“Dio mio, non ho quasi mai creduto in te, ma ti ho sempre amato…”
Cari Lettori, una volta superato il crinale che segna la linea di demarcazione fra la gioventù e la (relativa) maturità, abbiamo smesso di osservare il Cielo cercando la Stella di riferimento e ci siamo ritrovati a non sapere dove guardare nelle notti senza Luna.
Abbiamo imparato che, gli uomini, sono come il Mare (dal quale, in fondo, deriviamo tutti): un azzurro capovolto che riflette il Cielo; sognano di volare… ma non è vero.
Da quando abbiamo memoria scritta, l’umanità ha dovuto affrontare catastrofi naturali di enorme portata. Un numero altissimo di morti e la vita delle varie comunità devastata.
Così è stato pure per le malattie che hanno procurato migliaia e migliaia di decessi.
In tanto dolore e sofferenza é sempre stata presente la pietas di chi restava. I vivi si univano per essere di aiuto e, con la propria solidarietà, si impegnavano a rendere meno dura la sofferenza di tutti.
Ai nostri giorni, nonostante il progresso tecnico, in tanti paesi del mondo, gli aiuti, in caso di terremoto, restano ancora inadeguati. I media ci hanno “inalato”, in questi giorni, la gravità della situazione, nonostante la professionalità dei soccorsi di vari Paesi, in primis l’Italia coi suoi mirabili Vigili del Fuoco.
L’ultimo terremoto, ha colpito Stati come la Siria, angustiati da guerre e lotte tremende.
Dinanzi agli effetti catastrofici gli odi non si sono fermati, anzi la crudeltà si è materializzata in comportamenti criminosi tendenti ad impedire il lavoro stesso dei soccorsi.
Davanti a ciò, un bambino che guarda la TV, che cosa deve pensare? Che diranno i genitori a proposito?
Di solito ognuno sta solo col proprio canale preferito che neanche viene seguito con attenzione perché, col cellulare, si segue (per modo di dire) l’universo mondo.
Ma i ragazzi più sensibili (per motivi vari che non è qui il caso di esaminare) si chiederanno quale sia l’incerto futuro che li attende…
La violenza è tale e tanta che l’orizzonte sembra nero, che più nero non si può.
Cari Lettori, di fronte ai tristissimi scenari nei quali gli animali muoiono nel tentativo di salvare eventuali superstiti fra le macerie mentre, gli umani continuano, nel medesimo scenario, a combattersi da nemici, ecco diventa lecito più di un dubbio sulla cosiddetta giustizia divina…
Ecco, sono questi i momenti nei quali ci sovvengono i ricordi dell’Oratorio, quando venivamo invitati a rivolgere il nostro cuore direttamente al “Creatore di tutte le cose”…
E noi, oggi, con la spontaneità dei bambini che fummo, vorremmo riprendere un discorso mai veramente interrotto del tutto…
Caro Dio, se è vero che siamo pulviscolo che si nobilita e si disfa per riattivare, come lievito madre, nuovi fermenti… è difficile accettare che la vita sia solo dolore, anche se la sofferenza è fondamentale per dar vita a qualsiasi movimento come risultato della risoluzione di una crisi interiore.
Aristarco è stato il primo a capire che siamo semplicemente abitanti “ordinari” dell’Universo e non, come si era voluto immaginare fino ad allora (300 anni prima che mandassi tuo figlio Gesù), esseri speciali convinti dal fatto di vivere al centro di tutto.
Forse, o Signore, noi ti serviamo per dare origine a una storia di cui, tu, hai costruito la scenografia, assegnato le parti e stabilito le regole… ma di cui non hai chiaro il finale.
Beh, a questo proposito, volevamo dirti che la vita è di più: è sorpresa, è invenzione, è fantasia.
