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caldi e soffocanti anche i pensieri…


19 puntata. ©

Aveva piovuto a dirotto per tutta la giornata, scariche violentissime di acqua a fiumi, a torrenti, a catinelle, ad ettolitri…

Erano da poco passate le 9 di sera quel sabato sera quando venni condotto all’interno di una struttura che ancora mostrava, suo malgrado, acqua da tutte le parti, sotto alle impietose fessure di cui era tappezzato l’incerto e malfermo soffitto dalle quali era penetrata a tratti con furia incessante l’acqua piovana, erano state adagiate dai rassegnati e innumerevoli abitanti di quella sottospecie di rifugio delle capientissime bacinelle che ormai stracolme mostravano con evidenza brutale all’osservatore la drammatica precarietà e l’incredibile condizione di quella fatiscente (a dir poco) struttura; dopo pochi passi venni subito colto da una sensazione di confusione, di smarrimento, uno strano stupore misto incredulità, sgomento, rigetto, perché non riuscivo a capacitarmi di come tante persone potessero sopravvivere e convivere (armoniosamente) stipate come sardine in scatola in angoscianti letti a castello a tre o quattro livelli con uno spazio vitale pro-capite già ristrettissimo e oltremodo eroso dall’impraticabilità di vaste aree delle stanza sconfitte dalle intemperie e dal totale degrado.

La mia guida, un ragazzo nordafricano conosciuto da poco in un bar della zona, dotato di un’espressione del viso e degli occhi talmente bonaria e paciosa da risultare quasi commuovente nella sua smisurata cortesia, nelle sue mille premure, nella infinita tenerezza della ospitalità e del senso di fratellanza che si sforzava in ogni modo pur nella estrema semplicità dei suoi gesti e delle sue parole di dimostrarmi farmi percepire: per prima cosa venni presentato con tanto di nome e stretta di mano ai numerosissimi abitanti superdensamente concentrati nei pochi metri quadri di cui era costituita quell’abitazione pazzesca (almeno per me) che tuttavia veniva da costoro vissuta e percepita (a giudicare dai volti sorridenti e dall’ironia con la quale venivano sopportati anche i più pesanti disagi dovuti alle infiltrazioni d’acqua) come se fosse una suite presidenziale al grand hotel excelsior.

Al centro della stanza, posizionato su uno di quei tavoli di quelli che normalmente si rifiutano persino di ritirare (ovviamente gratuitamente) anche i rigattieri di più infimo rango (tipo quei banchi di scuola delle elementari anni ’70) faceva sentire il suo vocione quasi assordante uno stereo con due casse molto potenti, (tipo quelli che si portavano un tempo in spiaggia quando si era in gruppo e si aveva voglia di fare un po’ di casino), che riempiva l’aria saturando l’ambiente di musica house (o tecno-house, non sono un esperto della materia) rigorosamente in arabo, essendo il nastro prescelto, inserito in quella specie di megafono biamplificato, l’ultimo successo proveniente direttamente dalla Tunisia di una star locale di quel genere di nome kaled, lo ricordo perché notai subito l’omonimia tra il cantante (la cui faccia mi venne mostrata sulla copertina del disco) e il ragazzo tramite il quale avevo conosciuto la persona che mi aveva quella sera condotto in quell’incredibile luogo.

Non sapevo più, mano a mano che passavano i minuti, quale strano e perverso meccanismo della mia psiche mi aveva indotto ad accettare di seguire A. l’unica cosa certa è che non mi trovavo più a Milano, in Italia; non c’era nulla, proprio nulla, in quel luogo, all’interno di quella atmosfera surreale ed incredibilmente suggestiva nella sua straripante bizzarria (almeno per me) al limite della follia che offrisse il benché minimo richiamo ancorché blando, tenue, e indiretto a ciò che il mio sistema di valori, cognitivo e percettivo mi potesse nemmeno assai lontanamente apparire consueto, familiare, proprio.

