Nipper (nato a Bristol nel 1884) è stato un cane di razza Jack Russell divenuto celebre per essere ritratto nel quadro His Master’s Voice di Francis Barraud. La leggenda narra che il fratello di Francis (un signore molto vecchio che abitava in una soffitta londinese), sentendosi prossimo a morire, incise (di notte) un disco con la sua voce e lasciò in eredità sia Nipper che il proprio grammofono in modo che, di tanto in tanto, il cane lo potesse riascoltare.
Da qui, il delicato dipinto che venne venduto, in un secondo momento, alla Grammophone Co. Ltd. Che, attraverso una fortunata operazione di marketing, ne fece “La voce del Padrone”, uno dei Brand più famosi della Storia.
Cari Lettori, se analizziamo il termine “Padrone”, scopriamo che nasce per indicare il protettore dei Liberti (gli schiavi affrancati dell’antica Roma) e per connotare, nel tempo, la figura di chi “ha piena facoltà di fare quello che gli piace”.
Esiste, in noi, un punto cardinale nel quale possiamo ritrovare padronanza, autonomia decisionale e autostima?
Probabilmente, all’interno di quel “codice sorgente” che sta nella lunga catena e doppia elica chiamata DNA
È lì, infatti, che si trova custodito il romanzo della nostra Storia, dal Big Bang in avanti. Ed è sempre lì che, il Creatore (o la Creatrice) di tutte le cose ha inserito i potenziali di funzionamento dell’intero Universo.
Ricordate, amici miei, non ci sono né cattive erbe, né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori. (Victor HUGO – Les Misérables)
Sostanzialmente, ciascuno di noi può essere considerato come il seme di ciò che potrebbe diventare una pianta rigogliosa.
Ma, anche se si avesse la buona sorte di nascere in un ambiente capace di trattarci come un contadino amorevole e coscienzioso, la crescita sarebbe comunque costellata di insicurezze e paure.
Fin dai primi mesi di vita, infatti, viviamo quasi “dilaniati” da due forze contrastanti:
la prima, che ci spinge ad esplorare il mondo intorno a noi e la seconda che, invece, ci blocca per paura di perderci in un Universo troppo grande per le nostre capacità.
L’etologo Konrad Lorenz nel suo “L’anello di re Salomone” descrive l’angoscia di una piccola taccola (della famiglia dei corvidi) quando, privata della presenza della propria madre, nel cuore della notte ha percepito l’angoscia di trovarsi da sola ed ha iniziato a chiamare, disperata, il proprio genitore.
Per tranquillizzarla, il famoso ricercatore, ha risposto nel loro linguaggio, tranquillizzandola e ottenendo, dalla piccola, un verso di rassicurazione.
Vip… vip… Vip… (Mamma, mamma, dove sei?)
Gan! Gan! Gan! (Sono qui con te, stai tranquilla)
Birr… Birr… Birr… (Bene, allora posso addormentarmi sentendomi sicura)
Cari Lettori, un po’ come dire: tentiamo la strada della Libertà, col bisogno di essere accompagnati e protetti. Ciascuno, infatti, esiste nella misura in cui viene “riconosciuto” per ciò che è.
Niente di più e niente di meno.
Ma, cari Lettori, qui inizia il problema dei problemi
Come facciamo a sapere chi siamo, realmente?
La nostra sceneggiatura esistenziale ha, nel prologo, un invito che bisogna “capire”: imita ciò che vedi (soprattutto da chi ritieni credibile e autorevole) e miglioralo nel corso del cammino.
Tutto sommato, nulla di particolarmente difficile. In teoria.
Nella pratica, tutto quello che incontriamo sul cammino (e che costituirà il bagaglio dell’esperienza) ci condizionerà attraverso le paure di coloro che consideriamo i nostri mentori.
Genitori in primis
L’origine della paura del giudizio degli altri
Il bisogno di essere apprezzati capaci e, contestualmente, la paura di essere rifiutati a quel punto diventano ingombranti compagni di viaggio.
Per certi aspetti, una caratteristica dei nostri antenati (vivere in un gruppo era fondamentale per aiutarsi reciprocamente nella caccia, nella cura della prole e nella difesa dai pericoli) diventa una condanna che spinge la nostra mente a interpretare come una minaccia, l’eventualità di essere allontanati, espulsi o emarginati.
