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In questo lavoro, così come negli altri della medesima sottosezione, si riportano estrapolati di colloqui analitici, finalizzati ad affrontare argomenti di interesse pubblico. L’operazione, con il consenso degli interessati, rispetta tutti i dettami della legge sulla Privacy ed i principi del rispetto e della correttezza professionale.

BUONA LETTURA

Caro dottore, nonostante le spiegazioni avute da lei nei colloqui scorsi, ho attraversato, ultimamente, dei brutti momenti con la produzione di sintomi invalidanti… perché sono ancora a questo punto?

Ho bisogno d’aiuto!

Se proviamo insieme a fare una ricerca delle motivazioni, troveremo senz’altro che lei è giunta ad un livello di esasperazione, perché, probabilmente, come al solito, suo padre l’avrà pressata, sua madre le avrà trasmesso insicurezza, qualcosa nel suo lavoro le avrà prodotto frustrazioni … si sarà aggiunta anche sua sorella, poi sua zia, sua cugina con i problemi coniugali (che attivano in lei delle preoccupazioni personali)…

Ecco che è scattata la ribellione nei confronti di una realtà che non le piace, rifiutando tutto e tutti, con i suoi malesseri ed i suoi disturbi invalidanti.

Quando lei mi telefona, in piena crisi, in quei momenti la esorto a comportarsi da persona adulta che, anche di fronte ad una realtà che non piace, si rimbocca le maniche e va avanti, cercando soluzioni ulteriori, se quelle che ha trovato non bastano.

Ribellarsi ad una realtà producendo disturbi al punto tale da star male ad un livello invalidante, che cosa risolve?

Niente!

E’ la risposta infantile di una persona che, quando era piccola, ha subito angherie, per cui l’unico modo di farsi lasciare in pace era quello di star male. Anche il genitore più bieco del mondo, infatti, quando un figlio sta male sul serio, non insiste più nel redarguirlo: o si preoccupa o si disinteressa, ma non si accanisce!

Quindi, evidentemente, nel passato, ha imparato che solo a condizioni di malessere estremo ci può essere un momento di pace dallo stress del mondo esterno.

Effettivamente, questo l’ho visto fare a mia madre, che, quando non ne poteva più, specie di fronte alle richieste di mio padre, aveva mal di testa molto forti con vomito. Anche a me ogni tanto capita la stessa cosa.

L’unico modo di sua madre per ribellarsi ad un sistema da cui, ancora oggi, non sa uscire diversamente!

E suo padre come si regolava in quei momenti? L’assillava ancora?

No! Di solito rimaneva estraneo, a volte, se occorreva, chiamava il medico.

Quindi, lei ha imparato che, quando è oberata, può sfuggire la realtà stando male in quel modo… o peggio!

Come mai, nel passato non producevo tutti questi disturbi?

Negli anni scorsi, lei produceva meno disturbi di tipo evidente perché si ribellava di meno ad una realtà che non le piaceva. Viveva come in uno stato di età mentale molto inferiore rispetto a quella anagrafica, ed ha cambiato idea quando ha cominciato a fare analisi personale: da quel momento, gradualmente, ha iniziato uno sblocco emotivo, ha preso coscienza dei tanti cambiamenti necessari da apportare alla sua vita e, soprattutto, ha cominciato a ribellarsi alle frustrazioni che, fino a quel momento aveva subito passivamente.

Anni fa, come le stavo dicendo, viveva come in un sogno (magari “brutto”), che le impediva di pensare a quella che sarebbe stata la sua vita normale. Da qualche tempo si è svegliata e si è accorta di essere in ritardo rispetto ai suoi coetanei, in notevole ritardo. Per sua tranquillità, posso farle notare che gli esseri umani, in genere, arrivano ad un certo livello maturativo (medio – basso) e poi si fermano perché preferiscono investire nei rapporti col mondo esterno più che nel dialogo con se stessi; per cui lei fa in tempo, anzi è già sulla strada del raggiungimento e del superamento degli altri.

Io, comunque, fino a qualche anno fa uscivo di più, mentre ora mi sono isolata, per cui non ho occasioni per fare nuove conoscenze.

