Era l’uomo più intelligente, affascinante e inquietante che io abbia mai conosciuto (Sultana Susanna Razon, moglie di Umberto Veronesi)
Figlio di Francesco Veronesi (che ha visto morire quando aveva sei anni) ed Erminia Verganti, cresce nei sobborghi agricoli di Milano, con quattro fratelli maggiori e una sorella minore.
Uno dei suoi primi successi, è stata la conquista dello Status di “Cittadino”.
Mio padre era un fittavolo della pianura lombarda, stavamo fuori Milano, anche se non lontanissimi. La vedevamo come la grande meta di chi vive nei sobborghi. Quindi la nostra grande speranza era di diventare “cittadini”. Si andava a scuola facendo 4-5 chilometri a piedi tutte le mattine, anche in pieno inverno, con i nostri calzoni corti, con quella cultura naturalistica del mondo agricolo. La conquista è stata lenta, ma ci ha molto gratificato come tutte le grandi forme di emancipazione.
La linea guida della sua vita, iniziata il 28 novembre del 1925 e proseguita per 91 anni, è stata quella del capire e indagare per potere, successivamente, decidere come affrontare.
È lui stesso a spiegare quanto abbia inciso sua mamma Erminia, a cui ha dedicato il libro “Dell’amore e del dolore delle donne”, sui valori fondanti il percorso esistenziale e sull’ammirazione verso l’altra metà del cielo.
In più occasioni, ha sostenuto la superiorità morale e intellettuale della donna sull’uomo, descrivendo una grandezza genetica della prima, perché basata su una combinazione di DNA e caratteristiche mentali che porta a una migliore capacità di adattamento.
Mi sono accorto, provando quasi una sorta di invidia, che c’è qualcosa nella donna che la tiene ancorata saldamente alla vita e non le fa mai perdere il contatto con chi le sta accanto…
Probabilmente anche per questo motivo, ha investito sé stesso per rendere più umana la cura del tumore mammario, passando dalla mastectomia radicale alla quadrantectomia localizzata.
La Psicoanalisi direbbe che il bisogno di “introiettare” l’imago femminile, lo ha inconsciamente condotto nelle braccia di molte donne.
E, se aggiungiamo la passione totalizzante verso il lavoro, la sua vita privata, a quel punto, non è stata affatto una passeggiata.
Una mattina del 1989, mentre andavamo nella nostra casa al lago, mi disse con tono serio che, da quattro anni, aveva un figlio con un’altra donna. Mi sentii gelare e lo guardai sbalordita; pensavo di aver capito male e glielo feci ripetere due volte. A quel punto credetti di morire. Tornati a casa, lo invitai ad andarsene, ma lui mi chiese di restare. Diceva che voleva finire la sua vita con me. E io glielo permisi: i figli avevano ancora bisogno del padre (Sultana Susanna Razon, moglie di Umberto Veronesi)
Cari Lettori, potremmo parlare di deriva narcisistica ma, in fondo, chi di noi può ritenersi immune dal bisogno ancestrale di essere considerato “speciale”?
Sempre la Psicoanalisi sosterrebbe che, a qualsiasi vetta di “Valori” e buoni comportamenti, naturalmente deve corrispondere una sorta di “fossa delle Marianne” che riporta in equilibrio i conti finali.
E, noi, possiamo gustarci alcuni passi di uno dei suoi ultimi libri “Senza paura: vincere il tumore con la Medicina della Persona”
I malati non sono pazienti, ma persone da curare nel corpo ma soprattutto nell’anima, perché guarire l’involucro non basta”.
Il principio guida della mia opera è anche il pilastro della medicina Psicologica; una sorta di quinta ’P’ che ho aggiunto alle quattro teorizzate dagli americani: Predittiva, Preventiva, Personalizzata e Partecipativa. (Umberto Veronesi)
Come ha avuto modo di spiegare Gabriella Pravettoni (Psicologa dell’Istituto europeo di oncologia e dell’università degli Studi di Milano) il disagio che si prova di fronte a una diagnosi di cancro è devastante.