Se non avessi visto il sole, avrei sopportato l’ombra. Ma la luce, ha reso il mio deserto ancora più selvaggio. (Emily Dickinson)
Come non molti, abbiamo avuto il coraggio di andare oltre gli ambiti suggeriti dal comune buonsenso e siamo saliti sul treno delle opportunità costringendolo, così credevamo, a fermarsi alla nostra stazione. Spesso, paradossalmente, triste perché la vita ci ha mostrato qualcosa che, se volessimo spiegarla, non riusciremmo a trasformare le idee in parole chiare e comprensibili.
Caro Dio, perché il Dolore è quella voragine in cui aleggiano strappi di sogni infranti?
Dicono che tu sia in grado di parlarci attraverso l’ascolto e l’osservazione delle Leggi di Natura. E noi ci proviamo, Signore, col timore di trovarci nella stessa condizione dei pesci rossi che, all’interno di una vasca con le pareti curve, finiscono con l’avere una visione distorta della realtà.
E in effetti, Signore, come facciamo, noi umani, ad escludere dispercezioni legate alla presenza di una sorta di enorme lente che potrebbe essere, che so, il limite della materia di fronte all’antimateria o alla materia oscura?
Ad ogni modo, ci è stato insegnato che, essendo a tua immagine e somiglianza siamo, in un certo qual modo, costituiti della stesa materia di cui sono fatti i sogni.
E allora, Signore, chiudiamo gli occhi e cerchiamo, in noi, la matrice profonda del tuo messaggio.
“Tu non sei il solo al Mondo in questa ricerca per cui, non t’affliggere, figliolo, se non hai risposto alla domanda che ti è stata fatta quando non ascoltavi. Ama gli uomini, e saprai capirli. Abbi ancora pazienza: osserva, ascolta. E cerca”.
Gli Uomini, Signore?
Quella, continua, attesa e disperata rabbia di copiare il Cielo, con la dannata voglia di rompere qualunque cosa che non sia di loro possesso?
“Come fiori schiacciati in una pagina del libro dell’Universo. E se ci avessi dimenticati così?”
Caro Creatore dell’Universo, l’orgoglio di un Padre, in fondo, è una forma di egoismo, una specie di narcisismo. Per esperienza (anche tramandata) sappiamo che si è felici per gli obiettivi che raggiunge un figlio, perchè sono il risultato di insegnamenti, principi, regole, dispensate per una vita.
E, a questo punto, scusa ma ho bisogno di chiederti: in fondo in fondo, tu cosa hai fatto per noi? Non hai mai detto direttamente (tranne ad uno, un certo Mosè, ammesso che sia vero…) ciò che pensavi fosse giusto o che non lo fosse.
Non abbiamo mai avuto la certezza che tu ci abbia mai trasferito la tua visione della vita.
E, per tornare a noi, non abbiamo mai percepito neanche l’ombra di un abbraccio quando sentivamo di averne bisogno… eppure, dovresti saperlo, noi umani non preghiamo per ottenere qualcosa di impossibile (perché lo sappiamo che l’Universo non si può stravolgere per farci piacere!) ma per essere, semplicemente, ascoltati…
Ci hai insegnato che la Vita, quella che chiamiamo Vita, è l’intervallo fra un amore infranto e riunito; o riunito e infranto.
E, il ricordo, diventa la Pena.
Bene, forse non ti sei reso conto che ci hai messo nella condizione di quei bambini che, di sera, aspettano con tristezza il momento che qualcuno vada a spegner loro la luce o di quegli uccelli che, dopo lo sparo, sono in grado di contare, con consapevole angoscia, il tempo che gli resta da vivere…
Qualcuno potrebbe accusarci di blasfemia ma, tu, sai bene che, questo, significa usare le parole come conseguenza delle idee.
La Natura è un continuo divenire e nessun aratro si ferma, per un uomo che muore.
Nel mentre, l’uomo che hai voluto tu, parla di tutto… e parla di tutto come se la conoscenza di tutto, consistesse, tutta, in lui.
Mah, meno male che tutto è come i fiumi: opera dei declivi.
