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Questa è la settima puntata del percorso fatto di ricordi, sensazioni, riflessioni, stati d’animo di chi ha trascorso gran parte della propria vita accanto a un genio ribelle (e incompreso) del mondo della psicoterapiaGiovanni Russo

13 giugno 2023

La scuola di formazione in psicoterapia, a cui Giovanni Russo ha dedicato tutte le sue energie, era per lui come una grande famiglia.

La sede della scuola era stata spostata in una zona di Roma chiamata Infernetto (che naturalmente dell’Inferno dantesco non aveva proprio nulla) situata tra Roma e Ostia. Si erigeva su un terreno di proprietà di Russo che l’aveva fatta edificare senza badare allo spazio, infatti la scuola misurava 360 metri quadri ed era suddivisa in modo molto funzionale: vi erano 4 aule, perché 4 erano gli anni di corso, poi c’era una segreteria, un salone conferenze, 2 bagni, 2 ampi patii e il suo studio per i colloqui di psicoterapia, ampio molto accogliente, con tappeti, quadri, scrivania, il camino e la dormeuse o lettino freudiano come veniva chiamato.

Due porte separavano lo studio dal resto della scuola, con tanto di muri imbottiti di lana di roccia per insonorizzarlo, per la privacy. L’analizzato/a doveva sentirsi a suo agio, certo che nessuno poteva ascoltare il contenuto dei suoi colloqui.

Il terreno tutto intorno era curato e circondato da alberi cosicchè gli allievi durante gli intervalli delle lezioni, se volevano, potevano godere della pace che offriva la natura.

La frequentazione richiesta era un weekend a settimana, dal giovedi al sabato.

Avevamo allievi che arrivavano da Roma, altri da zone limitrofe, altri da più lontano.

Nel corso degli anni tanti furono gli allievi che frequentarono la scuola, ma tra i tanti, uno di loro ha sempre suscitato la mia ammirazione, per la sua costanza, tenacia e passione mantenuta negli anni, si chiamava Giorgio Marchese e veniva da Cosenza percorrendo ogni settimana una distanza di circa 1200 chilometri, fra andata e ritorno, prima come allievo e, da anni, come docente.

Da sempre sono legata a lui da molto affetto e stima.

Per Russo i suoi allievi erano una prosecuzione della sua famiglia, spesso, infatti, agli intervalli del pranzo gli chiedeva: “a chi va di pranzare con me?”

Aveva piacere di averli attorno in modo conviviale, ed a memoria, mai nessuno rifiutò il suo invito.

La nostra abitazione era di fronte alla scuola, e conoscendolo, non mi facevo trovare impreparata, il cibo a tavola non mancava mai per nessuno, qualunque fosse il numero dei commensali.

I ricordi di quei bellissimi anni sono vividi in me e vengono fuori con impeto, come un’onda anomala senza, però, portare danni.

…CONTINUA

Oretta Lanternari – Pedagogista

Adattamento del testo: Mariella Cipparrone

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