Come la pioggia, prima che cada.
A spasso verso un futuro migliore
Scatole vuote piene di silenzio. Conto le scarpe che ti portano via, nemmeno un ultimo abbraccio il ricordo di un progetto, tanto hai deciso: tu vuoi andare via …e all’improvviso tutto è più chiaro in me. Non so più chi sei quello che sarai io voglio solo che tu resti con me, perché l’amore che dai… così normale, sembra quasi non mi possa far male non mi possa far male. Ciao come stai? Ti riconosco ancora, è passato un po’ di tempo lo so; io lavoro come un cane…come vanno le canzoni? …il nuovo disco sarà forte però… e all’improvviso tutto è più chiaro in me io non so chi sei quello che sarai, io voglio solo che tu resti con me, perché l’amore che dai così naturale sembra quasi non mi possa far male non mi possa far male …e all’improvviso tutto sembra più chiaro in me allora tu resta con me non mi lasciare io voglio solo che tu torni da me. Perché l’amore che dai così naturale.. sembra quasi non mi possa far male… (Antonello Venditti)
Cosa rappresenta per noi, un genitore?
La mano del mio babbo è duemila volte più grande della mia. Con un passo, fa cento metri. Se non sta attento, batte la testa nei tetti delle case, perché è molto alto. È buono e mi vuole bene. Vuole bene anche alla mamma. Però un po’ di più a me. Il mio babbo non si lamenta mai. Io da grande voglio essere proprio come lui. (Anonimo)
Mero (Sergio Castellito), operaio specializzato in un cantiere nautico, è un padre single. Lorenzo (Gabriele Campanelli), il figlio nato da una relazione con una ragazza albanese, è la sua unica ragione di vita e il sogno dell’uomo è che il ragazzo diventi un campione di boxe, riscattando così la sua anonima carriera da dilettante. Per questo lo allena duramente, insegnandogli giorno dopo giorno a tirar pugni e a proteggersi dai colpi bassi della vita.
Al di la del valore del film di Alessandro Angelini, “Alza la testa” (con Sergio Castellito premiato al Festival del Cinema di Roma 2009, come miglior attore protagonista), il rapporto fra genitore e figlio è il punto di partenza per un’avventura che dura tutta una vita. Riferimento per imparare a stare al mondo, interlocutore prioritario con cui confrontarsi e scontrarsi sul piano generazionale, elemento da osservare con benevolenza, quando siamo diventati meglio di lui.
È diverso perdere un padre dal perdere una madre?
Nel 1993, direttamente dagli Stati Uniti, con la regia di Chris Columbus, arriva sui nostri schermi un film che ha segnato una svolta nel capire che i ruoli, fra padre e madre, possono essere alternati e invertiti, con ottimi risultati: Mrs. Doubtfire, con Robin Williams, Sally Field e Pierce Brosnan.
Dopo il divorzio, Daniel, un attore fallito, é costretto dal giudice e vedere i tre figli per non più di una volta alla settimana. Quando viene a conoscenza che l’ex moglie sta cercando una domestica, gli viene in mente una stravagante idea: trasformarsi in una baby-sitter in grado di trasmettere il calore che nessuno dei due genitori, in realtà, era riuscito a dare a pieno.
Torniamo alla domanda iniziale: è diverso perdere la madre o il padre? La risposta è condizionata dal tipo di rapporto che si è realizzato. In funzione di questo, si sentirà il relativo vuoto.
A volte, nella nostra Società, madri e figli sono abbandonati a se stessi; il padre, all’interno della famiglia, vive in una specie di scissione emotiva, venendo meno, sia come presenza educativa, sia come elemento affettivo
È chiaro che, con questo sistema di cose, la madre finisce col diventare una figura dominante, onnipotente e onnipresente, anche se a volte vittima.
Tale figura “distorta” di genitore determina uno strettissimo legame con i figli (intesi come oggetti di amore e di identificazione) che non si allenta neppure quando, questi ultimi, diventano adulti.
Fra persone mature, i ruoli genitoriali sono meno marcati sul piano delle differenziazioni; il padre partecipa in modo sempre più intenso all’educazione ed al processo di socializzazione dei figli; questi ultimi, non sono più attaccati esclusivamente alla madre e ci sono, anzi, fasi di sviluppoin cui è maggiore l’interesse per il padre.
Comunque, anche se i ruoli dei genitori sono intercambiabili per taluni aspetti, vi sono compiti specifici per ciascuno dei due.
Il padre dovrebbe offrire, prevalentemente, la percezione di una sicurezza economica, calore affettivo, sostegno e disponibilità, senso di giustizia, coerenza, esempio per intraprendere attività di realizzazione, decisioni in armonia con la partner.