Se tu fossi stato con me t’avrei chiesto scusa. Oppure aiuto. Invece non c’eri; incredibile come gli altri manchino sempre nei momenti in cui se ne ha bisogno; passi giorni, mesi, anni interi con qualcuno a cui non hai da dir nulla e nel momento in cui hai da dirgli qualcosa, magari scusami, aiuto, lui non c’è e tu sei solo. (Oriana Fallaci)ù
Questo stato d’animo, può prendere strade comportamentali e sintomatologiche che si inquadrano nel diffuso “disturbo d’ansia sociale”, caratterizzato dalla forte preoccupazione di essere esposti a determinate situazioni sociali o prestazionali.
Un gradino più critico, sul piano della problematicità, ci porta al “disturbo evitante di personalità”, che porta, in dote, intensi sentimenti di inadeguatezza e di reazione disadattiva con l’evitamento di eventuali situazioni in cui si può essere valutati negativamente.
Scendendo qualche altro gradino più “problematico”, incontriamo il “disturbo schizoide di personalità”, che è caratterizzato da un consistente distacco e disinteresse generale nelle relazioni sociali e da una gamma limitata di emozioni nei rapporti interpersonali.
Perché si è schiavi del giudizio degli altri?
L’introspezione è un’attività che sta scomparendo. Sempre più persone, quando si trovano a fronteggiare momenti di solitudine nella propria auto, per strada o alla cassa del supermercato, invece di raccogliere i pensieri controllano se ci sono messaggi sul cellulare per avere qualche brandello di evidenza che dimostri loro che qualcuno, da qualche parte, forse li vuole o ha bisogno di loro. (Zygmunt Bauman)
Viviamo, oggi più che mai, in una Società ipocrita e falsa nella quale molti si conformano ai valori della maggioranza che detiene il potere (fosse anche “solo” quello di influenzare l’opinione altrui), sotto i vari punti di vista.
Molto di ciò, è nato nell’Ottocento, epoca in cui ufficialmente bisognava essere “ordinati” in tutto, pena la perdita del buon nome e della onorabilità.
In privato ognuno poteva dare sfogo alle varie trasgressioni. La morale vittoriana era eloquente al riguardo: fate nella privacy quel che volete, purché non spaventate i cavalli!
Di forte impatto emotivo, in tal senso, “Vizi privati, pubbliche virtù”, un film del 1976 diretto da Miklós Jancsó che mostra l’arciduca Rodolfo d’Asburgo, erede al trono imperiale, contestare il potere del padre Francesco Giuseppe.
Se ci riflettiamo bene, non possiamo non arrivare a concludere che chi aveva ed ha un ruolo importante, teme più degli altri il giudizio degli altri.
Luigi Pirandello ha scritto, su questi campi, pagine tuttora esemplari.
A furia di conformarci a come la gente ci vuole perdiamo ogni autenticità e, alla fine, rischiamo di non sapere neanche noi chi, in effetti, siamo.
Uno, nessuno, centomila. Il personaggio, che vuole sopravvivere, deve ricaricarsi nello spazio privato mediante meccanismi di cui lui stesso si vergogna.
Pensiamo alla novella “La carriola” ove, il grande e rigoroso avvocato che mette soggezione a tutti, per ricaricarsi si chiude nel suo studio e, presa la cagnetta per le zampe, le fa fare la carriola, appunto.
Dà sfogo a un momento di liberazione e poi rientra nel ruolo. Solo la cagnetta conosce la sua vera natura e quando riceve i clienti, egli ha quasi il terrore che possa raccontare la sua natura perversa, a tutti sconosciuta.
Vivendo in una Società falsa, per sopravvivere siamo costretti a tenere in sommo conto il giudizio di coloro che contano e che, se non sono contenti di noi, potrebbero danneggiarci o, addirittura, distruggerci.
Per questo, si vive ufficialmente secondo standard precostituiti e si finisce per fare parte del coro, dando noi stessi giudizi moralistici e fingendoci scandalizzati per un nonnulla.
Finiamo, ahinoi, per parlare come chi mortifica Dio, Patria e Famiglia.
È gente, questa, che non crede veramente nei valori religiosi, ha un’idea non democratica della politica e convive, senza matrimonio.
Tale specie di individui, avendo il potere, pretende da noi quel che si guarda bene dal seguire nella propria vita.
Che fare dunque?
È prestissimo detto.
