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il grigio del cielo del salone dell’automobile di Torino, del 1971, fu illuminato da quel raggio di sole chiamato Ferrari BB dove, le due lettere, oltre che significare “Berlinetta Boxer” (più correttamente, “Berlinetta Bialbero”) erano state ispirate, durante la fase progettuale, da Brigitte Bardot.

Si narra, infatti, che l’dea da cui scaturì quella meraviglia della tecnica derivata dalla Formula Uno, fu l’ammirazione nei confronti di una donna fuori dal comune: Brigitte Anne Marie Bardot, universalmente conosciuta con l’acronimo “BB”.

Ma, cari Lettori, Enzo Ferrari e i suoi ingegneri non intesero ossequiare il detto “Donne e Motori, Gioie e Dolori”.

A Maranello, infatti si intese creare una rivoluzione di tecnica e di linee e, quindi, spiegarono che l’acronimo BB richiamava il concetto di origine di tutte le cose.

Rovesciando la “B” di 90 gradi a sinistra, si ottiene la lettera “m” che è la “morbida” consonante iniziale di “Mare” e di “Madre.

Il fascino di questa “magia” continua nel considerare il fatto che, dalla schiuma del mare, nasce Venere la quale, in quanto massimo emblema femminile, ricorda colei che ha   scombussolato la “pigra beatitudine del maschio” contestando l’autorità paterna (di Dio), nel volere assaggiare il frutto della conoscenza.

Ecco, quindi, che l’acronimo “BB” ha identificato la volontà di realizzare un gioiello (la Ferrari 512) avanti anni luce rispetto alla concorrenza e capace di entrare nell’immaginario collettivo ispirando una moda, così come la bellissima Brigitte Bardot con la sua “bardolâtrie”.

Donna, non sei soltanto l’opera di Dio ma, anche, degli uomini, che sempre ti fanno bella con i loro cuori. I poeti ti tessono una rete con fili di dorate fantasie; i pittori danno alla tua forma sempre nuova immortalità. Il mare dona le sue perle, le miniere il loro oro, i giardini d’estate i loro fiori per adornarti, per coprirti, per renderti sempre più preziosa.

Il desiderio del cuore degli uomini ha steso la sua gloria sulla tua giovinezza. Per metà sei donna, e per metà sei sogno. (Rabindranath Tagore)

Cari Lettori, la data dell’8 marzo celebra la Giornata Internazionale (dei diritti) delle donne, comunemente definita “Festa della donna”.

Molte sono le ipotesi che provano a spiegare l’origine di questa ricorrenza ( che spinge a riflettere sulla condizione femminile in ogni angolo del mondo) ma, la più particolare sembra riguardare l’episodio delle donne di San Pietroburgo che, l’8 marzo del 1917, scesero in piazza per chiedere la fine della guerra.

Dal 1946 la mimosa è il simbolo della Festa della donna.

Furono Rita Montagnana (prima moglie di Palmiro Togliatti) e Teresa Mattei (partigiana e parlamentare eletta all’assemblea costituente), a scegliere questo fiore che, nel linguaggio dei fiori, indica forza e femminilità.

Originaria della Tasmania, deve il suo nome alla radice spagnola mimar, cioè accarezzare, (termine che si collega alla sensibilità del mondo femminile). La mimosa in realtà è un’acacia (dal greco a-cacha, cioè senza negatività, candida) “dealbata”: cioè non bianca ma gialla. Il significato di questo nome, quindi, diventa un particolare ossimoro molto affine alla personalità femminile: candore non bianco.

Donna…

Se ci mettessimo a cercare il significato di questo termine, sui dizionari della lingua italiana, troveremmo che, la parola donna, deriva dal latino “domna”, forma sincopata di domina, cioè “padrona”. Padrone. Termine controverso e affascinante al tempo stesso, che identifica chi esercita il diritto del possesso su qualcosa o su qualcuno ma, anche, la capacità di gestire tutto quello di cui dispone, con la sicurezza di chi sa mettere le mani al posto giusto, come dentro le proprie tasche.

