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Nel riconoscimento e nella determinazione dell’assegno divorzile, secondo quanto espresso costantemente dalla Corte di Cassazione, il giudice di merito deve accertare, sulla base delle prove fornite dagli interessati, la situazione economica familiare esistente al momento della cessazione della convivenza matrimoniale, raffrontandola con quella del coniuge richiedente al momento della pronuncia di divorzio, al fine di stabilire se l’ammontare dei redditi e della disponibilità patrimoniale di quest’ultimo sia tale da consentirgli di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.

Solo ove risulti l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a conservare un tenore di vita analogo a quello corrispondente alla situazione economica della famiglia durante il matrimonio e che presumibilmente sarebbe proseguito in caso di continuazione del rapporto matrimoniale, il giudice deve poi procedere alla determinazione in concreto dell’assegno in base alla valutazione dei criteri indicati nello stesso art. 5 della legge sul divorzio (L.n.898/70), ossia, tenendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, del reddito di entrambi, valutandosi tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, come precisato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.24858/08.

La stessa legge sul divorzio prevede la possibilità della revisione dell’assegno. A tal fine il giudice, nel rispetto delle valutazioni espresse al momento dell’attribuzione dell’assegno, deve limitarsi a verificare se e in che misura le circostanze sopravvenute abbiano alterato l’equilibrio in precedenza raggiunto e ad adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale degli interessati. Nella valutazione comparativa delle condizioni economiche degli ex coniugi assume rilievo anche l’incidenza della sopravvenuta svalutazione monetaria, che, come affermato dalla Cassazione con la sentenza n.12317/07, giustifica la revisione dell’ammontare dell’assegno “per un’erogazione di denaro che mantenga inalterato il valore della prestazione, semprechè non sia intervenuto anche un mutamento delle indicate situazioni economiche dei coniugi, che richieda un adeguamento in termini reali della entità della prestazione stessa”.

Bibliografia:

– Commentario del codice di procedura civile. Art. 721-736 bis. Procedimenti in materia di famiglia e stato delle persone, di Vullo Enzo, Zanichelli, 2013

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