Ognuno dovrebbe conformare la propria vita secondo convincimenti in cui fermamente crede, senza badare al giudizio, spesso in malafede, degli altri.
Solo testimoniando la propria autenticità saremo in grado di favorire altre prese autentiche di posizione e gettare le basi per una società del rispetto e della solidarietà.
Le persone che riescono in questo mondo sono quelle che vanno alla ricerca delle condizioni che desiderano, e se non le trovano le creano.
Questa riflessione di G.B. Shaw, ci ricorda che non siamo geneticamente determinati e predestinati.
Tutto quello che incontriamo sul nostro cammino crea delle “scalfitture” simili alle escoriazioni su una navicella spaziale dopo l’incontro con una pioggia di meteoriti. Tale usura, produce alterazioni nella “consultazione” del nostro DNA che, LA NOSTRA MENTE, inconsciamente, rimette a posto.
Tutto ciò, sta alla base della RESILIENZA
Ma, per tornare al titolo di questo editoriale, quale sarebbe e cosa vorrebbe la “Voce del Padrone” cioè di colui (o colei) responsabile del “vuolsi così, cola dove si puote… e più non dimandare!” di dantesca memoria?
Oltre ai contenuti consci che svaniscono nell’inconscio personale, vi sono contenuti nuovi che emergono dall’inconscio collettivo. Per questo l’inconscio non è un semplice deposito del passato, ma, anzi, è pieno di germi e di idee nuove, creative, cioè di strutture mentali psicologicamente orientate al futuro (C. G. Jung)
Dal Big Bang in avanti si sono avute reazioni termonucleari capaci creare il cielo, con le stelle e tutti i pianeti…
Cari Lettori, per sapere cosa ne sarà della nostra vita finchè è ancora nostra (tua e di tutti) non dobbiamo fare altro che osservare il nostro “DNA – INCONSCIO COLLETTIVO” come il nocciolo incandescente di un pianeta apparentemente freddo, con la sua “crosta”.
Partiranno, da esso, spinte magmatiche che, come un’eruttazione vulcanica lasceranno ricadere, attraverso la pioggia piroclastica, una carica di “germi e di idee nuove, creative, cioè di strutture mentali psicologicamente orientate al futuro”
La nostra mente, che è manifestazione “addensata” (frequenze elettromagnetiche) di energia aggregata (quella del sistema nervoso) controllerà il mantenimento delle direttive di un “modello istintuale preesistente” che C. G. Jung chiamava ARCHETIPO, attraverso una sorta di andamento concentrico che, partendo dall’inconscio collettivo (brodo primordiale energetico di informazioni) e passando per l’inconscio personale (che customizza in maniera unica, la matrice energetica comune) riporta l’epigenetica (cioè, il modo di “interrogare” la genetica) al punto di partenza: perché “vuolsi così, colà dove si puote…”
E sarà in grado di farlo in maniera direttamente proporzionale alla nostra capacità di resilienza, risultato di un’Organizzazione e di un Funzionamento di Personalità più che adeguato.
L’ENERGIA (della MENTE) che risincronizza l’ENERGIA (del “modello istintuale preesistente”). IL CERCHIO DELLA VITA, PRATICAMENTE
Quindi, saremmo delle Creature nelle mani di Dio che, alla fine, sono le nostre mani…
Cari Lettori, se volessimo capire cosa sarà della nostra vita quando non sarà più nostra, allora dovremmo fare i conti con il concetto dell’ORIZZONTE DEGLI EVENTI e tornare da dove tutto è cominciato: il Big Bang
Siamo partiti da una deflagrazione di un BUCO NERO (dentro il quale, quindi, c’era vita compressa) e ritorniamo al BUCO NERO (seguendo il ragionamento di prima, sul CERCHIO DELLA VITA)
Infatti, come sostenevano gli Antichi, il primo compromesso con la morte lo realizziamo al momento della nascita: inizia, da quell’istante, la vita di un nuovo Universo che, terminata l’espansione (simile ad una profonda inspirazione), inizia una lenta implosione (alla stregua di una espirazione) che culminerà avvicinandoci ai bordi del BUCO NERO e che prende il nome di ORIZZONTE DEGLI EVENTI, dove il TEMPO e lo SPAZIO si fermano e, i fotoni della LUCE, vengono imprigionati dalla fortissima Gravità, che produrrà quell’assenza cui diamo il nome di NERO.