Divisa fra il bisogno di realizzarsi in una Società ostile e il piacere di donare tutta sé stessa ad una nuova vita (quella del proprio figlio, magari), passando per la speranza di incontrare un principe azzurro gentile, educato, rispettoso, molto, troppo spesso, si è trovata a dover rivestire un caleidoscopio di ruoli, in affanno tra:

  • il volere (o dovere) essere all’altezza delle performance operative maschili e delle aspettative conseguenti;
  • il mostrarsi adeguata per ottenere il giusto riscontro in termini di accettazione;
  • il non rinunciare né alla comoda razionalità né, tantomeno, al proprio charme femminile;

Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai. Avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna. Per incominciare, avrai da batterti per sostenere che, se Dio esistesse, potrebbe anche essere una vecchia coi capelli bianchi o una bella ragazza. Poi avrai da batterti per spiegare che il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse una mela: quel giorno nacque una splendida virtù chiamata disubbidienza. Infine, avrai da batterti per dimostrare che, dentro il tuo corpo liscio e rotondo, c’è un’intelligenza che urla d’essere ascoltata. (Oriana Fallaci)

Cari Lettori, gli esperti della Chimica ci spiegano che la Vita si poggia su un delicato equilibrio fra legami ionici e covalenti. Cioè fra atomi “altruisti” che cedono elettroni a fratelli che ne hanno di più e atomi che cooperano in equa condivisione di elettroni.

A ben riflettere, il ruolo che svolge la Donna, nel momento in cui “dona” sé stessa per stimolare una crescita  condivisa.

All’inizio di questo Editoriale si è accennato a Brigitte Bardot (modella, attrice, cantante ed attivista francese) su cui, peraltro, nel 1959 Simone de Beauvoir pubblicò un saggio in cui la sua figura, interpretata alla luce della “sindrome di Lolita” (con riferimento al personaggio letterario creato qualche anno prima da V. Nabokov) veniva colta nella sua intrinseca ambiguità, in quanto incarnazione moderna dell’eterno femminino.

Possiamo, senza esagerare, considerarla una pietra miliare sulla via della trasformazione dell’immagine della donna, nel corso del tempo?

Cerchiamo di capirlo insieme.

Nata a Parigi il 28 settembre 1934. Impostasi sulla scena nella seconda metà degli anni Cinquanta, si è conquistata nel decennio successivo un posto di notevole rilievo tra le dive del cinema mondiale grazie alla bellezza naturale di un corpo quasi perfetto (modellato dagli studi di danza), la grazia provocante del volto (caratterizzato dall’espressione imbronciata) e la propensione alla trasgressione.

Donna che ricorda il ruolo Biblico di rottura degli schemi, quindi

Infatti, più che sulla storia del cinema, la sua immagine ha inciso sulla storia del costume, assurgendo a icona di una femminilità, moderna ed emancipata e  “primitiva” e convenzionale allo stesso tempo.

Il suo passaggio nell’immaginario collettivo ha lasciato numerose tracce, tra cui (oltre all’omaggio di Ferrari) il ritornello di un popolarissimo samba brasiliano, inneggiante al suo nome.

Notata dall’entourage del regista Roger Vadim, entra nel Cinema quasi subito dalla porta principale con, nel 1956, “E, Dio, creò la Donna” (conosciuto anche col titolo “Piace a troppi), proprio sotto la direzione di Vadim al suo esordio da regista.

Realizzato a colori e in cinemascope, il film riscosse un grande successo, dapprima negli Stati Uniti, quindi anche in Francia e altrove in Europa, dove la reazione della censura accrebbe la curiosità del pubblico.

Il fulcro del racconto, ambientato nello scenario di Saint Tropez, è il personaggio di Juliette, ragazza orfana, bella e disinibita, che cerca l’amore nella triplice relazione con il ricco Morin e i fratelli Michel e Antoine.

Questo atteggiamento così libero da condizionamenti morali, delineava una figura femminile originale e profondamente ambivalente.

Una nuova “Eva”, capace di incarnare una tipica fantasia sessuale maschile (retaggio dello scontro edipico freudiano) ma, al tempo stesso, di rappresentare i desideri di emancipazione, prodromici della rivoluzione del ’68, che stavano emergendo nell’universo femminile.

Quando, in una donna, l’erotico e il tenero si mescolano, danno origine a un legame potente, quasi una fissazione. (Anaïs Nin)

Se è vero che il “topos” della fine del mondo ben si presta a rappresentare, nell’esperienza delirante primaria, la condizione apocalittica della perdita di familiarità della realtà che circonda il soggetto, del crollo di ogni certezza, gli aspetti più inquietanti del Personaggio “B.B.” furono esplorati in due film che svolgono in chiave drammatica il motivo classico della donna predatrice, il cui comportamento è fonte di disordine sociale e mentale.

