La “collana” sull’Amore che vi proponiamo, prende origine dall’Opera Omnia “Il sofferto bisogno di amare” e si offre come spunto per le brevi riflessioni video del canale YouTube “infinito presente”. Nessuna velleità di apparire come una guida per vivere meglio ma, soltanto, un’occasione per provare a ritrovare la via, incisa in ognuno di noi, che ci ha permesso di sorridere ogni volta che abbiamo incrociato gli occhi di chi ci ha amato veramente.
In questo ventiseiesimo incontro: “I Presupposti dell’incontro, in un Infinito Presente“
In un’altra vita…
“Io racconterò la storia di noi due come un vangelo, Io ti ruberò ogni giorno e ti porterò nel posto più vicino al cielo, Come sopra un avamposto, sull’eternità, sulla vita che sarà E sarà a qualunque costo la mia sola volontà. Io ti costruirò una casa e poi ti servirò come un altare. Io t’insegnerò ad andare come vanno via gli uccelli: più ridosso al mare, a un incendio di capelli, Nell’immensità di quel tempo che sarà E saremo ancora quelli di un’età che non ha età”
Questi versi inziali di una particolare poesia in musica, composta e interpretata dal grande Claudio Baglioni, danno l’opportunità di raccordarci ad una delle domande che più spesso ascolto nel mio lavoro di psicoterapeuta: Quando finisce l’Amore? Quanto dura, in sostanza, una coppia?
I fattori possono essere tanti ma, su tutti, prevale l’interesse che nutre, ciascuno di noi nell’evitare di abbandonarsi alle passive consuetudini di lasciare che tutto scorra senza impegnarsi nel prendersi cura di sé, partendo dalla cura verso l’altro.
Il punto è: come si arriva a poter essere così empatici?
“Io, te e quel nostro bene, tutti e tre ci teniamo insieme. Ora e qui e non basterà così neanche un’altra vita. Io, te e quel nostro bene, tutti e tre che ridiamo insieme. Ora e qui e da sempre siamo stati chissà chi in un’altra vita” (Claudio Baglioni – In un’altra vita)
Cercando una possibile risposta, ho riflettuto su quanto sia crudelmente indifferente Madre Natura, a cominciare da quando, piccolini, ci confrontiamo con l’Immenso mondo (ai nostri occhi) dei genitori.
Ci sono tre possibili modalità di relazionarci con loro e, da questo, saranno gettate le basi per costruire il rapporto fra noi e il mondo (in generale) e con la persona che impareremo ad amare (in particolare) condizionando parecchio, la nostra capacità di amare noi stessi e la realtà che ci circonda (fatta di persone, animali, luoghi e circostanze).
Alla radice c’è una difficoltà che nasce da un paradosso fisiologico: un genitore rappresenta un riferimento quasi assoluto, sul piano affettivo e di confronto maturativo; man mano che passa il tempo, se il suo lavoro è stato condotto positivamente, noi cresceremo più velocemente di lui e finiremo col superarlo.
Inconsapevolmente, però, continueremo a cercare la sua “grandezza” nei momenti di difficoltà e, non trovandola (perché sono mutati i rapporti di “forza”), vivremo sensazioni frustranti simili a quelle che si provano, dopo aver subito un’ingiustizia.
- La prima modalità di relazione. “Consegnarci” al genitore (restando il più possibile nelle sue braccia e affidandoci al suo “pensiero”) e scoprire, nel tempo, di averlo “perso”, non trovando più, chi credevamo tanto più capace di noi. In questo caso, si sarà generata una sorta di “fusione”, pericolosa perché potrebbe determinare una organizzazione di personalità capace di ammiccare l’occhio verso il mondo della psicosi…
- La seconda modalità. Tentare di plasmarci sul genitore identificandoci con lui e condizionando la nostra autonomizzazione per evitare, idealmente, di “perderlo”. Nel tempo, comunque finiremo con il generare conflitti con lui, ritenendolo responsabile dei nostri limiti e accusandolo, alla stregua di un bambino, di non essere abbastanza disponibile (cioè, al nostro completo servizio). In questo caso, avremo una sorta di “simbiosi”, foriera di disturbi borderline di personalità
- La terza modalità. Se le condizioni ambientali lo consentono (genitori preparati per ruolo e competenza, assenza di stress eccessivi capaci di turbare la dinamica familiare, etc.) imparare a non aver paura dell’angoscia del “lutto originario” ( prodotto quando sei costretto ad accettare l’idea di non possedere altri se non, forse, te stesso; spiegata da Paul Claude Racamier come “una traccia ardua, viva e durevole di ciò che si accetta di perdere come prezzo di ogni scoperta”) a favore di un rapporto basato, per lo più, sulla ricerca dell’autonomia. In questo caso, inizierà il cammino verso la scoperta di cosa significa essere “adulti”.
Quale che sia la scelta, inconsapevole, come appare chiaro, molto dipenderà dal condizionamento che avremo dall’osservazione (soprattutto quando siamo piccoli piccoli) di come si comporta il mondo intorno a noi.
Dobbiamo immaginarci come semi che esprimeranno il potenziale teorico della pianta cui appartengono in base al terreno nel quale verranno inseriti e alla cura che se ne avrà (irrigazione, nutrimenti vari, giusta esposizione alla luce, etc.).
In pratica, le informazioni contenute nel nostro DNA, potranno esprimere il carattere di base, in relazione alle giuste attenzioni che riceveremo, le quali agiranno come lo scalpello di uno scultore estraendo dal blocco di marmo, una vera opera d’arte.
Quindi, l’abbraccio del genitore e, soprattutto, il suo grado di maturità, saranno fattori determinanti per aiutarci a intendere il rapporto affettivo (anche con un partner): moltissimo si baserà (e, spesso, non ce ne accorgeremo) anche sul nostro modo di stare in famiglia e (come abbiamo visto a proposito di narcisismo) sulle aspettative sviluppate nei nostri confronti.
MA QUANTO DURA UN AMORE?
“Dobbiamo cercare sempre qualcuno da amare e da cui essere amati, perché una volta spariti l’amore e l’affetto dalla vita, in essa non resta ombra di gioia”. Cicerone (De amicitia, 102)
L’amore (inteso come bisogno di qualcuno che si prenda cura di noi) è innato e continuerà fino all’ultimo nostro respiro.
L’Amore (considerato come piacevole desiderio di prenderci cura di qualcuno come proiezione del bene che generiamo in noi) nasce se, fin da piccoli, ci hanno aiutato a guardare al di là del nostro naso, mediante un meccanismo di attaccamento (con la figura genitoriale) sicuro e non fusionale o simbiotico e dell’apertura al mondo vissuta senza la percezione del pericolo ma come opportunità di sviluppo empatico.
Ogni “incontro” è costituito, esso stesso, di attimi in cui fare incontrare le nostre reciproche emozioni, aspirazioni, attese, speranze. Sostanzialmente, le nostre rispettive personalità che, di per sé, generano, ogni attimo, una quantità infinita di idee che consentono la percezione della vita.
Quando incontri qualcuno, ricorda che è un incontro “sacro”. Come lo vedi, ti vedi, come lo tratti, ti tratti. Come lo pensi, ti pensi. Attraverso di lui o ti perderai o ti ritroverai. (Franco Battiato)
Nel nostro cammino insieme, osserveremo sia la tristezza di un amore che si spegne che la magia dell’incontro con l’altro in un, magnifico, infinito presente
Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”
E allora, arrivederci al prossimo incontro, che avrà per titolo: “Eutanasia di un Amore”
Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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