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“Un equilibrio difficile, il nostro. Come due placche convergenti, che scatenano un terremoto. Un equilibrio delicato come un fiocco di neve nel vento, come una foglia in autunno, come un castello di sabbia. Un equilibrio retto da un sentimento vero come le cellule di cui siamo fatti, che terrà insieme quel castello di sabbia, lo difenderà dalle onde e dalla pioggia; farà rimanere la foglia sull’albero; renderà eterno quel fiocco di neve. Un equilibrio fragile, il nostro. Ma, noi, sapremo tenerlo in piedi” (Mariarita Marchese).

Cari Lettori, abbiamo incontrato questa riflessione profonda (che sembra rispecchiare il contenuto emotivo dell’immagine di copertina), un giorno che non ricordiamo più…

Rammentiamo però, di aver capito che, tra un attimo e l’altro, in quella sequenza di fotogrammi che è la nostra vita, è necessario che ci sia una speranza che attende un’altra speranza. Forse, nel breve attimo fra questi due momenti, nasce l’Amore.

Un grande poeta del Novecento (Umberto Saba) ha, in alcuni suoi “magici pensieri”, messo in campo in modo malinconicamente arioso, alcune parole chiave della vita: fiore, amore, cuore.

Rìmano tra loro in modo facile apparentemente; in realtà la loro “assonanza” è la più antica e difficile del mondo perché rinvia all’ autentica profondità dell’esistenza.

E dal momento che, come sostiene Romano Battaglia, “per ogni difficile amore c’è una speranza più grande che sta fra un attimo e l’altro del cuore” ci siamo posti questa domanda:

Ma io, chi sono?”

Beh, con evidente oggettività, ognuno di noi potrebbe vedersi come il risultato di ciò che incontra sul proprio cammino e, in sostanza, la somma di tutto ciò che è accaduto prima di noi, che abbiamo visto fare e che ci è stato fatto.

Chi sono… io?”

Possiamo tranquillamente rifletterci (grazie ai “neuroni specchio” e al processo psichico di separazione e individuazione) in ogni persona e in ogni cosa, il cui “essere” al Mondo è stato condizionato dal “nostro” Mondo e dalla voglia di inserirci, integrarci ed essere inclusi.

E, quindi, siamo (anche) tutto quello che accadrà dopo che ce ne saremo andati e che, comunque, non sarebbe accaduto se noi non fossimo mai stati presenti.

Ma la meraviglia riportata finora, non ci rende, in alcun modo, particolari o, peggio, eccezionali; il bello di tutto ciò è che ogni “IO” costituisce la base della moltitudine del Mondo che, in tal modo, finisce col diventare una sorta di identità condivisa all’interno di una “teoria del Tutto” in cui, ogni cosa… non è che la manifestazione diversa di una stessa energia potenziale.

Ed è per questo che, forse, pur non sentendoci uguali, in un modo o nell’altro andiamo tutti nello stesso posto: “solo che, per arrivarci, prendiamo strade diverse”. 

Ma qualcosa non quadra… 

Infatti, alcuni di noi continuano a considerarsi migliori degli altri e, in forza di ciò “lavorano” per determinarsi a distruggere i sistemi cosiddetti “democratici” a favore di orizzonti oligarchici che ci vedono relegati, gradualmente ma inesorabilmente, al ruolo di krill (organismi invertebrati, alla base della piramide alimentare, negli Oceani).

Ad ogni sistema fondato sulla forza, fa sempre seguito la decadenza, perché la violenza attrae inevitabilmente. Il tempo ha dimostrato che a dei tiranni illustri succedono sempre dei mascalzoni (Albert Einstein).

Cari Lettori, forse ci vuole più memoria e consapevolezza e più senso critico, per fare i conti con un’ingiustizia che non risparmia gli innocenti. Peggio, li relega tra gli “eventi critici” accettabili. Succede per ogni “buona” Ragion di Stato.

In una fase non ancora risolta di Pandemia (virale, psichica e sociale), non possiamo far finta che, le “tragedie di prima” possano essere dimenticate: sono immagini impolverate, si, ma che costringono a “riflettere” per non rimanere nuovamente alla finestra ad osservare la vita che se ne va… senza quell’emozione che diventa compassione.

