Approfondimento su uno dei registi che hanno fatto la storia del cinema italiano
Nasce a Brunico, in provincia di Bolzano, dove i suoi genitori si trovano in vacanza il 19 agosto 1953.
Dopo la maturità classica gira nel 1973 due cortometraggi in Super 8: La sconfitta e Patè de bourgeois.
Sempre in Super 8 nel 1974 realizza una parodia dei Promessi Sposi dal titolo Come parli frate?
Nel 1976 inizia le riprese del suo primo lungometraggio in Super 8 Io sono un autarchico, autofinanziandosi e affidando molti ruoli a suoi amici, il film esce al Filmstudio di Roma dove resta diversi mesi riscuotendo un grande successo, in seguito viene distribuito in altri cineclub e sale d’essai e acquistato dalla Rai.
Sempre nel 1976 recita nel film Padre padrone, dei fratelli Taviani.
Nel 1978 realizza il suo secondo lungometraggio Ecce Bombo, presentato in concorso a Cannes.
“Che dici vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”
ECCE BOMBO
Nel quartetto con i suoi amici Michele è il protagonista assoluto. Goffredo è uno studente universitario abbastanza svogliato, Mirko è un ragazzo angosciato dall’avvenire e dai rapporti umani e Vito è un impiegato parastatale che si lascia pigramente vivere.
Michele ha una relazione con Silvia, che lavora nel cinema e con lei polemizza sul disastroso panorama della produzione italiana.
In Ecce Bombo ritroviamo (come in tutti i film di Moretti fatta eccezione per La stanza del figlio ) diversii elementi metacinematografici. Già dalla prima sequenza il regista svela l’apparato cinematografico mostrandoci un set dove Michele si è recato per incontrare Silvia, e durante la conversazione egli definisce “quella” gente di cinema come dei turpi, aggiungendo “…invece contemporaneamente c’è tutto un cinema di idee che sta venendo fuori, che sta crescendo…”.
Ma anche gli incontri tra Michele e i suoi amici e i loro momenti di autoriflessione personale diventano per il regista momenti di autoriflessione cinematografica.
Michele (alter ego di Moretti) è colui che “dirige” i racconti degli altri, come accade per esempio quando Goffredo inizia il racconto su un episodio della sua infanzia e Michele emette una prolungata nota musicale che segnala l’arrivo del flashback. O ancora quando in un suo intervento sulla situazione politica italiana passa a parlare di cinema “…Se permettete io mi pongo anche il problema del pubblico, cosa pensa il pubblico. Ho una percentuale sugli incassi…”.
Ma non mancano in Ecce Bombo anche i riferimenti al cinema d’autore degli anni sessanta.
La scena in cui Michele viene cacciato dal bar è un omaggio al film dei fratelli Taviani I sovversivi in cui Lucio Dalla in modo analogo veniva cacciato da un bar.
Nella scena in questione Michele ha una reazione violenta contro un avventore quando questi esclama “…noi italiani, siamo fatti così, rossi e neri siamo tutti uguali“, la generalizzazione del “tutti uguali” scatena l’ira di Nanni-Michele ” Rossi e neri siamo tutti uguali? Ma che siamo in un film di Alberto Sordi? Te lo meriti Alberto Sordi”. A questo punto viene sollevato di peso e sbattuto fuori.
L’ultima frase viene pronunciata due volte e le parole vengono scandite, la riflessione finale (sulla commedia all’italiana) viene risolta attraverso il meccanismo della parodia, del graffio.
Nel 1981 con Sogni d’Oro partecipa al Festival di Venezia e vince il premio speciale della giuria.
Nel film, il regista Michele Apicella partecipa a dibattiti sul suo lavoro e comincia a preparare il nuovo film, La mamma di Freud, in cui un folle che vive con la vecchia madre si crede Sigmund Freud.
“Tutti parlate di cinema! Tutti parlate di cinema! Parlo mai di astrofisica? Parlo mai di biologia? Io non parlo di cose che non conosco”.
Nel 1984 realizza Bianca.
Michele, professore di matematica, viene assegnato alla scuola Marilyn Monroe, un liceo dove la storia si insegna attraverso le canzoni anni ’60. Dal terrazzo della sua nuova casa spia i vicini e scheda le coppie – felici o infelici – nel suo personale archivio.
Michele s’innamora di Bianca, la collega di francese, ma preferisce lasciarla piuttosto che rischiare il dolore
di perderla.
Intanto vengono commessi alcuni misteriosi omicidi…
” Lei non conosce la Sacher torte? Va bene continuiamo così, facciamoci del male”.
Nel 1985 Nanni Moretti veste i panni di Don Giulio in La messa è finita col quale vince l’Orso d’argento al Festival di Berlino.
