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“Tutto” comincia nei primi nove mesi

 Origins è il titolo del libro, appena uscito, che racconta come abitudini e comportamenti dipendano in gran parte dalle abitudini della madre nei nove mesi di gravidanza. L’autrice del libro che supporta questa tesi è Annie Murphy Paul, mamma che ha passato nove mesi della sua gravidanza a intervistare medici e scienziati.

Secondo alcune recenti acquisizioni, perfino determinati comportamenti criminali potrebbero venire da cose successe nei nove mesi dell’utero. Nel suo libro Annie Murphy Paul racconta di Charles Gaston, condannato per omicidio in California, i giudici hanno sospeso la pena di morte quando i suoi avvocati sono riusciti a dimostrare che la madre beveva e che era ubriaca perfino il giorno del parto.

Il pensiero positivo si impara dai genitori

 Che il “pensare positivo” sia di aiuto a sentirsi meglio lo capiscono già  i bambini della scuola materna. E, questo, può non stupire. Ciò che è meno ovvio è che, a dettare la capacità  del bambino di assumere un atteggiamento positivo anche nelle situazioni difficili sia, più che la sua indole, l’atteggiamento verso la vita e la capacità  di pensare positivo dei suoi genitori.

Ad appurarlo è stato uno studio condotto da ricercatori della Jacksonville University e dell’Università  della California a Davis, che lo illustrano in un articolo pubblicato su “Child Development”. Già  dai 5 anni, i bambini capiscono che le persone si sentono meglio dopo aver avuto pensieri positivi che non dopo aver avuto pensieri negativi e dimostrano, inoltre, di comprendere l’importanza di avere pensieri positivi in situazioni ambigue, una comprensione quest’ultima che diventa più profonda con l’aumentare dell’età. I bambini mostrano invece una maggiore difficoltà a comprendere come il pensiero positivo possa risollevare l’animo di qualcuno che sia coinvolto in situazioni negative, come per esempio cadere e farsi male.

In queste situazioni, il livello di ottimismo e di speranza del bambino ha un ruolo significativo nella capacità  di comprendere il potere del pensiero positivo, ma decisamente più grande lo ha l’atteggiamento dei genitori. “Oltre all’età, il più forte predittore della comprensione da parte dei bambini dei benefici del pensiero positivo, non è il livello di speranza e di ottimismo del bambino stesso, ma quello dei suoi genitori”, spiega Christi Bamford, che ha condotto lo studio.

 Il periodo decisivo per definire il comportamento dei figli

 “Ciò che si fa nei primi cinque anni di vita di un figlio influenzerà profondamente il suo comportamento da adulto”. Ad affermarlo è John Medina, professore di Bioingegneria all’università di Washington. Diverse ricerche, d’altronde, stanno dando numerose indicazioni su quanto l’ambiente circostante contribuisca a determinare l’educazione dei figli. Tra i consigli, quello di mettere presto i bambini a contatto con persone capaci di verbalizzare le emozioni: questo permetterà, da adulti, di stabilire relazioni empatiche e profonde. E poi, un altro consiglio: mandare i figli a lezione di musica, canto o ballo: è dimostrato, infatti, che questo aiuta i più piccoli a percepire le emozioni altrui.

 E quando, non tutto, va nella “giusta direzione”?

 È sempre più frequente che, il percorso educazione, risentendo del livello maturativo e, soprattutto, della disponibilità di tempo (in qualità e quantità) dei genitori, evidenzi carenze che amplificano i disagi, nel momento in cui, i figli, si confrontano con aspetti sociali largamente fuorvianti.

A questo punto, è utile un intervento di counseling che, non partendo da basi cliniche e, soprattutto, non considerando i soggetti come pazienti ma, semmai come individui in crisi esistenziale, possa indurre delle riflessioni utili a riconsiderarsi, individuando, in sé le risorse necessarie al cambiamento e all’implementazione individuale e sociale.

È interessante, a questo punto, evidenziare il coinvolgimento di Neverland No Profit, da parte dei Servizi Sociali di Rende (CS), con nulla osta del Tribunale dei Minorenni di Catanzaro in un programma di relazione di aiuto verso una ragazza di 17 anni.

Il problema emergente è legato al profondo disagio dell’adolescente, affidata alla nonna materna ma rivendicata dalla madre che, però, non riesce a garantirne la necessaria stabilità economica, emotiva e maturativa. In conseguenza di ciò, la minore, manifesta comprensibili momenti di ribellione con propositi di fuga.

La richiesta dei Servizi Sociali si elicita nei seguenti punti:

  • Intervento domiciliare tra affidata e affidataria, che possa sorreggere la prima ad imparare a gestire le frustrazioni tipiche della sua età e ridurre la sua rabbia nei confronti del contesto e che possa, nel contempo, sostenere la nonna affidataria, a svolgere il ruolo educativo e di sostegno nei confronti della nipote, cercando di ridurre la conflittualità esistente, all’interno del nucleo familiare;
  • Intervento mirato per migliorare i rapporti fra madre e figlia per migliorare le capacità genitoriali e ridurre le tensioni emotive.

A Neverland No profit, che offre (tra gli altri) interventi di Counseling caratterizzati da colloqui a scopo di chiarificazione e sostegno (presso la propria sede o al domicilio dei nuclei familiari) finalizzati al raggiungimento di nuovi equilibri interpersonali, è stato chiesto di attivarsi per sviluppare una relazione di aiuto quale strumento per introdurre un cambiamento e facilitare la riorganizzazione delle risorse di un sistema familiare in crisi di transizione per motivare i soggetti (nonna, madre e nipote), la loro evoluzione e la loro crescita.

L’incontro preliminare tra la responsabile dei Servizi Sociali di Rende e i tecnici di Neverland No Profit si è tenuto il 20 dicembre 2011; il primo contatto con la minore diciassettenne è avvenuto il 27 dicembre 2011 e, due giorno dopo, è iniziato il lavoro, affidato ad un counselor, con considerevole gradimento della ragazza.

Vi terremo informati sul prosieguo.

 


 

 

 

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