In questi ultimi due anni soprattutto mi sono isolata, assumendo a modello la vita di alcune persone che prevalentemente studiano e stanno da sole per non ricevere molti fastidi dal mondo esterno, in più ho iniziato ad avere un rifiuto verso il mio lavoro, in quanto illogico, perché mi ha dato pochissime gratificazioni e molti fastidi.

Lei ha assorbito e messo in atto questi modelli ma non me ne ha parlato, perché altrimenti le avrei spiegato che nessun essere umano può essere preso come modello in toto, e che anche io non devo rappresentare un modello unico e completo, di riferimento.

Sentire da persone per me autorevoli, certe valutazioni negative su un tipo di vita che porta molto al contatto con gli altri e sul tipo di professione che anche io svolgo, ha fatto leva su miei conflitti, per cui ne ho dedotto che, per cautelarsi e per vivere secondo leggi di natura, si dovrebbe stare isolati e scegliere un lavoro aderente alle leggi di natura.

Lei ha dedotto male perché, come più volte le ho spiegato, se la Natura avesse voluto che noi vivessimo isolati non ci avrebbe dotati di una sensorialità piuttosto spiccata, adeguata a rapportarci col mondo esterno. Se sta chiusa in casa, con chi si rapporta? Coi mobili?

Ma allora non è vero che stare con gli altri (anche con persone fastidiose), quando si è già in conflitto, peggiori il proprio stato!

Non può essere una regola, perché, se sta da sola e non sta bene con se stessa, può cominciare a produrre una serie di idee ossessive per cui poi si riduce come quando mi telefona. Invece, può darsi che, in quei momenti, stare ad ascoltare sciocchezze altrui la distolga da certi elaborati. A meno ché non sia capace di autoanalizzarsi per annullare i conflitti, è bene che non passi troppo tempo da sola perché, altrimenti, aumenta il suo disordine interno.

Secondo la fisica, i “sistemi chiusi” aumentano il loro grado di entropia (disordine).

Ed in effetti, un bacino d’acqua chiuso e stagnante, sviluppa fenomeni incompatibili con molti sistemi di vita, compatibili, invece, con batteri e virus di ogni genere. Perché nell’acqua ci possa essere vita intesa come elemento di salute, è necessario che ci sia movimento, dal momento che, quest’ultimo, rinnova le condizioni e impedisce lo sviluppo di agenti patogeni. Lei può bere l’acqua di un ruscello (se non ci sono scarichi inquinanti), ma non può bere l’acqua di una pozza.

La mia, allora, è una convinzione assurda!

Se la è creata da sola, ma non me ne ha mai parlato e neppure io ricordo di averle trasmesso messaggi in tal senso.

E con il lavoro?

Non esiste un lavoro che le consenta di godere e basta, perché qualunque lavoro o la mette in condizioni di stare molto da sola, e, quindi, aumenta il suo grado di entropia, o la mette in relazione con gli altri, i quali le possono portare vantaggi e svantaggi, e, comunque, la mette in condizioni di dover creare dei meccanismi di adattamento, sottoponendola a stress.

Quindi, non esiste un lavoro dei sogni, esistono lavori realistici che le consentono, attraverso l’impegno, di migliorare se stessa. Certo, è utile, è necessario, in alcuni casi indispensabile, evolvere le proprie capacità lavorative, costruendosi un lavoro più gratificante, più realizzante, ma è un punto d’arrivo…non può costituire un punto di partenza.

Anche il figlio di un industriale, se venisse messo a capo di un’azienda senza avere la dovuta preparazione, che costa anni di impegno e fatica, troverebbe questo posto di responsabilità insostenibile rispetto alle proprie capacità, quindi lo vivrebbe male. E’ tutto il risultato di un lavoro, inteso come preparazione. Così va vista la vita.

Ma perché in questo periodo io ho un’insofferenza ed un rifiuto di adattarmi di fronte a fastidi, se umanamente è possibile ed è giusto adattarci ad essi?