Bisognerà che penetriamo in profondità più fonde dei cieli, e che diventiamo più vecchi dei primissimi angeli, prima di poter sentire, sia pur nelle vibrazioni minime, l’immortale violenza di quella duplice passione con la quale Dio ama e odia il mondo (Gilbert Chesterton)

Esistono individui allevati a sviluppare solo il lato squilibrato di quel triangolo sgangherato che rappresenta una vita resa utile solo negli imperscrutabili disegni di chi ha voluto il Big Bang… e tutte le sue conseguenze.

È difficile cogliere quello che non sta al suo posto, quando tutto è finito fuori da un’evidente ragione, al di là del tempo e dello spazio.

L’essere umano, a volte, proprio in “queste” volte, appare come un male profondo, terribile, che attanaglia le viscere, imprigionando il cuore con i legacci del dolore insensato.

L’occidente ha un testo da tutti citato ma, da pochissimi, tenuto in conto reale: il Vangelo.

Basterebbe tenerlo presente, anche se in maniera “blanda” (vista la fragilità umana), e molti problemi non sarebbero gravi e apparentemente irrisolvibili come oggi ci appaiono.

Forse il problema nasce dal fatto che come ha scritto qualcuno eravamo tutti fratelli fino a quando la Religione non ci ha separato, la Politica non ci ha diviso e il Denaro non ci ha classificato….

Senza bisogno di essere dei professionisti delle condotte guerrafondaie, appare evidente lo sfacelo intellettuale e politico che attraversa la “giustizia (o, gestione, che dir si voglia) dell’ingiustizia”: uno sgretolamento vero e proprio delle coscienze, come se non ci fosse più rispetto per quel miracolo chiamato VITA.

Eppure…

Sul fiume, dopo aver bevuto l’acqua fresca che scorre fra le pietre coperte di muschio, cerco da mangiare perchè ho bisogno di recuperare le forze. Non mi costa nessuna fatica catturare tunduku, il topo di montagna ma, prima di mangiarlo ricordo ciò che ho imparato dalla Gente della Terra e latro dolcemente: come l’Uomo, chiede perdono all’albero, prima di tagliarlo e alla pecora, prima di tosarla, io ti chiedo perdono, tunduku, se sazierò la mia fame col tuo corpo. Mangio in fretta ma non più del necessario e il corpo caldo di tunduku, mi cede il suo tepore e la sua energia. Gli avanzi, saranno un banchetto per flamku, il falco e, prima o poi, mentre lui starà volando nell’ampio cielo, un altro tunduku si nutrirà delle sue uova”. (Luis Sepulveda – Storia di un cane che insegnò a un bambino, la fedeltà)

Cari Lettori, sembrerebbe pleonastico riflettere sulla particolarità del NATALE che ci siamo lasciati alle spalle e della PASQUA che è prossima ad arrivare…

Forse, la considerazione più adeguata che possiamo ipotizzare è quella di immaginare questo momento alla stregua di quel punto nel quale, spazio e tempo si fermano: gli Astrofisici lo chiamano “orizzonte degli eventi” e si trova al confine di ogni “buco nero”, un attimo prima di essere risucchiati…

Per finire dove?

Pare che tutto ciò che esiste, sia stato generato da quella esplosione vitale chiamata “Big Bang” e partita da un piccolissimo elemento ad elevatissima massa e densità: il “buco nero primordiale” alloggiato nelle tasche di Dio.

All’interno di questo microscopico e, al tempo stesso, grandissimo laboratorio di vita, erano (e sono) contenuti i semi, le farine e i lieviti capaci di dare origine a tutto ciò che chiamiamo “il Creato”.

Nel 1982, Papa Giovanni Paolo II, scriveva che per costruire la pace fra i Popoli la si deve, prima, costruire nel nostro Cuore.

Ma il cuore, ce l’ha una casa?

