I legami fra una persona e noi esistono solamente nel pensiero. La memoria, nell’affievolirsi, li allenta; e, nonostante l’illusione di cui vorremmo essere le vittime e con la quale, per amore, per amicizia, per cortesia, per rispetto umano, per dovere, inganniamo gli altri, noi viviamo soli. L’uomo è l’essere che non può uscire da sé, che non conosce gli altri se non in sé medesimo e che, se dice il contrario, mente. (Marcel Proust)
Cari Lettori, ci siamo appena lasciati alle spalle (ma, si spera, non nel cuore né, tanto meno nel cervello) la ricorrenza del giorno della Memoria e ci affacciamo sul palco di San Valentino.
Nulla di meglio, in questo orizzonte temporale, che affrontare un tema controverso che, molti, hanno sempre ritenuto un aspetto di sottomissione: il Rispetto!
Collegandolo, ovviamente, ai colori dell’Amore
Riteniamo, infatti che, se gli esseri umani riuscissero a “respirare” questo termine fondamentale, le dinamiche fra i popoli, quelle interpersonali in genere e quelle interiori, sarebbero meno conflittuali e più inclini all’accoglienza empatica.
Cominciamo subito. Che cosa significa la parola rispetto?
Il legame che unisce la tua vera famiglia non è quello del sangue, ma quello del rispetto e della gioia per le reciproche vite. Di rado gli appartenenti ad una famiglia crescono sotto lo stesso tetto. (RICHARD BACH)
Volendo andare indietro nel tempo, possiamo renderci conto del fatto che, gli Antichi Romani, hanno unito la particella “Re” (che vuol dire, “nuovamente”) e “Spicere” (che significa, “guardare”) con l’intenzione, attraverso il neologismo (di allora) “Respìcere”, di ammonire i superficiali che pretendevano di esprimere giudizi su qualcosa o qualcuno, a prestare la dovuta attenzione, prima di trarre conclusioni affrettate.
A distanza di tanto tempo, con questo termine, la lingua Italiana intende un sentimento di riguardo e considerazione nei confronti di persona ritenuta degna.
Cari Lettori, per essere degni di rispetto, bisogna essere persone normali e per bene, non è necessario eccellere in qualche campo: basta non essere maleducati e opprimenti.
Una questione di carattere, quindi?
Si, anche se non dobbiamo dimenticare che l’organizzazione e il funzionamento della nostra personalità, sono germogli potenziali contenuti all’interno di un seme che va curato per come Madre natura richiederebbe.
In che senso?
Come è intuibile, i genitori (o chi ne fa le veci) hanno il compito di trasmettere al bambino (fin da quando è piccolissimo) la percezione di essere accettato e amato “incondizionatamente” ma, contestualmente (man mano che cresce), anche il principio delle regole, in maniera che capisca la necessità di oscillare (nei suoi pensieri e nei suoi comportamenti) fra la voglia di appagare i propri desideri e il senso di responsabilità nel giusto condursi all’interno del rapporto con sé stesso e di quello con gli altri.
In fondo, queste sono le basi del rispetto.
A questo punto, una interessante domanda si “accende” nella nostra mente: “Quindi, rispetto e stima non sono la stessa cosa?”
La stima, il rispetto, l’educazione, l’amicizia, l’altruismo sono valori che intrecciano la stessa catena… una catena che dovrebbe sostenere e fortificare il mondo e le sue fondamenta. Ma non è così. Purtroppo puntualmente ogni giorno viene consumata dall’acido della cattiveria, dall’ignoranza ed dall’egoismo, per poi fondersi sulle rovine di chi sa amare solo se stesso. (RAFFAELLA FRESE)
É necessario, proprio in ossequio alle indicazioni riportate nei moderni dizionari, che questi due termini (Rispetto e Stima) vadano considerati in maniera diversa.
Noi abbiamo l’obbligo di imparare a rispettare chiunque ma, la stessa cosa, non vale per la stima che, invece, bisogna conquistarla in base a degli indici di positività e costruttività che tengono conto sia di principi morali che etici: la stima, infatti, (fornendo la base dell’autostima corretta) consente di dare un valore ad una persona, dal momento che risulta da una valutazione delle qualità percepite in maniera corretta, utili per sé e non dannose per gli altri. In sostanza, una considerazione positiva generale che un essere umano può avere di chi se lo merita, ovviamente.
Nessun uomo impegnato a fare una cosa molto difficile (e a farla molto bene), perde mai il rispetto di sé stesso. (George Bernard Shaw)
Cari Lettori, concediamoci una apparente “divagazione”: quali sono (se ci sono) gli indici di stimabilità di un individuo?