Perché qualcuno le ha fatto credere che i fastidi vanno sfuggiti e le frustrazioni vanno sfuggite, mentre non possibile ipotizzare una vita priva di frustrazioni. Ad esempio, se deve andare in bagno, non è che, appena avverte lo stimolo, urina o defeca dove capita, ma deve arrivare fino al bagno e, se non lo ha subito a disposizione, deve “trattenere”: non è una frustrazione? Se ha fame, o si deve preparare qualcosa da mangiare o si deve recare in un locale adibito a ciò, e ci vuole del tempo! Non subisce frustrazione nel frattempo?

Quelle le sopporto di più.

Lei le sopporta di più perché non ha sofferto la fame. Giovanni Russo non tollerava la frustrazione da fame perché dichiarava di aver subito e sofferto la fame in alcuni periodi della sua vita, in cui ancora non lavorava come specialista, per cui, appena avvertiva lo stimolo della fame doveva mangiare, altrimenti andava in bestia. E parliamo di un caposcuola di psicoterapia! Quindi la sua reazione dipende da dove lei è stata maggiormente sollecitata in termini di fastidi.

Allora, io reagisco così nel lavoro, perché fino ad oggi ho lavorato con moltissimi fastidi?

Perché esistono due tipi di realtà in contrasto, all’interno dei suoi ricordi, in merito al lavoro: una realtà fatta di messaggi di suo padre e di suo zio, improntati all’incapacità delle donne di fare l’avvocato e di lavorare, in genere; l’altra, in cui si evidenzia la necessità di realizzarsi attraverso la sua professione. Siccome lei per anni si è preparata come avvocato, è assurdo pensare di riconvertirsi in breve tempo. Lei può fare qualunque lavoro vuole nella vita, ma si deve preparare per arrivarci. Questo significa essere realisti e non idealisti.

A me, tempo fa, hanno proposto di rilevare un’attività termale, con la quale avrei potuto guadagnare una cifra che avrebbe potuto superare i 100.000 Euro in un anno; io ho rifiutato, perché non ho nessuna preparazione in ordine al termalismo, per cui avrei dovuto cambiare la mia attività professionale solo per soldi…e non è una scelta di vita che io ho deciso di fare. Sarebbe stata una scelta oculata se nel passato, mi fossi specializzato come medico estetico, o in Idrologia termale.

Ma una persona può pensare di cambiare la propria attività nel momento in cui ne ha già una che gli rende, per cui vive con quello che ricava da essa e allo stesso tempo si prepara per altro?

Consideri, comunque, che non troverà mai il lavoro dei suoi sogni perché sono, appunto, sogni. Ogni attività presenta aspetti gratificanti e lati frustranti. Il segreto consiste nel valorizzare i primi, metabolizzare i secondi e sfruttare le opportunità per migliorarsi.

Non si può dire “non mi piace, non lo faccio… e basta!”

In questo modo si rinuncia a mettersi in discussione per migliorare. Ieri ho portato a termine una perizia e, come sa, non mi piace fare perizie perché le considero poco gratificanti. Ho deciso che, con moderazione, continuerò a farne perché devo abituarmi anche a lavori del genere.

La maturità consiste nel non sfuggire gli aspetti della vita che non ci piacciono. A me non piace che mi vengano i capelli bianchi, perché mi ricordano che vado avanti nel tempo. Ci sono degli aspetti gratificanti però, perché oggi sono molto più maturo di ieri, e domani lo sarò più di oggi, quindi se so fare tesoro dell’esperienza, vivrò meglio domani di oggi. Ma ciò non toglie che ci sono meno giorni da vivere. Quindi, in fondo, non piace nemmeno a me la realtà. Allora che faccio? Decido di dormire in una camera iperbarica come quel folle di Mikael Jackson, con l’illusione di restare giovane?

Però quello non è naturale!

Non è naturale neppure reagire in maniera isterica, come fa lei, di fronte alle difficoltà che, tutto sommato, abbiamo tutti.

Questa è la vita… purtroppo!

Questa è la vita… e per fortuna che siamo vivi e capaci di migliorarci!

E allora?

Provi a riflettere su questo aforisma di Ippolito Nievo: “Onorate il passato e affrettate il futuro; ma vivete nel presente con l’umiltà e con l’attività di chi sente la propria impotenza e, insieme, il bisogno di trovare una virtù”.

G. M. – Medico Psicoterapeuta