Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Avete mai provato a vedere quante volte, nel parlare e nello scrivere, adoperate termini latini o di provenienza latina senza che ve ne accorgiate?
Provate a farlo da oggi e vedrete, con stupore, che anche coloro che non “sanno di latino” adoperano con la massima disinvoltura i cosí detti latinismi che – come si sa – sono quelle parole o locuzioni o costrutti ripresi direttamente dal latino ed entrati a pieno titolo nella nostra lingua. Insomma – come recita il titolo di un libro di Cesare Marchi – siamo tutti latinisti.
Chi consciamente, chi inconsciamente.
Vogliamo una “prova provata”? Basta sfogliare un libro di poesie, per averla.
In questo campo, infatti, i latinismi la fanno da padroni.
Vediamone qualcuno a mo’ d’esempio: colubro, da coluber (serpente); imago (immagine); simulacro, da simulacrunm (statua, immagine); aere, da aer (aria), e qui è doveroso aprire una parentesi per ricordare che tutti i sostantivi composti con “aer” non prendono la “e” dopo la “r”: aeroporto, (non aereoporto); aerazione; aeratore; aerofobia; aeromanzia ; aeronautica e via dicendo.
Adesso vediamo, invece, le parole e le locuzioni passate direttamente in italiano nella loro forma originaria (il latino classico) o attraverso il latino medievale e che – come dicevamo – adoperiamo tutti i giorni senza, probabilmente, rendercene conto. Sono moltissime anche in questo caso, citiamo quelle che – a nostro avviso
sono le piú comuni.
Cominciamo con “ad libitum”, che significa “a piacere, a volontà”: prendine ad libitum; “ad honorem”, a titolo d’onore; “mea culpa”; “pro memoria”; “ad personam”; “coram populo” (in pubblico, di fronte a tutti); “ex aequo” (alla pari); “more solito” (secondo il costume, l’usanza); “brevi manu” (a mano); “pro domo sua” (per il proprio tornaconto); “sub iudice” (in attesa di giudizio). E qui apriamo un’altra parentesi: si scrive con la “i” normale, non con la “j”. Ancora. “In toto” (in tutto e per tutto); “inter nos” (in confidenza, tra noi); “sui generis” (particolare); “factotum” (chi fa tutto); “post scriptum” (in calce); “status quo” e “statu quo” (“la condizione preesistente”); “alter ego” (un sostituto, un altro “me stesso”). Potremmo continuare ancora nell’elenco, ma non vogliamo tediarvi oltre misura.
A cura di Fausto Raso (4 settembre 2015)
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.