È necessaria una importanza premessa: la stima, intesa proprio come “valore” che diamo alla nostra persona, si determina attraverso un passaggio elementare ma fondamentale: quello del “rispecchiamento”. Praticamente, lo sguardo della madre che (in momenti importanti come, ad esempio, quello dell’allattamento) si sintonizza con quello (un po’ perso) del proprio bambino e gli trasmette, come per magia, tutto il contenuto emotivo del proprio essere stata bambina e, partendo dal piace che ne è derivato, fa “sentire” il pargolo, l’elemento più importante al mondo.
Proprio in funzione di ciò, chi ha avuto la “fortuna” di ottenere questo “incrocio di sguardi”, si sentirà portatore di valori importanti, per cui avvertirà la necessità di essere disponibile, ad esempio a:
- applicarsi con serietà ad un impegno di cui ci si è assunti la responsabilità;
- superare i propri limiti personali (in termini caratteriali, di abitudini, di apprendimento, etc.), per andare “oltre” senza propugnare ostentazione;
- rendersi conto (in termini di realtà e in assenza di autoesaltazione) della validità che il proprio operato rappresenta all’interno del contesto di relazioni in cui ci si trova a vivere e ad operare;
In conclusione, migliorare sé stessi, con costanza e perseveranza.
Questo, ovviamente, non può non tenere conto di come una persona è stata messa in condizione di esprimere al meglio i potenziali di cui dispone, a proposito di:
- Identità
- Uso di difese psicologiche o mature
- Stato dell’esame di realtà, senza distorsioni percettive
- Qualità delle relazioni oggettuali (interpersonali)
- Qualità dell’aggressività
- Valori morali
- Modalità di adattamento
Infine, non può essere trascurato, sempre in termini di apprezzamento e stimabilità, quello che si chiama “Valutazione Globale del Funzionamento”, nel settore del Lavoro, degli Affetti e della cura di sé.
Quindi cari Lettori, se una persona produce qualcosa di buono è stimabile ma, a prescindere da quello che fa nella vita, è da rispettare. Almeno fin quando il suo comportamento non ci danneggia, in qualche modo.
Un uomo è rispettabile solo in quanto porta rispetto. (Ralph Waldo Emerson)
A questo punto, è doveroso aggiungere che il rispetto, però, dovrebbe essere biunivoco.
Due persone che si incontrano, si dovrebbero rispettare vicendevolmente. Infatti, il termine rispetto, sul vocabolario etimologico della lingua italiana, deriva (come abbiamo già visto) dal Latino e significa, “aver considerazione di sé stessi (prima) e degli altri (subito dopo)”.
Questo rientra in un concetto di egoismo positivo (che è parente stretto dell’altruismo), perché molte volte noi impariamo ad osservare delle regole che governano il rapporto con gli altri ma, altrettanto spesso, ci dimentichiamo della nostra persona. Ad esempio, il termine dignità, connota nobiltà d’animo, che induce a rifuggire da ogni bassezza per riuscire a darsi un valore.
E grazie a questo valore (che sarebbe auspicabile riuscire a riconoscere anche nelle azioni altrui), che accettiamo l’idea di porre attenzione e rispetto anche nei confronti di chi appare come un essere insignificante ma che, ad un’osservazione più approfondita, scopriamo, magari, essere un eroe (piccolo o grande) in quella guerra quotidiana che combattiamo per evitare di smarrire il bandolo della motivazione esistenziale.
Nella comunicazione umana, quando nasce il rispetto?
Il dialogo nasce da un atteggiamento di rispetto verso un’altra persona, dalla convinzione che l’altro abbia qualcosa di buono da dire; presuppone fare spazio, nel nostro cuore al suo punto di vista, alla sua opinione e alle sue proposte. Dialogare significa un’accoglienza cordiale e non una condanna preventiva. Per dialogare, bisogna sapere abbassare le difese, aprire le porte di casa e offrire calore umano. (PAPA FRANCESCO)
In virtù di quanto esposto prima, nel momento che osserviamo i nostri caregiver fondamentali (i genitori e chiunque si sia preso cura di noi in maniera continuativa e significativa) e li imitiamo soprattutto, sentendoci rispettati. Per cui, l’auspicio è quello di ritrovarci, da piccoli, in un ambiente favorente in tal senso. Ovviamente, ci sarà da percorrere il cammino di crescita dal narcisismo iniziale che, se da una parte ci fa sentire importanti, dall’altra porta a considerarci “più” importanti degli altri
Tornando alla domanda iniziale, possiamo affermare che:
per quanto riguarda il rapporto con noi stessi, il rispetto, nasce con noi, lo perdiamo a seguito di condizionamenti autolesionistici e possiamo recuperarlo, attraverso un percorso di “ricrescita” personale;
nel rapporto con gli altri, il rispetto si appalesa, quando raggiungiamo uno stadio maturo che ci aiuta ad uscire dalla base egocentrica narcisistica (in base a cui, siamo convinti di essere al centro del Mondo) e ci faccia capire che, avendo bisogno di chi ci sta intorno, non possiamo calpestarlo o usarlo senza riguardi!
