Ancora oggi, in un’epoca in cui la vita media si è notevolmente allungata e si è innalzata l’età in cui si concepiscono i figli, la normativa italiana in tema di adozione dei minori prevede dei limiti minimi e massimi di età tra genitori adottanti e minore da adottare.
Infatti, anche la Legge 28 marzo 2001 n.149, che ha modificato la Legge 4 maggio 1983 n.184 in materia di adozione, stabilisce che tra i genitori ed il minore deve esservi una differenza d’età di non meno di 18 anni e non più di 45, seppure ammette la possibilità di deroga a tali limiti da parte del Tribunale dei minorenni in certe condizioni.
Secondo la normativa precedente (art.6 L.184/83), addirittura, l’età degli adottanti doveva superare di almeno 18 anni e di non più di 40 l’età del minore da adottare.
Questo limite si fondava sulla pretesa di imitare la natura in modo da garantire al minore l’inserimento in una famiglia che fosse il più possibile vicina a quella che sarebbe potuta essere quella “naturale”.
In verità, una regola così rigida, non rispondeva affatto alla realtà naturale (che è molto più flessibile) ed all’evoluzione del costume sociale.
Difatti, sin dai primi anni successivi all’emanazione della L.184/83, i giudici, prendendo atto dell’irragionevolezza del divario d’età minimo e massimo tra adottanti ed adottato, avevano iniziato ad ammettere in numerosi casi l’adozione di minori da parte di genitori non aventi i requisiti d’età richiesti dalla legge, evidenziando l’importanza del fatto che la differenza d’età tra adottanti ed adottato corrispondesse alla normale differenza biologica d’età tra genitori e figli.
Inoltre, la Corte Costituzionale, con vari interventi, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 L.184/83, in particolare nella parte in cui non consentiva l’adozione di più fratelli quando per uno di essi fosse superato il divario d’età con gli adottanti (sentenza 1 aprile 1992 n.148); nella parte in cui non consentiva l’adozione quando l’età di uno dei coniugi superasse di oltre quarant’anni l’età dell’adottato, pur rimanendo la differenza d’età compresa in quella normalmente intercorrente tra genitori e figli (sentenza 24 luglio 1996 n.303); nella parte in cui non consentiva la possibilità di deroga al limite massimo quando, pur mancando i requisiti d’età in entrambi i coniugi, l’adozione fosse necessaria per preservare ilminore dal grave danno che avrebbe ricevuto dalla mancata adozione –nel caso di specie la coppia ricorrente voleva adottare un minore proveniente da Chernobyl, al quale aveva dato ospitalità in modo episodico- (sentenza 9 luglio 1999 n.283).
Pertanto, la magistratura aveva avviato un’opera di smantellamento di una regola assoluta che divergeva dal modello naturale al quale aveva la pretesa di rispondere e che rischiava di perdere di mira quello che è lo scopo dell’adozione, cioè consentire al minore abbandonato l’inserimento in una famiglia idonea a garantirgli assistenza affettiva e materiale.
Invero, la nuova normativa ha recepito l’orientamento giurisprudenziale contemplando una serie di casi in cui è possibile derogare ai prescritti limiti d’età (art.6 L.149/2001).
In particolare è ammessa la deroga:
- quando il Tribunale dei minori accerti che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore;
- quando il limite massimo d’età sia superato da uno solo degli adottanti in misura non superiore a 10 anni, oppure quando gli adottanti abbiano già figli dei quali almeno uno sia in età minore, oppure quando il minore da adottare sia fratello o sorella di altro minore già adottato dagli stessi genitori;
Peraltro, la nuova disciplina, in cui permane comunque il differenziale fisso d’età, ha suscitato molti dissensi nella realtà sociale, soprattutto nelle associazioni che tutelano i minori, le quali ritengono che essa farà perdere la possibilità di essere adottati ai minori più grandi (di età superiore a 5 anni), in quanto anche persone di 40-45 anni vorranno adottare minori molto piccoli.
Invero, seppure si sono allargati i margini della derogabilità della norma, sarebbe auspicabile un intervento da parte del legislatore che sostituisca, al differenziale d’età fisso, la valutazione discrezionale del giudice caso per caso.
Questo, nella prospettiva di rendere la procedura di adozione più sciolta e, soprattutto, più efficace nel far trovare una famiglia al bambino “solo” e nell’andare incontro alle tante coppie in attesa di rendere felice un “piccolo angelo” abbandonato.
Erminia Acri, iscritta all’Albo degli Avvocati del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza, Patrocinante in Cassazione, esercita la professione di avvocato in materia di diritto civile, diritto del lavoro e previdenza, diritto amministrativo (abilitazione all’esercizio della professione di avvocato conseguita in data 05/05/1998). Consulente legale dell’Inas-Cisl, sede di Cosenza. Attività di docenza, in materia di Diritto di Famiglia, c/o Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico (SFPID) – Roma. Iscritta all’Albo dei Giornalisti- Elenco pubblicisti dal 01/07/2006. Responsabile “Area informativa” Progetto SOS Alzheimer On Line
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