Si attraversano le fasi della depressione, della paura, della rabbia e, poi, quella dell’incertezza.
Aggiungiamo, anche, che il sofferente vive come pena aggiuntiva e lunghissima, la terapia da affrontare, i controlli periodici, l’attesa, la speranza di sentirsi definire guarito.
La vera impresa diventa imparare ad elaborare quanto è avvenuto, per poterlo superare perché, ovviamente, Il passaggio attraverso la malattia, è un’esperienza molto forte che segna profondamente sia chi la vive in prima persona che, anche, i suoi familiari e gli amici”.
Ecco, Umberto Veronesi, ci ha insegnato, tra l’altro, che tutti insieme, malato e caregiver, possono affrontare questa dura battaglia e imparare a diventare persone migliori
Il rapporto fra la Mente e il Corpo è sempre stato un dilemma, sin da quando è nata la civiltà. Fino al 1600 la Medicina veniva considerata sul piano olistico, che curasse (secondo la raccomandazione di Platone) mente e corpo simultaneamente. Dal 1600 in avanti, con gli studi di anatomia autoptica (la Chiesa aveva deciso di consentirli), ci si rese conto del fatto che eravamo costituiti da vari elementi meccanici. Nacque, quindi, la medicina d’organo che arriva, superspecializzata, fino ai giorni nostri, con grandi effetti positivi. Ma, abbiamo dimenticato quello che è l’obiettivo finale della nostra cura: la persona. La medicina del futuro dovrà tornare ad essere olistica.
Può essere facile togliere un tumore dal corpo, ma è difficilissimo asportarlo dalla mente. È difficile curare il danno che ha prodotto a livello di Pensiero, di programmazione esistenziale. La malattia tumorale è un’esperienza fisica e psicologica, emotiva e di relazione.
Di fronte a un dolore fisico, i farmaci possono essere importanti e, a volte, insostituibili ma la consapevolezza di potere usare la mente per restare in equilibrio è mai da trascurare.
Non possiamo occuparci di una persona malata senza sapere chi abbiamo di fronte. Questo, è il limite della Medicina tecnologica di oggi. Ascoltare i pazienti è il nostro dovere. (Umberto Veronesi)
Dopo un percorso scolastico non particolarmente brillante, si laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Milano nel 1951 e si specializza in Chirurgia presso l’Università degli studi di Pavia nel 1956.
A quel punto, decide di dedicarsi allo studio e alla cura dei tumori e, acquisendo esperienza attraverso anche studi condotti all’estero, entra all’Istituto Nazionale dei Tumori come volontario e ne diventa direttore generale nel 1975.
Precedentemente, nel 1965, ha partecipato alla fondazione dell’AIRC e, in seguito, ha fondato nel 1982 la Scuola europea di oncologia. Dal 1985 al 1988 è stato Presidente dell’Organizzazione europea per la ricerca e la cura del cancro.
Strano a dirsi (e a pensarsi) nel 1981 è divenuto obiettivo sensibile delle Brigate Rosse e, come ha lui stesso raccontato, ha affrontato il periodo con la stessa freddezza emotiva che gli aveva consentito di sfuggire ai rastrellamenti nazifascisti, nelle fasi finali della seconda guerra mondiale.
Ha fondato, nel 1991, l’Istituto Europeo di Oncologia diventandone Direttore Scientifico. Oltre all’avventura di Ministro della Sanità, nel 2001, ha dato vita un paio di anni dopo, alla “Fondazione Umberto Veronesi per il progresso delle Scienze”, con l’obiettivo di sostenere la ricerca scientifica in oncologia, cardiologia e neuroscienze e promuovere la divulgazione scientifica.