Oggi, un bambino mi ha chiesto: “Ma il cuore sta sempre nello stesso posto, oppure, ogni tanto, si sposta? Va a destra e a sinistra?”. Ed io: “No, il cuore resta sempre nello stesso posto. Al centro, leggermente spostato a sinistra…” Ed intanto penso: poi, un giorno, crescerai. Ed allora capirai che il cuore vive in mille posti diversi, senza abitare, davvero, in alcun luogo. Ti sale in gola, quando sei emozionato. O precipita nello stomaco, quando hai paura, o sei ferito. Ci sono volte in cui accelera i suoi battiti e sembra volerti uscire dal petto. Altre volte, invece, fa cambio col cervello. Crescendo, imparerai a prendere il tuo cuore per posarlo in altre mani. E, il più delle volte, ti tornerà indietro un po’ ammaccato. Ma tu non preoccupartene. Sarà bello, uguale.. oppure, forse, sarà più bello ancora. Questo, però, lo capirai solo dopo molto, molto tempo. Ci saranno giorni in cui crederai di non averlo più, un cuore. Di averlo perso. E ti affannerai a cercarlo in un ricordo, in un profumo, nello sguardo di un passante, nelle vecchie tasche di un cappotto malandato. Poi, ci sarà un altro giorno… Un giorno un po’ diverso… Un po’ speciale… Un po’ importante… Quel giorno capirai che non tutti hanno un cuore…” (Anonimo)

L’Umanità ha scoperto l’angoscia del buio che si appalesa ogni volta che si scopre che nessun “deus ex machina” verrà in soccorso: una sorta di “Lutto originario” prodotto quando sei costretto ad accettare l’idea di non possedere altri se non, forse, te stesso: “una traccia ardua, viva e durevole di ciò che si accetta di perdere come prezzo di ogni scoperta” (Paul Claude Racamier)

La psicoanalisi chiama, tutto ciò, superamento del bisogno di quello scudo “paraeccitatorio” genitoriale, capace di scacciare ogni paura.

Il 25 dicembre che ciascuno di noi può portarsi “dentro” ogni momento dell’anno è, convenzionalmente, un momento di “Ri”nascita.

Questo nuovo anno che abbiamo da poco “intrapreso”, corriamo il rischio di viverlo con una ancora maggiore preoccupazione di scoprirci soli di fronte al periglio…

Ecco, potremmo trasformare questa angoscia, in una spinta all’autonomia tornando, per un attimo, alla linea di quel confine da dove tutto ha avuto inizio (l’orizzonte degli eventi) senza più il timore del Buio.

Perché, il nero di quel “buco”, è dovuto alla sua capacità di trattenere ogni frequenza luminosa che, al suo interno, mescolando i colori fondamentali, crea il Bianco assoluto.

È lì che ritroveremo il senso di ciò che faremo da oggi in avanti, riscoprendo quel cerchio della Vita che ci porta a capire che in fondo, il segreto del Tutto, non è prendersi cura delle farfalle ma, semmai, prendersi cura del giardino, affinché le farfalle vengano a te.

Alla fine incontreremo non chi stavamo cercando… ma chi stava cercando noi.

Cari Lettori, rievocando la suggestiva immagine di copertina, noi ci identifichiamo nei due Lupi che, una fredda notte d’inverno, provano a scrutare l’avvenire con l’aiuto della luna dei poeti, sperando che basti a poter osservare oltre la nebbia delle nuvole…

Equilibrium, è un film del 2002 scritto e diretto da Kurt Winner descrive una immaginaria Società distopica del futuro, una “città stato” chiamata Libria, posta sotto il controllo totale di un dittatore soprannominato “il Padre” che impone di cancellare ogni emozione dall’essere umano, sterminando chiunque non si adegui alla lobotomia chimica e alla distruzione di qualunque legame emotivo col passato (libri, fotografie, vecchi dischi o semplici giocattoli).

Il video che vogliamo sottoporvi, mostra uno dei massimi esponenti  della “guardia imperiale” (il Tetragrammaton) John Preston (interpretato da un perfetto Christian Bale) riscoprire la i colori e i sapori della “vita”, attraverso una sorta di  ricongiungimento emotivo grazie alla scoperta di autentici tesori, posti all’interno di un simbolico “sottoscala”, col sottofondo musicale della nona sinfonia di Ludwig Van Beethoven

L’augurio che ci sentiamo di formulare, è quello di ritrovare, in noi, l’inno alla gioia

La vita è fatta di attimi, come questo che stiamo vivendo. Tutto passa ed il presente è solo un soffio che subito diventa passato mentre poco prima era futuro. Noi tutti scriviamo attimo per attimo la nostra storia e ciò che scriviamo, a differenza del tempo, rimane per sempre”.  (Romano Battaglia)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto per la collaborazione offerta 

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