Infatti, noi esistiamo in quanto altri, con noi e prima di noi, hanno contribuito a creare le condizioni più idonee.
Come si sviluppa il rispetto?
In un certo qual modo, abbiamo già risposto prima. Il rispetto, si sviluppa attraverso corretti principi (acquisiti con l’Apprendimento mediante, soprattutto, buoni esempi di vita) per cui, più si impara a diventare egoisti in maniera positiva e non prevaricante (in grado di cogliere opportunità senza diventare opportunisti), più (e meglio) si rispetta se stessi e gli altri.
Quanti tipi di rispetto esistono?
Fondamentalmente uno che presenta, però, tre sfaccettature in grado di inquadrare i momenti diversi della comunicazione: il rispetto verso sé stessi, il rispetto verso un altro individuo e il rispetto nei confronti della collettività.
All’interno di questo trittico, si configurano tutte le possibili forme di relazione: famiglia, amicizia, lavoro, etc.
Che ruolo occupa il rispetto, nello sviluppo della personalità?
Dal momento che “rispettare” significa trovarsi in diretto rapporto con la logica ( e con tutto il potenziale geneticamente innato), con i buoni elaborati di pensiero e un idoneo funzionamento dell’IO (che prevede la mediazione fra ciò che si vuole e la valutazione in termini di fattibilità, nel rispetto delle “Leggi”): a queste condizioni saremo in grado di seguire una strada corretta come se fosse un filo di Arianna, (quello che si stende quando si entra in un labirinto e offre una guida sicura per potersi muovere).
Il corretto rispetto di sé, comporta, per forza la necessità di cercare le migliori forme di adattamento con gli altri, senza vincitori né vinti. Ecco, a queste condizioni, avremo, finalmente, delle persone veramente mature.
Esisterà un rapporto fra il Rispetto e la Libertà personale?
Libertà trae la sua radice etimologica dal Latino ed equivale alla condizione di fare ciò che piace e che fa star bene. Però, siccome è un po’ rischioso dare ad ognuno la possibilità di comportarsi come più gli aggrada, perchè potrebbe tramutarsi in un danno nei confronti altrui, la condizione di persona libera, richiede molta maturità. Questo è alla base di ogni principio democratico.
Io sono un uomo libero solo in quanto riconosco l’umanità e la libertà di tutti gli uomini che mi circondano. Rispettando la loro umanità, rispetto la mia. (Michail Bakunin)
Dall’errato rapporto col concetto di libertà nascono problematiche che, dal semplice osservare la vita con occhi meno “sorridenti”, possono sfociare in conflittualità gravi per sé stessi e per gli altri.
Che vuol dire?
La “libertà” sta dietro un portale con un uscio dischiuso. Tutto sta a vedere quanto pesa questo portone, quanta energia abbiamo a disposizione, quanto crediamo in noi stessi e quanto siamo in grado di goderci, egoisticamente (ma senza danneggiare nessuno), la nostra presenza.
Nel lavoro di chi “offre” sé stesso nelle relazioni d’aiuto, in che modo si usa il rispetto?
Nel riconoscere, nell’altro, un portatore di richieste inespresse che potrebbero essere esternate anche in maniera apparentemente incongrua. Inoltre, una manifestazione importante di rispetto consiste nel mostrare pazienza nei confronti del proprio analizzato quando, quest’ultimo, evidenzia (mediante comportamenti consapevoli o meno) la necessità del rispetto di una tempistica che, a volte, potrebbe essere (erroneamente) intesa come lenta e “snervante”.
Ogni forma di vita, in quanto è vita, è sacra e questo deve bastare. L’uomo giusto è colui che, quando trova un verme che si è smarrito dopo un temporale e si sta seccando sull’asfalto, rimette l’animale nell’erba senza chiedersi di quanta intelligenza sia dotato. Lo salva perché è vivo e la vita è sacra. ALBERT SCHWEITZER
Cari Lettori, come ogni anno, arriva “San Valentino” e si riparla di amore. Ma non di quell’amore “che muove il sole e le altre stelle”, piuttosto di un amor “commerciale” favorito dalla società dei consumi.
Eppure, la tradizione di San Valentino come festa degli innamorati risale all’epoca romana, (nel 496 d. C.)ù, quando l’allora papa Gelasio I volle porre fine ai Lupercalia, gli antichi riti pagani dedicati al Dio della fertilità Luperco.