Don Giulio, dopo essere stato qualche anno su un’isola viene assegnato ad una parrocchia di periferia di Roma. Qui ritrova la famiglia e i vecchi amici, ma, le cose non sembrano più funzionare come prima.
“Signore perché, Cristo perché..”
Nel 1986 fonda insieme ad Angelo Barbagallo la casa di produzione Sacher Film.
Nel 1987 produce il lungometraggio di esordio di Carlo Mazzacurati Notte italiana e nel 1988 l’opera prima di Daniele Luchetti Domani accadrà a cui Moretti partecipa anche come attore.
Nel 1989 gira il suo sesto lungometraggio Palombella rossa.
Michele Apicella, dirigente del PCI, perde la memoria in seguito ad un incidente automobilistico. Con la squadra di pallanuoto raggiunge la Sicilia per giocare contro l’Acireale la partita che vale il campionato. Michele durante il gioco cerca di ricostruire la propria identità e nella sua testa si affollano ricordi del passato: una Tribuna politica a cui ha partecipato, l’infanzia, i genitori ecc..
La partita dura un giorno e una notte e in piscina Michele incontra la figlia, un teologo, un sindacalista, un amico d’infanzia… All’ultimo secondo viene assegnato un rigore decisivo e…[tralasciamo il finale e vi invitiamo a vedere il film]
“Come parla! Come parla! Le parole sono importanti.
Come parla! Chi parla male, pensa male e vive male.
Le parole sono importanti”.
Nel 1990 gira per Raitre il mediometraggio La cosa, sul dibattito interno alle sezioni del PCI per il cambiamento del nome del partito. Nel 1991 la Sacher produce Il portaborse, di Daniele Luchetti in cui Moretti è uno dei protagonisti. Nello stesso anno Nanni Moretti e Angelo Barbagallo ristrutturano una sala cinematografica in Trastevere a Roma il Nuovo Sacher che diventa immediatamente una delle sale più frequentate della città.
Nel 1993 esce il suo lungometraggio Caro diario che vince numerosi premi in Italia e al Festival di Cannes del 1994 Moretti viene premiato per la miglior regia.
“Voi gridavate cose orrende e violentissime e voi siete imbruttiti. Io gridavo cose giuste e ora sono uno splendido quarantenne”.
In Caro diario Moretti abbandona i panni di Michele Apicella per essere semplicemente se stesso. Il film è diviso in tre “capitoli” . Nel primo In vespa (nato semplicemente dal desiderio di mostrare il Cinema Sacher), il regista ci guida a bordo del suo scooter attraverso una Roma deserta in Agosto, non mancano alcune riflessioni sul cinema, e il giro in vespa si concluderà all’idroscalo dove venne ucciso Pasolini, davanti al monumento dedicatogli oramai abbandonato e circondato solo da erbacce.
Nel secondo “capitolo” Isole, Moretti si sposta tra le varie isolette delle Eolie alla vana ricerca di un posto tranquillo dove poter scrivere una sceneggiatura. Arguto spunto narrativo per mostrare le difficoltà umane nel processo di comunicazione.
Infine l’ultimo “capitolo” Medici, interamente autobiografico (“E’ bastato aprire le cartelle cliniche, la sceneggiatura l’avevano già scritta i medici” , ha dichiarato Moretti), in cui il regista narra dieci mesi di diagnosi sbagliate.
Dal ’94 al ’97 il regista segue gli avvenimenti politici in Italia girando materiali documentari che confluiscono nel 1998 nel film Aprile.
“La sera del 28 marzo 1994, quando vinse la destra, per la prima volta in vita mia…mi feci una canna”.
Dal marzo ’94 all’agosto ’97 Aprile è il diario pubblico e privato di Nanni Moretti: la manifestazione del 25 aprile contro il governo Berlusconi, l’attesa e la nascita del figlio, la realizzazione di un documentario sugli eventi che accadono in Italia, il progetto di un musical su un pasticciere troskista nell’Italia degli anni cinquanta (film musicale evocato in Caro diario).
In Aprile non mancano i momenti in cui il regista, con la sua inconfondibile ironia, riflette sulla consapevolezza del tempo che passa.
Graffianti (ma soprattutto vere) risultano le sue constatazioni sull’utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa.
“Un capitolo del mio documentario sull’Italia è dedicato al giornalismo. Comincio subito a tagliare e ritagliare, incollare e cucire. E mi accorgo che i giornali sono uguali e soprattutto usano e si scambiano sempre gli stessi giornalisti. C’è quello che scrive di politica su un quotidiano, di cinema su un settimanale di sinistra e di letteratura su un mensile di destra. C’è quell’altro che scrive contemporaneamente sul Corriere della Sera, su un settimanale femminile e sul mensile delle Ferrovie dello Stato. E naturalmente vignette di satira politica ovunque. Perché la satira non ha padroni quindi sta bene sotto ogni padrone. Insomma, un unico, grande giornale…”.