Tu che hai fatto il cielo e i milioni di stelle non è che, per caso, hai creato tutto ciò solo come sfoggio della tua potenza e della tua esistenza? No, perché, vedi, in questo caso ti risponderemmo che, il problema, non è che tu ci sia o meno: il problema è sapere da quale parte stai, quando lasci che avvenga ciò che di più brutto possa cadere sotto la nostra attenzione.
Perché, se la tua filosofia (come noi crediamo) è quella di rimanere indifferente (forse per non determinare favoritismi) allora, per favore, che non ci si venga a dire che, quando la nostra vita non sarà più la nostra, noi saremo “persi” nella tua luce sublime, per ringraziarti, francamente, non so di cosa o perché!
Caro Dio, come ha scritto Ungaretti, abbiamo la consistenza lieve delle foglie e ci teniamo per mano “la notte” per non morire da soli, quando il vento dell’autunno ci investe.
Ecco, se proprio dobbiamo dirtelo, ci piacerebbe che tu trascorressi le tue serate a massaggiare le spalle di noi umani, indolenzite sotto il peso del mondo.
Quel Mondo che, non dimentichiamolo, hai voluto tu. E, già che ci siamo, vorremmo tanto (da bimbi soli, quali siamo stati) che tu allietassi il tempo dell’abbandono perché, come sai, “Lontano vuol dire che, domani non torno. Lontano vuol dire, sempre un altro giorno…”
La terra trema, come tu certamente saprai, è un film neorealistico del 1948 nel quale, Luchino Visconti ha descritto la breve, effimera parabola di chi si oppone all’andamento delle cose, lì, dove l’ingiustizia trionfa. Ed è da lì, che nasce, come Giovanni Verga insegna, la voglia di inginocchiarsi, per essere travolto, più velocemente, dall’onda di quel mare che, con la risacca, ripiana e riparte. Come una sorta di reset.
Faccio a pugni con te, poi ti vengo a cercare… e chiedimi perdono per come sono, perché, è così che mi hai voluto tu! (Francesco de Gregori – Ti leggo nel pensiero)
Ma noi, caro Dio, cresciuti all’ombra del vecchio West e dei suoi valori, troviamo normale vender cara la pelle e ti salutiamo affettuosamente. Però, non prima di un’ultima considerazione: Abbiamo mai litigato, francamente, con te? Mai, forse; ma è altrettanto vero che non ci siamo presi per mano. O, forse, si. Però, sempre meno di quanto ne avremmo avuto bisogno.
Chi ci aiuta in tale, profondo, sconforto?
Ancora una volta, la letteratura.
Ad esempio prendiamo il romanzo “La strada”, di Comac McCarthy: un padre e un figlio, reduci di un’apocalisse, camminano in cerca di una meta più sperata che, effettivamente “cercata”….
Nella notte più fonda, comincia a prendere la scena una esigua luce che sarà sempre più grande, man mano che i sopravvissuti crederanno nella necessità di una profonda e solidale catena d’unione.
Il Mondo, sarà salvato dai ragazzini?
Probabilmente, sì. Dobbiamo sperare e credere di sì, anche perché, loro, hanno un occhio “primigenio” e notano aspetti che a noi, ormai, sfuggono.
Esemplare su questa tematica è “Il Piccolo Principe” di Antoine di Saint- Exupery.
Gli occhi, i nostri occhi, vedono il banale ma non riescono ad andare al cuore delle cose.
Non si vede bene che con il cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi.
Con questa vista “lunga”, si individua la profonda differenza tra avere ed essere. La volpe insegna al Piccolo Principe che nella vita ciò che è materiale non ha importanza perché, basilari, sono l’amicizia e l’onore.
Dopo millenni di storia umana i valori che contano e che “salvano” sono ancora gli stessi, Amicizia e Onore: una parentela di Cervello e di Cuore
L’amicizia è un legame profondo tra un “io” e un “tu” che sviluppa una energia vitale e sociale che favorisce palpiti e sentimenti ricaricanti.
L’onore è essere sé stessi e restar fedeli ai valori fondanti della vita e della dignità, costi quel che costi.