Io, ho iniziato il movimento per la pace universale nel senso tolstojano: come ritorno ad una condizione naturale, pacifica, profonda del nostro pensiero. (Umberto Veronesi)
Oltre ad aver propugnato l’importanza medica, biologica ed etica di una dieta vegetariana, nel suo libro “Una carezza per guarire” dedica un denso capitolo, l’ultimo, al tema della sperimentazione animale, richiamando l’urgenza di una legislazione in merito, al fine di limitare sempre più al minimo, grazie all’utilizzo di tecniche alternative, l’uso di animali da laboratorio e perché gli animali di grossa taglia come primati, cani e gatti siano esclusi del tutto dalle pratiche sperimentali.
Sono vegetariano per motivi etici e non medici. Gli animali vanno rispettati e non uccisi per poi mangiarli. Tutti gli animali. (Umberto Veronesi)
Tra l’altro, Veronesi ritiene che la carne non sia un alimento indispensabile per l’alimentazione umana, sostenendo che una dieta vegetariana aiuti a prevenire l’insorgere di gravi malattie, tra cui il cancro intestinale.
Il nostro organismo, come quello delle scimmie, è programmato proprio per il consumo di frutta, verdura e legumi. Una dieta priva di carne non ci indebolirebbe certamente: pensiamo alla potenza fisica del gorilla. E pensiamo al neonato, che nei primi mesi quadruplica il suo peso nutrendosi solo di latte. Non solo una dieta di frutta e verdura ci farebbe bene, ma servirebbe proprio a tenere lontane le malattie
Umberto Veronesi ha dimostrato di essere un anticonformista fin da adolescente, da quando decise che la sua idea di vita “mal si conciliava con l’integralismo della dottrina cattolica che era stata il fondamento della mia educazione di bambino”.
Non ho potuto non chiedermi, come fece Hannah Arendt prima e Benedetto XVI molti anni dopo, dove fosse Dio nelle sofferenze di Auschwitz.
Anche la sua scelta di sposare Sultana Susy Razon, una pediatra ebrea di origini turche, sopravvissuta ai campi di concentramento ha firmato la sua vita fuori dalle convenzioni.
E anche la volontà di evitare di sottoporsi a un accanimento terapeutico, ha seguito il suo spirito libero, “contadino” e naturalista: è andato via in punta di piedi, salutando la moglie, con filo di voce
Susy, sei così bella…
Cari Lettori, il nostro affettuoso saluto e ringraziamento, al termine di questa passeggiata porta a un testo suggestivo del “Poeta” Roberto Vecchioni che, riteniamo, Umberto Veronesi avrebbe condiviso.
VORREI ESSERE TUA MADRE
Per amarti senza amare prima me
Vorrei essere tua madre
Per vedere anche quello che non c’è
Con la forza di una fede
Per entrare insieme nel poema del silenzio
Dove tu sei tutto quello che sento
Per amarti senza avere una ragione
Tranne quella che sei viva
E seguire il fiume della tua emozione
Stando anche sulla riva
Leggerei il dolore da ogni segno del tuo viso
Anche nell’inganno di un sorriso
Vorrei essere tua madre
Per guardarti senza voglia
Per amarti d’altro amore
E abitare la tua stanza
Senza mai spostare niente
Senza mai fare rumore
Prepararti il pranzo quando torni e non mi guardi
Ma riempire tutti i tuoi ricordi
Ma il problema vero è se ci tieni tu
Ad avermi come madre
Fatalmente non dovrei spiegarti più
Ogni gesto, ogni mia frase
Mi dovresti prendere per quello che io sono
Non dovrei più chiederti perdono
Vorrei essere tua madre anche per questo
E mille e mille altre ragioni
Ti avrei vista molto prima, molto presto
E avrei scritto più canzoni
Forse ti avrei messo in testa qualche dubbio in più
Cosa che non hai mai fatto tu
Forse ti avrei fatto pure piangere di più
Ma non hai scherzato neanche tu
“il Mondo ha bisogno di Scienza, Umanità e Ragione” (Umberto Veronesi)
Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo
Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”
Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto, per la collaborazione