Nel marzo 2001 esce La stanza del figlio che viene premiato al Festiva di Cannes con la Palma d’oro.
Giovanni è un analista di Ancona, cura i suoi pazienti in modo accorato, con distacco e professionalità. Una moglie gallerista e due figli adolescenti riempiono una vita che scorre serena.
La famiglia rappresentata è una famiglia quasi perfetta, non si litiga, si è educati, i figli vanno a scuola e praticano sport, i genitori sono presenti nella loro vita attenti e comprensivi, insomma una famiglia apparentemente perfetta, eppure quella perfezione è fragile. Nel momento in cui un grande dolore, quale la morte di un figlio, si abbatte sulla famiglia, ecco che vengono fuori le crepe. Dopo la tragedia le crepe nascoste vengono alla luce e diventano evidenti come le sbeccature degli oggetti malamente riparati: “Guarda questa tazzina, che bella, è sbeccata, è sbeccata, è sbeccata questa tazzina, questo vaso è incrinato: rigiriamolo. Tutto sbeccato, tutto rovinato in questa casa, tutto rigato, tutto rigato, tutto rotto. …Se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa…”
Parlare del dolore è difficile anche attraverso il mezzo cinematografico, senza cadere nel retorico, nel patetico e nella strumentalizzazione, Moretti ci è riuscito benissimo. Raccontare il dolore, come ha fatto il grande cineasta certo non è impresa semplice. Il dolore, quello autentico, devastante, non urlato, che si prova alla perdita di un figlio. La sofferenza e il senso di vuoto espresso dalla chiusura della bara sancisce irrimediabilmente la perdita. E allora si può avvertire l’allontanamento dalle persone che ci circondano, ognuno poi reagisce diversamente al lutto, ma la morte è un dolore che può dividere.
Il finale di La stanza del figlio è meravigliosamente (apparentemente) irrisolto: il mare, un viaggio reale che inizia (quello dei due ragazzi accompagnati al confine con la Francia) e un altro che finisce (quello della famiglia di Giovanni). I tre: padre, madre e figlia, passeggiano all’alba sulla riva del mare, ognuno con il proprio dolore in silenzio. Quel silenzio che sembra essere in alcuni momenti l’unico modo per esserci, per continuare a essere.
E dopo cinque anni di silenzio Moretti torna sugli schermi cinematografici nel 2006 con “Il Caimano”.
“Un film su Berlusconi, proprio no! Tutti sanno già tutto su Berlusconi.”
Da gran maestro della macchina da presa, Nanni Moretti ancora una volta introduce e guida lo spettatore all’interno del suo mondo e all’interno del mondo del cinema.
Il caimano è un ottimo esempio di myse en abìme, di metacinema, di un cinema che parla di cinema, di un cinema sul cinema : “film, su un film nel film” (in realtà il regista utilizzò questa frase per parlare di Sogni d’oro ed eravamo nel lontano 1981).
Dopo La stanza del figlio, Moretti torna ai suoi temi preferiti: cinema e politica – pubblico e privato, e lo fa con acume e malinconia , tratti caratteristici delle sue opere.
Le tre dimensioni presenti : quella cinematografica, quella politica e quella privata, vengono sapientemente equilibrate nel Caimano.
La storia è quella di Bruno (Silvio Orlando), produttore di film trash (Cata-ratte, Maciste contro Freud ecc..) a cui viene proposto un copione dal titolo “Il caimano”, la storia di Berlusconi.
Ma chi sarà l’attore che dovrà interpretare il ruolo del protagonista?
Affidando a Silvio Orlando il ruolo di suo alter ego sui generis (oramai sono finiti i tempi di Michele Apicella), Moretti si ritaglia il suo spazio, piccolo ma di grande impatto.
E all’attore Nanni Moretti che il produttore Bruno pensa di affidare il ruolo del protagonista.
Ma Nanni rifiuta inizialmente la proposta :
” Io sto scrivendo un film comico a cui tengo moltissimo, una commedia……è sempre il momento di fare una commedia“-.
Nanni Moretti dichiarò in una intervista che era la prima volta, dopo trent’anni che non interpretava il ruolo del protagonista in un suo film.
In realtà il protagonista del film in questione: è il caimano.
E solo lui Nanni, ne poteva interpretare il ruolo in un finale volutamente fantapolitico, nei panni di un caimano autarchico, in un finale “muto” in cui a parlare è il cinema nel cinema che trova la sua vera essenza nella potenza dell’immagine.
“Nel cinema, gli attori sono la borghesia, l’immagine è il proletariato, la colonna sonora è la piccola borghesia, eternamente oscillante tra l’una e l’altro. L’immagine in quanto proletariato, deve prendere il potere nel film, dopo una lunga lotta.”
Michele Apicella- Nanni Moretti “Io sono un autarchico”.