Con A.e Kaled mi esprimevo in italiano essendo costoro in grado di esprimersi nella nostra lingua in maniera supersgrammaticata ma efficace al fine di capire e di farsi capire, la persona che più mi colpì sia per la sua totale imposibilità a comunicare sia per la sua aria sbattuta, strasbattuta, disteso in posizione supina sulla parte superiore di uno di quei letti a castello sembrava che il solo avermi dato la mano e detto il suo nome (che ovviamente non capii…) rappresentasse per lui uno sforzo insormontabile, che costui aveva compiuto senza mutare minimamente il suo sorriso a trentadue denti (ovviamente tutti marci color carbone) che pareva una sua prerogativa inamovibile (tipo paresi) , credo che se l’avesse visto mio padre, interessato come era alla varietà dei fenotipi umani, l’avrebbe voluto prontamente immortalare con una bella macchina fotografica per pubblicare poi l’immagina come copertina di un trattato sugli effetti devastanti del morbo di Alzheimer…

Ma forse sarebbe stato più appropriato usarla per documentare come l’abuso di sostanze stupefacenti, alcool e nutrizione a dir poco approssimativa riduce la gente, credo infatti che giunti a questo punto della narrazione sia del tutto chiaro al lettore che la materia oggetto del presente racconto (sinceramente basato su un vissuto autobiografico veritiero) è quell’insieme di sostanze che prende il nome di DROGA e che quella sera senza nemmeno rendermi conto, un po’ come travolto dagli eventi mi ero ritrovato in un sorta di covo secondo, immagino, la legge…

Io non riuscivo tuttavia a rapportarmi a quelle persone che avevano appena estratto dal loro piccolo frigoriferino una bella anguria gelata e che si accingevano a porgermene una fetta anche per aiutarmi a sopportare la bestiale afa e umidità di quella serata estiva milanesi; mio padre che, (per usare un’espressione cara al grande Marco Pannella), era ed è sempre stato, libertario, liberista e libertino, mi ha sempre trasmesso l’allergia ad ogni forma di pregiudizio, preconcetto, e moralismo aprioristico verso ogni persona, insegnadomi che la legge morale risiede in noi, che l’unico tribunale che conta, secondo lui, è quello della propria coscienza e che l’essere umano va valutato nella sua interezza e civiltà interiore.

Io, nella mia infinita modestia ed umiltà culturale, intellettuale, e forse anche morale credo che esistano molte disarmonie nel nostro impianto democratico e che dovrebbero sussistere dei rapporti diversi tra individuo-cittadino e Stato: è parere dello scrivente infatti che esistano alcune materie che non dovrebbero appartenere alla sfera dell’intervento (coercitivo e repressivo) dello Stato, tutto nello spirito ovviamente di un sempre maggiore ampliamento delle libertà individuali, non voglio addentrarmi in discorsi più grandi di me, senza nemmeno, tra l’altro, avere la necessaria competenza e preparazione, ma non posso impedirmi di riflettere ponendomi alcune domande di grande serietà:

Faccio un primo esempio, forse banale e scontato: perché qui in Italia si può finire in galera anche a lungo (e non è una bella prospettiva considerato anche lo stato delle patrie galere…) per l’uso della cannabis, io non sono un tossicologo, né un esperto ma se in Svizzera o in Olanda, tanto per fare un esempio vengono vendute legalmente (anche a kg) e sembra persino che alcuni ricercatori ma sono solo ipotesi forse anche stravolte, abbiano dimostrato che questa sostanza ha delle proprietà terapeutiche su diverse e svariate patologie, il legislatore italiano debba impormi, che magari per il malessere che mi affligge traggo giovamento dal consumo della stessa, non solo di farne a meno ma di starne proprio alla larga imponendo anche pene molto severe se trovato in possesso della stessa, evidentemente sono considerazioni che prescindono dalla conoscenza delle norme e parlo solo di uso personale e niente di più.

Tutti coloro che usano il cervello sanno bene che viviamo in un paese, l’Italia, che ha dimostrato nella sua più che quarantennale storia repubblicana (lo dimostrano anche i circa 70-80 governi che si sono succeduti sinora, durata media 7 mesi) che qui da noi può essere vero tutto e il contrario di tutto, che (come disse Longanesi) non esiste niente di più definitivo delle cose provvisorie (anche se ormai il tempo le ha rese ridicole).

