Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Il plurale di manomorta ─ leggiamo dal Sabatini Coletti in rete, è la «condizione giuridica di privilegio in base alla quale determinati beni, che erano di proprietà di enti perpetui, spec. chiese o conventi, o che godevano di certi privilegi, non erano soggetti a imposte di successione: m. ecclesiastica» ─ secondo i vocabolari consultati (Devoto-Oli, Treccani, Gabrielli, Garzanti, Sabatini Coletti, Zingarelli) è manimorte, prendono, cioè, la desinenza del plurale ambi (sic!) i sostantivi. Il Palazzi e il De Mauro non attestano il plurale, il dizionario Olivetti pluralizza il secondo sostantivo: manomorte. Chi ha ragione? Secondo la logica dovrebbero avere/hanno ragione i vocabolari su menzionati essendo concordi all’unisono.
Chi scrive queste noterelle, invece, dà ragione al dizionario Olivetti, al Palazzi e al De Mauro (questi ultimi non specificando lasciano intendere che il sostantivo in oggetto si pluralizza normalmente: manomorte). Non capiamo, infatti, per quale motivo si devano/debbano pluralizzare entrambi i sostantivi (mano e morte/a) disattendendo la “legge linguistica” secondo la quale i nomi composti di due sostantivi dello stesso genere nella forma plurale mutano solo la desinenza del secondo elemento: cassapanca/cassapanche; manomorta… manomorte.
A nostro avviso il plurale manimorte è errato anche se si considera mano di genere maschile per la terminazione in “-o”. In questo caso il plurale sarebbe “*manimorta” perché i nomi composti di due sostantivi di genere diverso nel plurale mutano la desinenza del primo sostantivo: pescespada/pescispada. Attendiamo la “scomunica”. Manomorte, comunque, fa bella mostra di sé in alcune pubblicazioni
A cura di Fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.