Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Il termine “aborigeno” è spesso usato per designare i popoli nativi di una determinata Regione o Paese; il suo significato e la sua origine sono profondamente radicati nella storia e nella linguistica. Il sintagma in oggetto proviene dal latino “aborigines”, che significa “abitanti originari”. Il prefisso “ab”, ‘da’ e “origo”, ‘origine’ ci fanno capire, immediatamente, che il termine si riferisce a coloro che provengono da (o abitano) una terra fin dai tempi più antichi, insomma, i suoi primi abitanti.
Oggi, “aborigeno” viene adoperato, soprattutto, per designare i popoli nativi dell’Australia, ma è anche impiegato in altri contesti per riferirsi ai primi abitanti di una Regione. Questo termine è ricco di significati storici e culturali in quanto riconosce l’esistenza e i diritti delle popolazioni indigene e la loro connessione ancestrale con la terra.
Quando usiamo il sostantivo “aborigeno” è ‘più corretto’ – secondo chi scrive – adoperarlo al plurale per diverse ragioni. Prima di tutto perché “il plurale” riconosce la diversità degli aborigeni: non sono un gruppo omogeneo, ma piuttosto una vasta gamma di tribù e culture diverse. Il plurale riconosce, quindi, questa diversità e evita di generalizzare. Con l’uso del plurale, inoltre, si dimostra rispetto per le diverse comunità indigene e le loro identità uniche. È un modo, pertanto, di riconoscere che ciascun gruppo ha la propria lingua, cultura e tradizioni. Infine, nella nostra cara lingua italiana è uso corrente utilizzare il plurale per riferirsi a gruppi di persone. Dire e scrivere “gli aborigeni” anziché “l’aborigeno” è, dunque, grammaticalmente corretto e chiarisce che si sta parlando di più individui.
Per concludere queste noterelle: “aborigeno” ha radici profonde nella storia e nella linguistica, e il suo uso al plurale è un segno di rispetto oltre che di accuratezza. Riconoscere, quindi, la diversità e l’identità unica delle comunità indigene è fondamentale al fine di comprendere il loro ruolo e la loro importanza nella storia e nella cultura.
A cura di Fausto Raso

Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.