Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Si presti attenzione ai due termini del titolo, non sono uno variante dell’altro, come di primo acchito si è portati a ritenere. Hanno “origini etimologiche” e significati distinti. Il primo (barbería, meglio con la “B maiuscolata”) designa un’area geografica comprendente Algeria, Tunisia, Marocco e prende il nome da “barbero” (o “berbero”), cosí denominato l’abitante “autoctono” delle regioni geografiche su menzionate. Il vocabolo sembra derivi dalla voce araba “al-Barbar” e questa dal greco, con il significato di “barbaro”. Barbiería (con la “i”), tratta non da ‘barba’, ma da “barbiere” (ed ecco il motivo della “i”, con il suffisso “-ería” con il quale si formano sostantivi femminili astratti per designare attività commerciali e luoghi dove si esercita un mestiere) indica, invece, la bottega del barbiere. Il vocabolo, però, è poco adoperato.
A cura di Fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.