Caro Dio, ci hai fornito tutto ciò che serve per muoversi nei meandri più scuri della nostra coscienza ma, al tempo stesso, hai lasciato a noi l’onere della scoperta e della consapevolizzazione…
Difficilmente, la tua, è stata una scelta sadica. Probabilmente l’indicazione che hai voluto fornire vuole che i più capaci aiutino quelli che non sanno “vedere” la profondità della Verità…
Sarà come sarà, noi vorremmo accomiatarci rivolgendoti il cuore di un altro bimbo che fu: un sensibile maestro di raffinata cultura che, rispettosamente, i più intimi hanno sempre chiamato (alla Napoletana) ‘on Peppino (al secolo, Giuseppe Chiaia):
“Eppure, si vive nella speranza di un cambiamento radicale che possa far rivivere un nuovo Rinascimento, nonostante il ripetersi amorfo delle stagioni e la selvaggia cementificazione delle città, i cui grotteschi e biechi palazzi riescono a nasconderci anche le notti stellate, né la rana concilia i nostri sonni col suo ritmato gracidio, perché anche il fiume trasporta stanche acque morte. Ma se la speranza ” fugge i sepolcri” – come canta il Foscolo – pur tuttavia essa ci appartiene come la primavera che ritorna dopo l’effimera notte dell’inverno; e la storia dell’umanità ci insegna che, quantunque sommersi dal buio della violenza, pur tuttavia verrà la tenue ginestra a colorare e far rivivere i fianchi del Vulcano, speranza di vita dell’ultimo Leopardi, o come ci conforta la saggezza popolare del grande Eduardo con la chiosa finale di una sua commedia …a da passà ‘a nuttata “.
Cari Lettori, il nostro intento (e la nostra speranza) è che, questo sofferto (per noi) editoriale, sia stato da voi vissuto non come un atto di disattenzione nei vostri confronti ma come un momento di trasporto collettivo per una emotiva catena di unione perché, in verità, non si prega per essere esauditi quanto, piuttosto, per essere ascoltati e, soprattutto, riconosciuti per ciò che siamo: il fuoco della Speranza.
Partendo dalla suggestiva immagine di copertina che lascia all’immaginazione la possibilità di un imminente evento eruttivo catastrofico o la quiete dopo la tempesta, ci permettiamo di ringraziarvi del gradimento che ci testimoniate settimanalmente con una bellissima poesia in musica “per potere, la sera, chiudere gli occhi con semplicità”.
Le rondini
Vorrei entrare dentro i fili di una radio e volare sopra i tetti delle città
Incontrare le espressioni dialettali, mescolarmi con l’odore dei caffè
Fermarmi sul naso dei vecchi mentre leggono i giornali
E con la polvere dei sogni volare e volare al fresco delle stelle, anche più in là
Sogni, tu sogni nel mare dei sogni
Vorrei girare il cielo come le rondini e ogni tanto fermarmi qua e là
Aver il nido sotto i tetti al fresco dei portici
E, come loro, quando è la sera chiudere gli occhi con semplicità
Vorrei seguire ogni battito del mio cuore per capire cosa succede dentro e cos’è che lo muove, da dove viene ogni tanto questo strano dolore
Vorrei capire insomma che cos’è l’amore, dov’è che si prende, dov’è che si dà
Ti ho conosciuto, dolore, in una notte di inverno; una di quelle notti che assomigliano a un giorno. Ma, in mezzo alle stelle invisibili e spente, io sono un uomo e, tu, non sei un cazzo di niente! (Roberto Vecchioni)
Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo
Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”
Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto per la collaborazione offerta
Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
Pagina personale
Canale youtube:
Come sempre profondi, avete toccato un tema terribile, che da sempre suscita interrogativi purtroppo senza risposta. Siamo nati per vagare nelle tenebre. L’unico sole possibile è la complicità nei confronti del genere umano, di cui siamo parte, Dalla condivisione di questo sentimento possono scaturire amore, solidarietà e una ragione nobile di vita. Che si creda in Dio oppure no.
Grazie per le tue preziose riflessioni Elena