Cosenza 19/12/2001
Carissimo Avvocato Marchese, come concordato nella sua recente visita in carcere, le mando qualche notizia biografica.
Il mio nome è Antonio Vincenzo Simonetti, Sono nato a Francavilla Angitola (VV) il 10/05/1949.
Sono, anzi, ero un medico del lavoro, dirigevo, infatti, la Medicina del Lavoro della A. S. di Vibo Valentia. Questa mia nuova vita è cominciata il 30/06/1997 quando ho distrutto tutto. La madre di mia figlia, sopprimendola, i miei figli, i miei familiari e me stesso.
Potrei addurre diecimila motivazioni, ma, oggi più che mai, sono convinto che nessuno possa arrogarsi il diritto di togliere la vita a chicchessia.
Certo, non posso cambiare la storia, ma dovrò fare i conti con la mia coscienza fino a quando non esalerò l’ultimo respiro. Certo, bisogna riuscire a perdonarsi, quindi chiederlo agli altri. Ma, mi creda, non con le parole, ma agendo altrimenti tutto si risolverebbe in una manifestazione verbale.
Ma torniamo al tema, questa vita, questa vita da recluso.
Fino al Febbraio 2000, sono stato agli arresti domiciliari, quindi, con la sentenza passata in giudicato, tradotto alle carceri di Cosenza. Qui, pur in carenza di strutture, ho trovato molta umanità fra i miei compagni detenuti e, nel rispetto dei ruoli, da parte e della polizia penitenziaria e della direzione e degli educatori.
Non amo molto uscire all’aria e trascorro il mio tempo scrivendo. Proprio questa mia passione per lo scrivere, ha dato il via alla attività teatrale di noi carcerati. Con una felice intuizione degli educatori, visto il primo copione che avevo scritto, abbiamo portato in scena ” Il Processo del Nazareno”.
A detta di tutti è stato un successo.
Bontà loro. IL secondo copione che ho scritto è stato : Sogno?..Chissà!
Questa opera ha partecipato al premio “Emilio Argiroffi”, lo scorso settembre, ed ha vinto il primo premio. Io amo definirlo la mia ennesima dichiarazione d’amore a questa nostra terra di Calabria. L’abbiamo portata in scena il 14 Novembre. Non mi dilungo sul :”Natale a casa di Massaro Rocco…” poiché l’ha vista lei stesso.
Ho scritto anche altro, ma non per il teatro, in questo mio periodo di detenzione.
Versi, (scusi la presunzione), alcuni dei quali le allego, ed un epistolario dedicato al mio migliore amico, che non è più. Il suo nome era Antonio, è caduto, nel Novembre 1971, alla Meloria, assieme ai commilitoni, vittima del dovere. Era un Parà della Folgore.
Ho voluto ricordarlo ora che sono passati trent’anni.
Ma ritorniamo alla compagnia teatrale; Lei ha la locandina che spiega, seppur sinteticamente la ragion d’essere della nostra compagnia. Vogliamo riscoprire, tanto qui il tempo non ci manca, cosa vuol dire amicizia, tolleranza, fede, comprensione, speranza. Qui fra queste pareti, la tristezza, mi creda, non manca;
dobbiamo, inoltre, difenderci dalla disperazione, e con la nostra attività riusciamo a rendere più vivibile la detenzione. Mi perdoni se mi sono dilungato e voglia accettare i miei più cordiali saluti.
Antonio Vincenzo Simonetti