Basta pensare al sistema elettorale :Maggioritario, proporzionale, sbarramenti vari (alla francese, alla tedesa ecc.), bipolarismo, coalizioni in stile bipartisan composte da forze politiche che nessuna persona dotata di un minimo di razionalità e buon senso può comprendere come facciano a stare insieme avendo idee, ideali e principi agli antipodi, questo sempre che si voglia ancora sforzarsi di riconoscere e attribuire ai partiti politici italiani la forza propulsiva di un’ideologia, di degli ideali….

Cambio subito argomento anche perché il discorso si fa lungo e complesso e poi chi ha letto qualcuna delle puntate precedenti del presente racconto credo abbia già capito con un’evidenza solare come la penso, io ho sempre votato e sostenuto anche finanziariamente (nei limiti delle mie modeste possibilità economiche) i movimenti e le associazioni radicali, non certo solo per la politica antiproibizionistica sulle droghe, ma per il coraggio delle varie azioni di disobbedienza civile, per avere attraverso i referendum (unico strumento di vera democrazia diretta rimasto) modificato in maniera sostanziale le libertà di ognuno di noi e poi per farla in breve perché esistono davvero molte, ma molte poche persone che credono in quello che fanno e che dicono e che sono disposte a rischiare tutto, finanche la vita stessa per le proprie idee (Marco Pannella in uno dei suoi più efferati scioperi della fame perse 37kg se non ricordo male ed Emma Bonino ha rischiato recentemente un bel tso), sono innumerevoli le battaglie sempre basate sulla non violenza di ispirazione gandhiana che condivido appassionatamente….Mi viene in mente l’Olanda (il paese europeo nel quale credo mi riuscirebbe più facile vivere), l’accanimento terapeutico italiano, il diritto all’eutanasia ma mi rende conto che sono temi che meritano ben altra sede, spazio e relatore quindi cambio subito discorso, ma lascio ponendo al lettore una domanda che mi sta molto a cuore: visto che abbiamo la certezza di vivere in una democrazia, dove dovrebbe essere compito dello Stato anche dal punto di vista informativo-mediatico, perché professionisti di valore incommensurabile come Enzo Biagi e Michele Santoro sono spariti dalla tv di stato, la mamma RAI che pur ci impone di pagare il canone?

Avrei tante altre curiosità che mi piacerebbe esternare e discutere con i lettori ma siccome ho la una vaga certezza che si possa ipotizzare l’inizio di un nuovo ventennio (quantomeno) e siccome il sottoscritto al posto dell’olio di ricino ha già subito l’internamento coatto (e cruento) previo invio della forza pubblica a domicilio in strutture pseudocarcerarie per periodi anche piuttosto lunghi (definirle sanitarie sarebbe un insulto al buon senso) preferisco davvero tornare a parlare della sera della mia iniziazione alla droga…non badateci sono solo battute.

Dedicherò comunque, sempre che la redazione di questa rivista me lo consenta, un apposito (o anche più di uno visto che me ne hanno fatti 3) capitolo ai TSO (trattamento sanitario obbligatorio) che ho subito e ai danni profondissimi che mi hanno cagionato da un punto di vista umano, morale e sanitario.

Io non assolvo moralmente A., kaled e tutti gli altri nordafricani che vendendo stupefacenti, ma anche se per paradossale (e forse per qualcuno anche appartenente al faceto) anche questa piccola comunità di spacciatori nordafricani ha un suo codice morale e “deontologico”: si rifiutano categoricamente di trattare (a loro stessa detta non la vogliono vedere nemmeno in fotografia avendo anche cari amici che ci sono morti di overdose) quella bestia mostruosa, maledetta e terribile che è l’eroina e poi (e questo credo meriti molto rispetto) quando vedono che esageri nel consumo di droga cercano con discorsi molto persuasivi e quasi amorevoli di spingerti a sterzare, dandoti (seguendo il loro stesso esempio) uno stacco buttandoti sulle droghe leggere (per loro assai meno remunerative) che comunque ti consentono nel momento in cui non ce la fai proprio ad avere a che fare con te stesso, un’evasione, una fuga, una vacanza comunque sicura (anzi una vera vacanza perché con le droghe leggere sballi di brutto) dalla tua realtà, che evidentemente in quel momento non ti riesce proprio di accettare.