Questi riti si celebravano il 15 febbraio e prevedevano festeggiamenti sfrenati ed erano apertamente in contrasto con la morale e l’idea di amore dei cristiani.
E, in fondo, oggi come (simbolicamente) allora, i supermarket e gli altri negozi specializzati saranno, nei prossimi giorni, tutta un’orgia di cuori rossi che vengono declinati negli usi più vari e fantasiosi.
Così come nei Lupercalia si godeva nel venire frustrati da giovani “fauni” nudi, in fondo, anche oggi non si parla dell’amore autentico che ci pare, di fatto, il grande assente.
Parliamo d’amore verso sé stessi, verso gli altri e verso ogni essere senziente.
L’Amore, dunque.
Ma perché nasca e si sviluppi in modo fecondo, l’amore ci devono essere condizioni favorevoli atte ad alimentarlo.
Da quanto proposto finora, l’humus necessario e insostituibile appare, senza dubbio, il Rispetto come valore basilare che si muove sempre nell’ambito dell’equilibrio e della ponderazione.
Nell’età moderna, dobbiamo ad Emanuel Kant pagine fondamentali che hanno gettato le basi per riflessioni ulteriori e per comportamenti e stili di vita autenticamente “umani”.
Vengono, certo, riprese affermazioni presenti nei Vangeli, ma sono inserite nel gran quadro di prospettive della modernità.
Si parte da sé stessi. Non si può non amare, in primis, sé stessi. Ma di un amore non narcisistico. Da qui ci si rivolge agli altri, che devono essere amati, a seconda dei casi, in modo non utilitaristico né strumentale.
Il prossimo non deve essere, quindi, usato come mezzo, ma trattato come fine.
L’amore per l’altro deve essere qualcosa che arricchisce entrambi, senza prevaricazione alcuna.
Per questo, solo guardando l’altro come “specchio” di noi è possibile una reale convivenza civile che sconfigga lo spirito di sopraffazione insito in ognuno di noi.
In fondo, il rispetto è la risultante di un profondo dissidio interiore, al termine del quale si opta per l’amore autentico e non per l’odio e la prevaricazione.
Trattare gli altri con la delicatezza, gentilezza e mitezza che desideriamo per noi.
A parole, sembra facile.
Se è vero, come sosteneva Aldo Carotenuto, che le ferite più profonde ci provengono proprio da chi ci è più prossimo (dato che a rifiutarci spesso sono coloro dai quali dipende la soddisfazione dei nostri bisogni più profondi, il bisogno di accoglimento, di orientamento nell’esistenza, di definizione della propria identità) è altrettanto vero che la dolcezza la possiamo ritrovare anche quando “non è più amore ma calesse”, perché bisogna avere il coraggio della fine, piano piano, con dolcezza, senza fare male: ci vorrebbe, in sostanza, lo stesso impegno e la stessa intensità dell’inizio.
Occorrerebbe la stessa attenzione e lo stesso amore tanto per conquistare che per “lasciare andare” qualcuno.
L’amore, credo che sia quel sentimento che riesce ad uscire indenne dal tempo che passa, che riesce a durare, che vince la stanchezza, la noia, i dolori. Ma bisogna attendere tanto prima di riconoscerlo. Si può dire solo a posteriori se uno ha davvero amato perché, mentre si ama, non lo si capisce… (Massimo Troisi)
Cari Lettori, tesaurizzando queste particolari riflessioni che ci spingono a osservare tutto ciò che finisce come, in realtà, un nuovo inizio, vorremmo salutarvi con le bellissime parole di Sergio Endrigo, magicamente interpretate da una magnifica Fiorella Mannoia mentre, sullo shcermo, scorrono fotogrammi di varia “tenera” Umanità.
Buon San Valentino di “Vero” Amore
Io che amo solo te
C’è gente che ha avuto mille cose, tutto il bene, tutto il male del mondo.
Io ho avuto solo te e non ti perderò, non ti lascerò per cercare nuove avventure.
C’è gente che ama mille cose e si perde per le strade del mondo.
Io che amo solo te, io mi fermerò e ti regalerò quel che resta della mia gioventù.
Io ho avuto solo te e non ti perderò, non ti lascerò per cercare nuove illusioni.
C’è gente che ama mille cose e si perde per le strade del mondo.
Io che amo solo te, io mi fermerò e ti regalerò
quel che resta della mia gioventù.
“Il complimento più grande che mi è mai stato fatto, fu quando uno mi chiese cosa ne pensassi ed attese la mia risposta.” (HENRY DAVID THOREAU)
Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo
Giorgio Marchese – Direttore La Strad@
Un ringraziamento ad Amedeo Occhiuto e ad Erminia Acri per l’affettuosa collaborazione