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Questo articolo è stato pubblicato il 27 Maggio 2007. Abbiamo ritenuto utile ripescarlo dall’archivio, spolverarlo e riproporlo alla vostra attenzione

BUONA LETTURA

Caro Dottore, vorrei chiederle qualche chiarimento su alcuni atteggiamenti, molto diffusi, riconducibili ad un unico concetto: l’orgoglio. Tale “disposizione” caratteriale spesso è confusa con il concetto di dignità. Iniziamo dal significato riportato sul dizionario della lingua italiana “De Agostini”, che definisce così l’orgoglio: “sentimento procedente da eccessiva stima di sé e poca o nessuna degli altri; con significato non deteriore, fierezza, senso della propria dignità; con valore concreto, cosa o persona che è motivo di vanto”. Il termine dignità viene definito come “alto sentimento di sé, nobiltà d’animo che si manifesta anche nel contegno”. In sostanza, come deve essere inteso l’orgoglio?  Cosa caratterizza, invece, la dignità?

Per poter rispondere dobbiamo, prima di ogni cosa, impastarci le mani nel concetto e nella realtà dell’onorabilità e dell’onore, cioè di quel sentimento che ci porta ad aver cura del nostro buon nome ed è testimonianza di onestà e correttezza. Il fatto è che il parametro di riferimento di questo valore può essere inteso rispetto solo a ciò che pensano gli altri, oppure anche a ciò che risulta essere vero, dopo attente valutazione. È questo ciò che fa, realmente, la differenza fra orgoglio e dignità.

Cioè?

“La dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli”. (Aristotele)  Il rispetto che gli altri mostrano nei nostri confronti attiva il meccanismo dell’orgoglio. Il rispetto che portiamo nei nostri confronti, per ciò che sappiamo di valere (a prescindere dal giudizio altrui), riguarda la dignità e pone le basi per una corretta  e solida autostima.

È possibile qualche esempio pratico, per favore?

Potremmo cedere a compromessi e azioni poco edificanti: nel caso in cui nessuno ne fosse a conoscenza, manterremmo intatto l’orgoglio. Al contrario, nelle medesime condizioni, la dignità sarebbe profondamente incrinata, perché riguarderebbe il nostro rapporto allo specchio. Ancora, se per amore, subissi dei torti, ad andare in crisi sarebbe l’orgoglio e non la dignità. Se, invece, accadesse una cosa simile per biechi interessi, allora anche la dignità andrebbe “a carte quarantotto”! “L’orgoglio è una bestia feroce che vive nelle caverne e nei deserti; la dignità, invece, è quella guardia del corpo che ti impedisce di bruciare la tua integrità”. (Anonimo)

Quando l’orgoglio può definirsi positivo e quando, invece, negativo?

È corretto, ad esempio, sentirsi fieri di appartenere a quella cerchia di esseri umani integri e puliti, dal punto di vista dei valori importanti. In tal senso, non guasterebbe “abbeverarci” alla fonte della cultura orientale e giapponese, in particolare. Apprezzeremmo, così, fra l’altro, l’orgoglio e la dignità del sentire che il nostro lavoro, qualunque esso sia (a parte quelli disonesti, è ovvio), è utile in quanto anello di una catena senza cui i risultati in termini di ricaduta sul sociale, tarderebbero ad arrivare.

Al contrario, l’orgoglio è negativo quando si scade nella boria e nell’arroganza perché, tra l’altro, ciò starebbe ad evidenziare, oltre una maleducazione di fondo, anche un’autostima costruita con la paglia anziché coi mattoni.

Mi sembra la storia della casa nella favola dei tre porcellini!

Esattamente.

Se l’orgoglio è riferibile ad un’eccessiva stima di sé, in cosa differisce dalla presunzione, di cui lei ha già parlato in più di un articolo, spiegando che si tratta di “un aspetto del carattere che connota un’eccessiva sicurezza delle proprie convinzioni senza verificarne la veridicità”?

Il rapporto fra questi due elementi è diretto. Una persona orgogliosa, valuta (a volte in maniera spropositata) se stessa in base a quello che presume di essere o di valere.

Quali sono gli apprendimenti di cui si è nutrito chi è “orgoglioso”?

Egocentrismo, rigidità, poca conciliazione, onore, competizione con gli altri, permalosità, suscettibilità, complesso di superiorità…

La fiera delle “fasi transitorie”, insomma!

Proprio così.

Altro atteggiamento molto in voga è l’arroganza, che è definita, nei dizionari più comuni,  come “opinione esagerata di sé; presunzione dimostrata in modo sfacciato e insolente”. A differenza della persona orgogliosa, spesso elogiata, l’arrogante è violentemente pretenzioso e non incontra benevolenza, anche se, talvolta, ottiene ciò che vuole.  Qual è la differenza tra l’orgoglioso e l’arrogante, e tra quest’ultimo ed il presuntuoso?

La persona orgogliosa reagisce alla mancanza di rispetto da parte di altri. L’arrogante offende e si impone per non dare la possibilità ad alcuno di mettere in dubbio ciò che dice o pensa, per non andare in crisi! Il presuntuoso va avanti per la sua strada anche senza bisogno di divulgare le proprie decisioni: tanto è convinto di aver ragione!

L’arroganza si può ritenere un’arma vincente?

Solo se l’interfaccia relazionale è costituita da gente suggestionabile che si impressiona facilmente. È facilissimo, per chi conosce un minimo di leggi sulla comunicazione e sa “leggere” nella personalità altrui smontare un arrogante.

In che modo?

Con questa semplice domanda, posta in maniera neutrergica:”Qual è il motivo per cui lei si pone in questa maniera?”

E la risposta non potrebbe essere: “Perché io sono superiore a lei?”

Certo, è fin troppo scontato che cerchi di farci credere ciò.

E quindi?

Basterebbe chiedere:” E su quali basi ritiene di essere superiore?”. Con questo sistema lo si costringerebbe a mettersi di fronte allo specchio della realtà… che, come sostiene mia figlia Mariarita “non mente mai”.  Dopo poche altre battute, il soggetto “crolla”.

Come bisogna comportarsi quando si entra in comunicazione con una persona arrogante?

Ignorare la modalità scorretta di comunicazione e “andare al sodo”. Se poi il soggetto è pernicioso e lei ha tempo da perdere, può rendergli “pan per focaccia” con il sistema che le ho spiegato prima.

Si può mantenere la propria dignità anche quando di fronte abbiamo persone scorrette e arroganti che vorrebbero imporci il proprio modo di essere?

“A volte è difficile fare la scelta giusta perché o sei roso dai morsi della coscienza o da quelli della fame” (Totò). Dipende da quanto ti sei compromesso con te o con gli altri.

È una cosa difficile da “gestire”.

“Il difficile non è raggiungere qualcosa ma liberarsi dalla condizione in cui si è”.( Marguerite Duras)

Si ringrazia Erminia Acri per la formulazione delle domande.