Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Alcune professioni e mestieri, un tempo riservati agli uomini, oggi sono “aperti” anche alle donne. Si pone, pertanto, il problema della femminilizzazione del sostantivo indicante la professione o il mestiere.
Come chiameremo, dunque, una donna addetta alla costruzione di opere in muratura? Muratrice? Muratora? “Muraiola”? I vocabolari consultati, cartacei e in rete, tacciono sull’argomento. Solo il Garzanti e lo Zingarelli affrontano il problema.
Il primo lemmatizza sia “muratrice” sia “muratora”; il secondo solo “muratrice”. Chi scrive propende per “muratora”, come pastora, sartora (non ‘sartoressa’, come riportano alcuni vocabolari). Il suffisso “-tore” nella forma femminile può mutare in “-tora” se la “t” è preceduta da una consonante diversa o da una vocale.
Scriveremo (e diremo) correttamente, quindi, che “Giovanna è stata assunta come muratora nel cantiere appena aperto”.
A cura di Fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.