Come arriveremo al nostro Orizzonte degli Eventi?
Molti, cercano di distrarsi imitando chi si trastulla e si balocca attraverso le svariate modalità di gestione del Potere, tipiche dei bambini che non hanno incontrato una mamma “sufficientemente buona” e che si crede “Stratega Assoluto”
Pochi, accettano la realtà ma non ne hanno paura e, attraverso l’insegnamento Socratico, perseguono la ricerca della conoscenza fino alla fine.
Ma, alla fine di tutto, cosa c’è?
Cari Lettori: LA LUCE. Al di là delle varie correnti esoterico – filosofico – religiose, all’interno del BUCO NERO, troveremo tutte le frequenze dello spettro del visibile che, imprigionate, si fondono creando il bianco accecante che, infatti, è la somma di tutti i colori.
Per tornare con i piedi su un terreno di osservazione comune, In nome di quegli scampoli logici che, nonostante tutto, sono ancora presenti negli scaffali impolverati della nostra mente, ci sentiamo di auspicare un maggior spirito di osservazione tendente al superamento dei propri limiti attuali, partendo dalla convinzione che, proporre ciò che serve per vivere (effettivamente) meglio, crei i presupposti per una richiesta potenzialmente illimitata. Nonostante questa crisi scellerata e (apparentemente) senza una fine certa.
A proposito, a tutti coloro i quali aspettano (e sperano!) che altri tutelino i propri diritti senza provare a farsi rispettare, ci permettiamo di far presente che, l’ingenuità di sperare di ascoltare la voce di un Padrone che si prenda cura di noi, suscita la tenerezza della bella scena descritta all’inizio di questo editoriale;
A noi, cari Lettori, piace immaginare che, l’amore per Francis Barraud, sia stato in grado di portare Nipper oltre l’ORIZZONTE DEGLI EVENTI e che, oltre il buio della canna del grammofono, abbia percepito (mediante la frequenza della voce amata) il suo, personale, BIANCO ASSOLUTO.
Chi Sono, Veramente
Siamo nati per poi diventare polvere, con milioni di problemi da risolvere
Ma d’inverno le giornate sono troppo corte
Sto bene, non ci penso quando sono con te. Questa pelle vorrei si potesse togliere
Questa gente vorrei si potesse accorgere che non sono forte come pensi tu E farà male poi capire che non ci pensiamo più
Mamma lo diceva che l’amore è come il fumo: ti fa stare bene, ma un giorno ti ucciderà
E anche chi c’ha il cuore di pietra cerca qualcuno che diventerà diamante il giorno in cui lo troverà
Io davvero un po’ ci muoio quando sento il tuo profumo. se ti dovessi cercare brucerei questa città
Ti ho promesso: brilleremo tra le lacrime nel buio Tu regalami il tuo tempo e vedrai che succederà
E allora corro Non mi posso fermare perché ho un sogno
Lo voglio realizzare con orgoglio, lo farò senza mai cambiare chi sono veramente
Siamo nati per poi diventare polvere, con milioni di problemi da risolvere
Ma d’inverno le giornate sono troppo corte
Sto bene, non ci penso quando sono con te: questa pelle vorrei si potesse togliere
Questa gente vorrei si potesse accorgere che non sono forte come pensi tu
E farà male poi capire che non ci pensiamo più
Eravamo innamorati che volevano di più; ora siamo vecchi amici che non si vedono più
Ma a volte io ci penso ancora e forse lo fai pure tu Ma una storia come questa ti segna come i tattoo
Ho trovato il vero amore, poi l’ho perso di nuovo E da quando sono solo sembro l’ombra di un uomo
Ora che mi stanno attorno forse troppe persone, puoi lasciarmi da solo se vuoi farmi un favore
Forse avevi ragione, ti porto solo problemi: non posso darti un futuro, realizzare i tuoi desideri
Però ti amavo davvero ed è un peccato che sia finita Grazie per tutto il dolore, mi hai cambiato la vita
E allora corro Non mi posso fermare perché ho un sogno: lo voglio realizzare con orgoglio, lo farò
Senza mai cambiare chi sono veramente
“Ognuno di noi è artista della propria vita: che lo sappia o no, che lo voglia o no, che gli piaccia o no.” (Zygmunt Bauman)
Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo
Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”
Un ringraziamento ad Amedeo Occhiuto per l’affettuosa collaborazione