Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Le televisioni commerciali hanno riscoperto e portato a conoscenza del grande pubblico l’uso delle vendite all’asta. Non c’è un’emittente privata, infatti, che non proponga al telespettatore, comodamente seduto in poltrona, l’acquisto di un tappeto persiano o di un mobile d’epoca venduto all’incanto.
Siamo sicuri, quindi, di suscitare l’interesse degli amici blogghisti spiegando l’origine di questa vendita chiamata, appunto, all’asta o all’incanto. Come sempre, a onta dei detrattori, dobbiamo ricorrere al padre della nostra lingua, il nobile latino: vendere sub hasta, hastae subicere.
Spiegano, in proposito, il Battisti e l’Alessio che questo modo di vendere, tratto dalla locuzione latina sub hasta vendere, deriva dall’uso romano di vendere i beni dei debitori del tesoro pubblico presso un’asta conficcata in terra, simbolo della proprietà quiritaria. In seguito si disse anche vendere alla tromba perché tali vendite si annunciavano, appunto, col suono di una tromba
.Vendere all’incanto, cioè sempre all’asta, e al miglior offerente, proviene, invece, dal tardo latino, il latino medievale in quantum(composto con ’in’ e ‘quantum’): a quanto?, sottinteso prezzo. Il venditore stabilisce un in quantum, cioè un prezzo iniziale, colui che offre di piú si aggiudica l’asta, diventa, cioè, possessore dell’oggetto posto “all’incanto”. Non si confonda, per tanto, l’incanto, cioè la vendita all’asta, con l’altro incanto nell’accezione di incantesimo, magia. Quest’ultimo termine ci è stato tramandato dal verbo latino incantare, composto di ‘in’ e ‘cantare’, intensivo di ‘canere’.
A cura di Fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.