Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Tra i nostri lettori ci sarà qualcuno appartenente alla cosí detta terza età – persona, cioè, meritatamente a riposo dopo una vita spesa al servizio della società – che nel corso della sua vita lavorativa ha ricevuto la rosa d’oro, vale a dire un altissimo e raro riconoscimento. A costui vadano le nostre sentite congratulazioni nel mentre cerchiamo di spiegare l’origine dell’alto apprezzamento. Prima, però, ci corre l’obbligo di chiarire che la locuzione “ricevere la rosa d’oro” è pressoché sconosciuta e, quindi, poco adoperata. La rosa d’oro, dunque, era un dono rituale che veniva tradizionalmente offerto dal Sommo Pontefice – a cominciare dall’anno Mille – come segno tangibile di riconoscenza a sovrani o ad altissimi dignitari che si erano particolarmente distinti – con atti concreti – nei confronti della Chiesa. Il “riconoscimento papale” consisteva in un cespo di pietre preziose e rose d’oro. Prima di essere consegnato veniva benedetto dallo stesso Pontefice la quarta domenica di Quaresima (chiamata, per questo, “domenica delle rose”, ndr). Per la cronaca ricordiamo che l’ultima rosa d’oro venne offerta alla regina Elena, nel 1937, da Pio XI. Con il trascorrere del tempo, per tanto, l’espressione “ricevere la rosa d’oro” ha assunto – metaforicamente – il significato di “alto e raro riconoscimento”, anche se non ha “attecchito” linguisticamente.
A cura di fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.