Non voglio costruire alibi risibili, fragili e quasi comici ma questa gente di cui ho parlato pur con lo spregevole profitto che ne traggono ci sono anche loro nei casini con questa roba al pari delle persone che riforniscono:ho visto con i miei occhi una sera A. che gli era saltato un movimento ed era rimasto forzatamente senza stupefacenti, quanto alcool s’è ingerito per calmarsi e dimenticare….

Un’altra attenuante che forse al lettore sembrerà poco verosimile è che buona parte dei profitti derivanti dallo spaccio vengono spediti in africa ai familiari che vivono in condizioni di estrema indigenza; e poi vista la grande schiera di opportunità che offre in questo momento il mercato del lavoro qui in Italia, un extracomunitario privo di un titolo di studio e di appoggi cosa fa quando sbarca dal motoscafo, cosa può fare? O va in Puglia a raccogliere 10 ore al giorno pomodori a 2500lire/ora oppure viene arruolato nell’esercito del crimine…

Io non ho mai creduto nelle teorie assolutistiche di matrice integralista dello Stato etico; Max Weber ci ha sedotto con la sua teoria meccanicistica dello Stato che superando l’egemonia della burocrazia volta a fornire al cittadino-utente solo atti formali doveva pervenire alla realizzazione di risposte da parte della P.A. di tipo sostanziale ed efficace ma erano altri tempi e chiunque apprezzi la storia senza scomodare il Vico o altri mostri sacri della filosofia sa che il tempo è ciclico è che i corsi e ricorsi storici non sono astratti sofismi teorici ma esistono per davvero…

Io credo e ne sono fermamente convinto che quando un giorno ( che purtroppo allo stato attuale mi appare assai lontano) verrà riscritta la storia d’Italia, mio padre, il tanto esecrato prof.Giuseppe Poggi Longostrevi e la vicenda che lo ha coinvolto e travolto (insieme a centinaia di medici) diverrà una specie di martire, diverrà forse una icona come la Georgiana Masi della sanità, non accettata da una società che non le piaceva ma dove viveva.

Pochi forse ricordano il nome di questa vittima innocente, questa ragazza che ho citato che perse la vita negli anni ’70 in seguito ad uno scontro con le forze dell’ordine perché insieme ad un gruppo di attivisti radicali festeggiava in maniera giudicata troppo esuberante e scomposta per la vittoria ottenuta dai si al referendum (mi pare sul divorzio), a mio padre al pari della Masi gli sono state sottratte e negate anche le più elementari condizioni di vita: un uomo non è più un uomo se perde (in un colpo solo) tutto ciò per cui ha sempre combattuto e dato la vita.

Mio padre nella sua condotta professionale è stato accusato attraverso il meccanismo dei rimborsi gonfiati dalle ASL ai sui centri medici di essersi appropriato illecitamente di denaro pubblico (premettendo che mio padre è morto suicida tre anni fa, trovandosi, non essendo nemmeno giunto al primo grado di giudizio, giuridicamente parlando nello status di semplice “Indagato”) voglio interpretare, ammesso che le tesi accusatorie avessero poi trovato riscontro negli atti processuali questo sua condotta come un sentimento e un desiderio di rivolta fiscale, un fortissimo senso di rigetto, di nausea e disprezzo verso uno Stato (iniquo e latitante, che si sveglia solo per fare qualche rapido colpo di mano spettacolarte….)con un fisco tra i più duri al mondo, che ti obbliga soprattutto se hai un reddito superiore ad una certa soglia vista il meccanismo dell’aliquota progressiva dell’irpef, a lavorare in pratica per te stesso solo 2 mesi su 12, uno stato che offre servizi per me non adeguati specie nelle varie PA.

In un paese ove non hai scelta, perché il 90% è costituito da gente che per 40 anni hanno votato democrazia cristiana…. Perché? Perché così fan tutti e perché non vogliono rischiare nemmeno lontanamente di avere problemi: gente che non ha coraggio, gente che si sente sicura solo se è nel mucchio.

