Pubblicato ne Lo SciacquaLingua
Egregio dottor Raso,
sono un giovane diciassettenne che, innamorato del proprio idioma materno ed appassionato alla linguistica, gode nel leggere le Sue “noterelle sulla lingua italiana”, di cui Le sono gratissimo.
La contatto, spero sinceramente di non recarLe disturbo alcuno, perché ho da parecchio tempo un dubbio linguistico che ho cercato di solvere “con tutto me stesso”, ma che rimane irrisolto siccome nessun dotto, mi pare, non se ne sia mai curato.
Ho pensato, dacché Lei è un grande e stimato esperto in questa materia, che scrivendoLe avrei potuto finalmente ottenere una risposta.
La mia perplessità è quella scritta nel cosiddetto “oggetto della mail”: io so che il plurale delle parole che hanno -io come desinenza può essere la sostituzione della “o” finale con un’altra “i” (come in Latino), il disegnare un accento circonflesso sulla “i” oppure l’obsoleta “j”.
Personalmente preferisco usare la seconda opzione che ho elencata senza un motivo preciso (e in genere non succede nulla), ma spesso capita ch’io utilizzi la desinenza in “doppia i”. Ogni qualvolta che io scrivo “inizii”, “ampii”, o “gelataii”, per fare degli esempii (perdoni il gioco di parole involontario), la mia docente di Italiano attuale, ma anche quelli che ho avuti in passato, mi barra in rosso questi termini perché a detta sua la grafia che uso è un errore.
Ho spesso provato a chiedere “come mai scriver “zii” fosse corretto, ma “cranii” non lo fosse e la risposta è sempre stata un freddo “son parole diverse”.
Non vorrei presumere che la mia professoressa sbagli, ha studiato ed è laureata perciò io non sono in nessuna posizione di poterlo nemmeno pensare, tuttavia non riesco a capire come possa essere sbagliato scrivere “dubbii”.
Spero davvero che Lei possa riuscire a trovare del tempo per rispondermi ed aiutarmi. In attesa di un Suo riscontro, La saluto ossequiosamente
Edoardo N.
(località omessa)
Caro Edoardo,
mi stupisce la risposta dell’insegnante: sono parole diverse. No, non sono parole “diverse”, sono parole che nella forma plurale si scrivono secondo una determinata regola, ma forse è meglio dire consuetudine, ortografica. Vediamola per sommi capi. I sostantivi in “-io”, con la i atona (sulla quale non cade l’accento tonico quando si pronuncia) formano il plurale con una sola “i” (“i”scempia): lo studio/gli studi; l’odio/gli odi; l’olio/gli oli; il vizio/i vizi; l’armadio/gli armadi. Prendono la doppia “i”, invece, i nomi o sostantivi in cui la “i” della desinenza (-io) è tonica, vale a dire sulla quale cade l’accento durante la pronuncia: lo zio/gli zii; l’addio/gli addii. Alla sua docente di lingua italiana consiglierei di ripassare la grammatica italiana.
A cura di Fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.