La madre dovrebbe rappresentare, prevalentemente, un modello di dolcezza, femminilità, coerenza con il partner, calore affettivo, rispetto reciproco, ed esempio di dinamismo non remissivo
Si soffre di meno se accade quando siamo già adulti?
La pioggia prima che cada
È il titolo di un libro di Jonathan Coe che prende origine dalla frase, apparentemente insensata, pronunciata da una bambina, Thea, sulla riva di un lago. Coe si affida alle emozioni di Thea per catturare quegli istanti che precedono un temporale: odori, rumori, ma anche bisogno di proteggersi, di correre, di coprirsi. È proprio su quel lago sta per finire un grande amore, quello di Rosamond e Rebecca, due giovani donne che sfidano le convenzioni di una Inghilterra degli anni cinquanta del secolo scorso . Il libro è un raccolta di istantanee (venti fotografie) che Rosamond, settantenne e stanca di vivere, descrive in ogni dettaglio a Imogen, figlia di Thea, non vedente dall’età di tre anni.
Qualunque sia il momento del distacco abbiamo stati d’animo che ci inducono a soffrire. Quando siamo troppo piccoli e impauriti per capire cosa sia accaduto realmente, lo siamo anche per comprenderne la portata, in termini di abbandono. Nel momento in cui, invece, dovremmo essere abbastanza adulti da reggere l’urto, siamo nella condizione di rivivere, con dolore, tutto ciò che è stato e quello che sarebbe potuto essere…
Insomma, in qualsiasi momento, ci ritroviamo con lo stato d’animo della bambina riportata all’interno dell’immagine: esposta alle intemperie. Quello che cambia, ovviamente, è il modo di affrontare e gestire il buio.
Cosa significa, sul piano emotivo, perdere un genitore? Non dovrebbe, comunque, restarci “dentro”?
Soffrire. Termine composto che deriva dal latino e significa “attività perturbata dell’animo, come conseguenza a squilibri (o disequilibri) da mancato appagamento”. Qualcuno, nel tempo, ha concluso che la sofferenza possa costituire l’unico mezzo valido ed efficiente, in grado di rompere il sonno dello spirito e della ragione. E in effetti, in determinate circostanze critiche, il cervello attiva il meglio di sé per elaborare strategie efficaci alla risoluzione del problema. Ogni epoca storica, a ben guardare, è caratterizzata da momenti altalenanti compresi fra gioie e dolori. Ogni rapporto umano, quando è “vero”, presenta frazioni di tempo “critico”. La nostra mente, analizzandola su un piano psicobiologico si “accende” in due circostanze: quando si raggiunge l’equilibrio (perché si prova benessere) e quando ci si è assuefatti a quella condizione (perché, generando noia, si deve cercare qualcosa di meglio, per poter ripristinare un equilibrio più “evoluto” del precedente).
Quando ci si rende conto di essere rimasti soli, si vede, finalmente, quella spiaggia sulla cui sabbia camminavamo da tempo, troppo occupati a perderci nell’inutile oblio del quotidiano, per accettare l’idea che il percorso potesse nascondere, in realtà, delle insidie che ci fanno paura. E, da soli, finalmente ci mettiamo ad osservare l’orizzonte, per capire quanto ci separa dalla meta. Forse, alzando lo sguardo, potremo notare chi ci ha “preceduto” indicarci la strada con i suoi insegnamenti che, a ben riflettere, stanno dentro di noi.
Perché ci si rende conto dell’importanza di chi ci sta vicino, solo quando non abbiamo più la possibilità di relazionarci con lui?
Perché quando noi interloquiamo, non in maniera virtuale ma realistica con qualcuno, il rapporto è globale e prevede una serie di fattori come, ad esempio, le cose che di questa persona non ci piacciono e le cose che, a questa persona, di noi non piacciono e in virtù delle quali, magari, ci contrasta e ci contesta. Sono i momenti in cui si dà per scontata la presenza di questa persona e quindi, la nostra attenzione viene indirizzata verso altri elementi di maggiore interesse temporaneo. Quando poi ritorniamo con i piedi per terra e dobbiamo accettare l’idea di non poter più, sul piano pratico, relazionarci con essa, allora il nostro modo di osservare le cose ci porta a valutare nella maniera più approfondita possibile il valore che costei o costui aveva per noi (che non avevamo messo da parte ma lo davamo per scontato).
