Pubblicato ne Lo SciacquaLingua
AstroSamantha è tornata a casa: la capsula Crew Dragon Freedom è ammarata nell’Atlantico
Questo titolo di un quotidiano in Rete ci dà lo spunto per mettere in evidenza il fatto che il verbo “ammarare” non è la variante di “ammarrare” (con due “r”) come molti ritengono, anche gente di cultura. Tra i due verbi c’è una notevole differenza semantica (significato). Quanto al titolo, sarebbe stato “piú corretto” se gli addetti alla titolazione avessero adoperato l’ausiliare “avere”: ha ammarato. Ma tant’è. E veniamo ai due verbi che non sono ─ come specificato ─ l’uno variante dell’altro. Quello con una sola “r” (ammarare) significa “scendere e posarsi sull’acqua” (si dice di un aereo, di un idrovolante e di un veicolo spaziale). Gli etimologisti lo fanno derivare dal sostantivo mare, coniato sul modello di atterrare. Ammarrare (con due “r”) sta per “ormeggiare”, “attraccare”. Non è di provenienza italica, ma gallica: ammarrer, a sua volta dall’olandese maren, ‘attaccare’. Ma oggi, sembra, è quasi in disuso.
A cura di Fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.