E allora visto che il corpo elettorale, anche attraverso il voto, sa che comunque ovunque scegli di mettere la croce e normale che ci si deve sempre e comunque “turare il naso” come hanno detto autorevoli personaggi prima di me,

La verità è molto semplice, nel ’97 quando scoppiò lo scandalo che portò al suicidio mio padre, stava passando in Lombardia un progetto innovativo, sperimentale ad opera del governatore Formigoni e dei suoi tecnici che si proproneva di de-pubblicizzare il più possibile la sanità, equiparando nella libertà di scelta del cittadino (non più vincolato ai limiti imposti dalla ricettività delle strutture pubbliche) in sanità pubblico e privato; all’epoca era al potere a livello nazionale la sinistra e quindi per bloccare sul nascere questa possibile de-statalizzazione cosa potevano fare?

Tutti sapevano e anche da decenni come lavorava mio padre al centro di medicina nucleare e allora perché come una bomba ad orologeria, il bubbone è scoppiato proprio in quel momento, utilizzando tra l’altro, metodi un po’ discutibili?

E’ molto semplice: serviva. Serviva politicamente. Secondo me

Bisognava organizzare un bello show dimostrativo per screditare il settore sanitario privato: creare da una cosa tutto sommato molto piccola un grandissimo scandalo a livello nazionale o anzi quasi internazionale sul quale accendere i riflettori e catalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica. E’ del tutto ovvio che il gioco poteva realizzarsi solo distruggendo un pesce piccolo, uno che non ha le spalle coperte.

Mio padre non era uno stinco di santo ma è stato scelto come agnello sacrificale solo perché era un davvero un self made man, uno che aveva fatto tutto da solo, non aveva dietro lobbies, gruppi di potere, agganci politici, intrallazzi, inciuci…E’ per questo che si è potuto farlo fuori senza problemi.

Qualcuno potrà leggere in queste mie riflessioni solo un grande attacco paranoideo o sterile e banale dietrologie, io non sono mai stato un grande studioso e nemmeno un grande studente ma all’università ho imparato seguendo con assiduità maniacale le lezioni di Storia Economica del mitico prof. Franco Amatori (collaboratore di V.Castronovo, autore del libro di testo in uso:Storia Economica D’Italia), che fra l’altro ha avuto il cuore di onorarmi senza aver brillato eccessivamente all’esame di un onorevolissimo 29 (ero sempre in prima fila alle lezioni), che spesso dietro ad ogni verità (che da sola già è sufficiente a fornire la spiegazione ricercata) ce ne è una più ampia, più profonda di cui la prima fa parte,ed ovviamente una non esclude l’altra, costituendo solo un piccolo tassello di un mosaico, oppure una sottostruttura di una sovrastruttura, un po’ come quelle scatole cinesi di società che si partecipano fra loro in una grande opera di ingegneria finanziaria, ho capito avendo avuto l’onore e il privilegio di seguire senza perdermi una sola mezz’ora di lezione come tutto si ci si vuole sforzarsi di scorgerlo un legame lo si trova sempre tra gli tutto ciò che accade e che muove la storia, anche i fenomeni apparentemente più insignificanti e i mutamenti di entità più microscopica possono avere invece una valenza macroscopica. Un mio caro amico professore liceale laureato in Filosofia quando discutiamo di questi argomenti mi incanta….Una frase che mi ha detto mi è rimasta molto impressa, mi ha detto: ricordati che se una cosa è vera deve essere vero anche il suo contrario.,

Non so ricostruire per le mie scarse doti mnemoniche tutte le citazioni, i riferimenti dotti, e i ragionamenti che mi ha proposto per avvalorare e convincermi da un punto di vista filosofico (come dice lui: i filosofi ogni volta che parlano e ti fanno qualche ragionamento ti dicono sempre: cerca di seguirmi da un punto di vista filosofico!!!?) della validità della affermazione precedente.

Rimuginando sulla vicenda di mio padre però in effetti credo che questa sua affermazione possa trovare conferma, mi spiego meglio:

No, non lo faccio sarebbe troppo lungo. E poi confido nell’intelligenza del lettore che credo abbia già capito.

– continua –