Ricordo tutto di te. Anche le più piccole cose. E ti vedo e ti riconosco come se tu fossi ancora qui.ora so quanto mi hai amato, forte della tua esperienza di figlio, tutto mi hai insegnato: anche a soffrire. Oggi te ne sono grato. Non te l’ho detto subito? Peccato… (Sandrino Aquilani)
E quando, invece, due genitori si separano, come si può evitare di danneggiare i propri figli, soprattutto quando il padre, “sparisce”?
La rottura di una coppia costituisce una soluzione di continuità, nella mente di un figlio, una perdita di riferimenti ideali. Quando due partner si separano, la loro prole si sente come sotto una pioggia battente, in un luogo divenuto, improvvisamente, sconosciuto e ostile.
Chi li proteggerà?
La deprivazione paterna (per morte, separazioni coniugali, trascuratezza)è un fattore significativo per lo sviluppo di possibili problemi psicologici e sociali per i figli.
Un bambino con genitori competenti e maturi, ha maggiori probabilità di svilupparsi correttamente ed ha meno possibilità di rimanere un “incompiuto”, a dibattersi in conflitti e insoddisfazioni.
Anticamente si riteneva che, l’assenza della figura paterna nei primi anni di vita di un figlio, non arrecasse danno; oggi si è dimostrato come, fin dai primi momenti di vita, sia necessario impedire la “deprivazione paterna”, perché il neonato ha bisogno di sviluppare da subito un contatto con entrambi i genitori,
Comunque, la ricerca scientifica e, soprattutto l’osservazione diretta, hanno messo in evidenza che, un bambino con il padre assente, può sperare di trovare in una figura di identificazione (che può essere un fratello adulto, uno zio, un amico di famiglia, un docente di scuola, etc.) un sostituto paterno affettuoso e competente mentre, un bambino con un padre presente ma incapace (o, peggio che manifesta un rifiuto nei suoi confronti), sviluppa più problemi a causa dell’immagine negativa di identificazione.
Il genitore che resta, ad occuparsi dei propri figli, a quel punto avrà un compito supplementare.
In effetti, dovrà:
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- essere un punto di mediazione tra loro e la Società;
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- fornire i necessari insegnamenti per far capire in che modo si possano metabolizzare le tossine delle frustrazioni del vivere quotidiano;
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- spiegare come integrarsi con gli altri;
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- mostrare in che modo utilizzare l’esperienza di vita e realizzarsi in qualcosa;
- essere conciliante, “morbido” ma, al tempo stesso, determinato nel mostrarsi chiaro, coerente e , quando serve, anche incisivo.
Al tempo stesso, dovrà evitare di:
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- essere troppo emotivo;
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- essere troppo protettivo;
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- mostrarsi narcisista e infantile (la proiezione del suo narcisismo lo spingerebbe ad attribuire ai figli tutte le qualità che in realtà non hanno);
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- legarsi morbosamente ai figli;
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- rendersi troppo distaccati o poco comunicativi;
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- apparire perfezionisti ed esigenti;
- essere troppo occupati nel lavoro;
- utilizzare i figli come armi per colpire, emotivamente e affettivamente, l’altro partner.
La strada da seguire, dovrà, necessariamente portare il genitore “superstite” a:
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- essere disponibile a farsi osservare e ad autoosservarsi;
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- cercare di migliorare se stesso (accettando le proprie difficoltà);
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- imparare l’arte della conciliazione;
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- essere disponibile a riflettere sui propri operati prima di credere di avere sempre ragione;
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- cercare di essere coerente;
- evitare di prendere decisioni irreversibili o irrevocabili, perché essere rigidi è una dimostrazione di presunzione ed ignoranza (atteggiamenti tipici del bambino).
Insomma, come appare nell’immagine proposta, dovrà lavorare utilizzando ogni risorsa e accendendo, nel figlio, la scintilla della maturità, aiutandolo a diventare un esploratore della vita, senza la paura del buio dell’Universo.
Lo so, è un po’ difficile parlare con voialtri, lontano dai rumori.. e bruciare i tuoi tormenti e per la prima volta non cercare nell’amore difficili poemi che stuzzicano il cuore. Per te che non mi stimi e non ti tocca quel che dico, io non ho da dirti molte cose in più di quel che ho detto, continuerò a cantare le cose della vita, e se ho sbagliato addio, per te non è finita. Ma per te che hai scelto sempre me da santo ed assassino io vorrei che mi credessi, che mi tenessi sempre più vicino. Le cose della vita fanno piangere i poeti ma se non le fermi subito diventano segreti. Le cose della vita fanno piangere i poeti ma se non le fermi subito diventano segreti, anche per te, anche per noi. (Antonello Venditti)
G. M. – Medico Psicoterapeuta
Si ringrazia Annamaria Acri per aver suggerito le domande
Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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