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Questa è la quarta puntata del percorso fatto di ricordi, sensazioni, riflessioni, stati d’animo di chi ha trascorso gran parte della propria vita accanto a un genio ribelle (e incompreso) del mondo della psicoterapia: Giovanni Russo

Roma, 24 Febbraio 2023

Un altro aspetto della messa in pratica della teoria, era stimolare i suoi analizzati, (cioè coloro che avevano intrapreso un percorso di training psicoterapico con lui per problemi vari) a riprendere gli studi, per chi li aveva interrotti.

Contemporaneamente li invitava a partecipare alle lezioni della scuola di formazione come uditori. La scuola, in effetti, era solo per medici e psicologi e aveva una durata di quattro anni, con un programma molto articolato, con verifiche. L’uditore si doveva limitare ad ascoltare, senza intervenire nelle dinamiche, perché alla parte teorica seguiva sempre un dibattito molto stimolante anche per l’uditore.

Giovanni Russo era convinto (e la sua esperienza gli dava ragione) che per l’individuo che aveva accumulato problematiche di una certa importanza, affrontate e in parte risolte in analisi, avesse poi bisogno di altro.

Lui diceva sempre, che così come noi nutriamo il corpo indispensabile per la vita, si dovrebbe andare di pari passo col nutrire la mente, attraverso la conoscenza, seguendo lo stesso principio. In base a ciò, entro in ballo io.

Quando ho conosciuto mio marito, io mi ero fermata con gli studi alla seconda media. Potete ben immaginare come mi potessi sentire frustrata, nel constatare la mia ignoranza. Vivere immersa in così tanta cultura mi fece venir voglia di riprendere a studiare. Cosi guidata da mio marito, iniziai ad iscrivermi ad una scuola serale, per prendermi il diploma magistrale.  Ci riuscii con un minimo di punteggio, portandomi dietro carenze linguistiche e sintattiche notevoli. Dopo di ché, iniziai il mio percorso universitario alla facoltà di Pedagogia. Perché pedagogia e non psicologia?

Perché nel mio progetto futuro, non era messo in conto la professione di psicoterapeuta, perché la ritenevo molto impegnativa e di responsabilità.

Fu una fantastica esperienza, anche accompagnata da episodi come quando avevo un esame scritto ed entravo in aula con i miei appunti e il dizionario, mentre i ragazzi (i miei colleghi di università) chiacchieravano animatamente, al mio ingresso però calava il silenzio, e tutti correvano ai loro posti credendomi, (vista la mia età) la professoressa. A quel punto, io li rassicuravo dicendogli che ero una di loro.

Oppure, in virtù del fatto che non mi potevo permettere di frequentare, dopo aver fatto il piano di studi, mi scrivevo le date, sceglievo l’esame da dare, compravo i libri studiavo da sola, e poi mi presentavo senza conoscere il professore.

Passarono un po’ di anni prima che mi riuscissi a laureare, perché dovevo contemporaneamente portare avanti, il ruolo di madre e collaboratrice della scuola.

Ma la passione che mi spingeva a continuare era tale da organizzare il mio impegno di studi, al mattino molto presto, quando tutti dormivano.

Nel programma, c’erano molti esami di filosofia che era la mia passione e non mi costava alcuna fatica studiarli. Tant’è che al momento di scegliere l’argomento della mia tesi, scelsi il filosofo Nietzsche Friedrich Wilhelm ed il titolo fu: “Indagine su una possibile dimensione psicologica delle opere di Nietzsche”.

Come mai scelsi un argomento ed un titolo così impegnativo?

Perché le mie conoscenze di Psicologia unite allo studio del filosofo, me lo avevano fatto collocare come precursore della psicanalisi di Freud.

Così la maggiore conoscenza ha aumentato la mia capacità di comprensione e l’essermi realizzata ed autoaffermata ha aumentato la mia autostima.

Conclusione: aveva ragione Gianni Russo.

…CONTINUA

Oretta Lanternari – Pedagogista

Adattamento del testo: Mariella Cipparrone

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