Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Speriamo di non essere colpiti dagli strali dei così detti linguisti d’assalto. L’argomento, diciamolo subito, si presta perché intendiamo parlare dell’uso “corretto” del verbo quotare. Questo verbo denominale, dunque, propriamente significa “stabilire una quota che ciascuno deve dare”, “assegnare un prezzo” e simili.
Alcuni (tutti?), invece, gli danno un significato che, a nostro modesto avviso, non ha: apprezzare, stimare, giudicare e simili.
I critici d’arte, infatti, scrivono, per esempio, che “quel pittore è molto quotato”, i critici musicali, da parte loro, affermano che quel tal “cantante è assai quotato”.
La domanda, a questo punto, viene spontanea, come usa dire: il pittore e il cantante costano molto?
Bando agli scherzi, è chiaro che entrambi i critici intendevano dire che il pittore e il cantante sono molto apprezzati, stimati, tenuti in gran conto e simili. Perché, allora, non adoperare questi verbi che fanno alla bisogna, secondo i casi, e usare “quotare” solo nel significato proprio?
di Fausto Raso (26 novembre 2013)
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.