abitudini. Stai attento alle tue abitudini, perché diventano carattere. Stai attento al tuo carattere, perché diventa il tuo destino. (F. Outlaw)

Hai detto addio?

Io non sento il tuo cuore! Perché la verità, tesoro, è che non ha senso vivere se manca questo. Fare il viaggio e non innamorarsi profondamente equivale a non vivere… ma devi tentare perché se non hai tentato non hai mai vissuto” (Bill Parrish).

Vi presento Joe Black (Meet Joe Black) è un film del 1998 diretto da Martin Brest, remake del film del 1934 “la morte va in vacanza”. William “Bill” Parrish è un uomo che ha molto, dalla vita. Ma non tutto. Denaro e successo, fanno da contraltare ad una famiglia che risente (in assenza della figura materna) dei “troppi” impegni e della mentalità del Bill, “leader” burbero – bonario, incapace di rendersi conto dei condizionamenti prodotti e convinto, interiormente, di non avere nulla da rimproverarsi. La sua quotidianità viene sconvolta dall’arrivo di Joe, la morte, che ha deciso di concedersi una vacanza, per conoscere un po’ meglio il mondo (sotto sembianze umane, interpretate da un affascinante Brad Pitt). Al termine di questo periodo, porterà Bill, via con sé. Tutto ciò che accade, da quel momento in poi, vedrà Bill, riscoprire il piacere del dialogo con le proprie figlie e valorizzare ulteriormente la propria persona. Dal canto suo, Joe, innamoratosi di Susan (secondogenita di Bill) scopre di essere ricambiato al punto tale da non aver paura di lui, anche quando le si manifesta per quello che, realmente, è.

La parte migliore del film, viene condensata negli ultimi quattro minuti. Il momento della “partenza” coincide con la sera del 65° compleanno di Bill che, al contrario di Joe, non ha paura di “andare”. La Morte, invece, consapevole di quanto ha imparato da Bill (vivente, condannato a morire) e da Susan (con il suo amore sconfinato), prova per la prima volta, il sapore delle proprie lacrime e decide di far “tornare” indietro il ragazzo di cui ha preso il corpo e del quale, Susan, all’inizio del film, si era sentita irresistibilmente attratta.

-Buon compleanno Bill.

-Grazie! Hai detto addio?

-Non esattamente …

-Avrai le tue ragioni …

-Si …

-Ora che abbiamo un momento posso esprimerti la mia gratitudine per quello che hai fatto per Susan? … Non l’ho mai sentita parlare di un uomo come ha parlato di te. Era questo che desideravo per lei … ma ora cosa le accadrà?

-Non me ne preoccuperei Bill! Queste sono cose che si risolvono da sole … Posso esprimere io la mia gratitudine?…per te, per il tempo che mi hai dedicato e per la persona che sei …

-Non provare a prendermi per il culo!Pensa alla mia autopsia! … E’ duro staccarsene?!

-Si Bill! Lo è!

-Questa è la vita. Che posso dirti … … Dovrei avere paura?

-Non un uomo come te!

Cari lettori, Abbiamo iniziato con una poesia napoletana, composta e cantata da Pino Daniele: “Alleria”. Concludiamo con una poesia napoletana, declamata da Eduardo de Filippo: La finestra. Leggetela con attenzione. Scoprirete che i due pezzi, a distanza di tanto tempo, si collegano e si completano. Paradossalmente, il più recente, pone interrogativi a cui, de Filippo, ha già risposto.

’a fenesta

“Tengo na fenesta a pianterreno, c’affaccia int’ a na strafa scanusciuta; cu n’aria profumata, e na veduta, ca si t’affacce, nun t’ ’a scuorde cchiù. Si stongo ’e buonumore, affacci’ a mmare, e veco semp’ ’o stesso bastimento ca parte chin’ ’e fede e sentimento, e c’ ’a bandiera d’ ’a sincerità. Parte sicuro, e nun arriva maje. Quanno s’abbìa, sabbìa c’ ’o maistrale; ma ncòccia sempre ’o stesso tempurale, ’o stesso maletiempo, e adda turnà! Quanno senza speranza, e senz’ammore m’affaccio e vec’ ’o stesso bastimento, nce mengo dinto ’o core mio scuntento, e c’ ’o mare ntempesta dico: “Va”. Quann’è bontiempo, ognuno è marenaro e se vulesse mettere a temmone… C’ ’o mare ncalma, tutte songo buone’e purtà nu vapore a passià. Miéttece a buord’ ’o bene ch’ ’e vuluto, e tutt’ ’o chianto amaro ch’è custato… Nisciunu bastimento s’è affunnato quanno ce’ ’e miso a buordo ’a Verità

Traduzione

Ho una finestra a pianterreno, che si affaccia su una stradina poco conosciuta dai mille profumi e con una veduta che, se ti affacci, non potrai più dimenticarla. Se sono di buon umore, guardo il mare e vedo sempre lo stesso bastimento che parte pieno di speranze e sentimento, con la bandiera della sincerità. Si avvia sicuro ma non giunge mai a destinazione. Quando si avvia, parte col maestrale… ma incoccia sempre lo stesso fortunale… e deve tornare indietro” quando, invece, senza speranza e senza amore, mi affaccio e vedo lo stesso bastimento, imbarco il mio cuore scontento e, col mare in tempesta, dico: “Va’!” quando è bel tempo, ognuno si sente marinaio e vorrebbe mettersi al timone. Col mare calmo, tutti sono capaci di portare in giro un’imbracazione. Metti a bordo il bene che hai voluto e tutto il pianto amaro che è costato… nessun vbastimento è affondato, quando, abordo, hai messo la verità.

Come anticipato all’inizio dell’articolo, questo lavoro è stato estrapolato da una specifica puntata della serie televisiva “Mente e dintorni”, andata in onda sull’emittente Metro Tv e che, cammeo, poniamo nella galleria dei ricordi…