Ne “La ragazza del peccato”, del 1958, è la “poco di buono” che sfrutta tutti i mezzi seduttivi a sua disposizione (compreso un famoso spogliarello, poi tagliato dalla censura) per indurre il famoso avvocato che la difende (Jean Gabin) ad abbandonare la famiglia per seguirla.

In “La verità”, del 1960, ricopre il ruolo della “ragazza di liberi costumi” che, processata per aver ucciso il fidanzato della sorella dopo averlo sedotto, svela la vera natura di un’eroina romantica, destinata a soccombere di fronte alla condanna senza appello del senso comune.

I tre silenzi più rumorosi del mondo:

Il silenzio di quando le parole finiscono;

il silenzio di due che si amano senza dirselo;

il silenzio di chi ama qualcuno e lo lascia andare. (Cit.)

Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta il successo della B. raggiunge le dimensioni del grande fenomeno divistico, per il quale viene coniato (come abbiamo anticipato qualche rigo più su) il termine bardolâtrie.

Il suo stile caratterizzato da pantaloni aderenti e magliette attillate è imitato dalle ragazze di mezzo mondo e il valore della sua immagine si confronta con quello  della Renault sulla bilancia commerciale della Francia.

Il suo percorso cinematografico si conclude nel 1973 con “Una donna come me”, seguito ideale di “E Dio, creò la Donna”.

Questa pellicola, nonostante scene di nudo abbastanza esplicite, non destò scandalo, a dimostrazione che la Società e il cosiddetto comune senso del pudore erano ormai cambiati, anche per effetto dei suoi film.

Ho avuto successo nella vita. Ora, intendo fare della mia vita un successo

Nel 1974, all’età di quarant’anni, la nostra Brigitte annuncia il suo ritiro dalle scene. Da allora si è dedicata alla difesa dei diritti degli animali. Nel 1996 ha pubblicato un libro di memorie: “Initiales B.B.: Mémoire”

Ho dato la mia bellezza e la mia giovinezza agli uomini. Ho intenzione di dare la mia saggezza e la mia esperienza agli animali

Cari Lettori, in conclusione di questo lavoro dedicato alla Donna anche attraverso l’icona Bardot, riflettiamo sul fatto che, non di rado ci si imbatte in rimorsi e rimpianti, per una vita indirizzata verso luoghi troppo esposti a quel vento che attenua la fiamma che si chiama Amore e che, invece, richiede cura e attenzioni come un piccolo bonsai che, a dispetto delle assurde leggi degli uomini, vuole crescere e tendere le proprie “braccia” al cielo…

A noi, piacerebbe salutarvi con il breve testo di una vecchia composizione di Alex Britti:

“L’autunno, eccolo qua, coi suoi tramonti e le sue foglie gialle che cadono e restano a terra come me quando non so come reagire… L’inverno passerà, speriamo presto, almeno il caldo tornerà; col sole torna un po’ di positività che male non ci ha fatto mai. Mi piace come sei e ti prego non cambiare mai, fallo per me, vai così bene così come sei che è inutile parlarne. Mi piace cosa sei, coi tuoi capricci e la tua femminilità: sei un tatuaggio sull’anima e poi, non ti cancellerò mai! Mi piace come sei, addormentiamoci, così, su di noi; così rimane quel qualcosa di più, che male non ci ha fatto mai! Mi piace cosa sei, coi tuoi capricci e la tua femminilità: sei un tatuaggio sull’anima e poi, non ti cancellerò mai!”

Cari Lettori, alla base dell’amore, però, c’è il dialogo, fatto di comprensione, accettazione e (perché no?) un pizzico di ammirazione.

Vi lasciamo con le bellissime note del maestro Yiruma con cui, se vorrete, potrete scorrere nuovamente i nostri pensieri che potrebbero diventare anche i vostri.

In un abbraccio condiviso

When the love falls (Quando ci si innamora)

“Era una notte incantevole, una di quelle notti che ci sono solo se si è giovani, gentile lettore. Il cielo era stellato, sfavillante, tanto che, dopo averlo contemplato, ci si chiedeva involontariamente se sotto un cielo così potessero vivere uomini irascibili ed irosi” ((Fëdor Dostoevskij, Le notti bianche, Notte prima)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore La Strad@

Un ringraziamento agli amici Amedeo Occhiuto e Fernanda Annesi  per l’affettuosa collaborazione 

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