Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Riprendiamo il viaggio — interrotto molto tempo fa — attraverso l’italico idioma alla ricerca di parole polisemiche (che hanno più significati) ma di “origine etimologica” completamente diversa. Il viaggio odierno fa tappa al lessema ratto, aggettivo e sostantivo con differenti significati, appunto.
Quello aggettivale viene dal latino “rapidus” (rapido, veloce): Vidi una ‘nsegna che girando correva tanto ratta**, che d’ogne posa mi parea indegna.** (Inferno, Canto III, versetto 53). Il sostantivo, che significa “rapimento”, è tratto dal participio passato del verbo latino rapere (rapire) raptus. Ricordate il ratto delle sabine? o il ratto di Proserpina?
Infine abbiamo il ratto, comunemente chiamato topo (anche se tra il topo e il ratto c’è una leggera differenza) la cui etimologia, purtroppo, è incerta o sconosciuta (ci sembra interessante, in proposito, segnalare il termine “muridofobia“, vale a dire “paura dei topi”).
Per approfondimenti si veda qui, anche se l’autore non è ritenuto fededegno dai linguisti.
A cura di Fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.