Spigolature per imparare e dialogare meglio con se stessi, godendosi ciò che di buono si è fatto!
Caro “doc”, ben rivisto!
Studiando ciò che riguarda l’identità, partendo dal tuo articolo (“Quel propulsore chiamato Identità”) avverto di non aver capito bene qual è il rapporto tra consapevole ed inconsapevole ed in cosa consiste il contrasto che si determina tra queste due modalità, responsabile di cattive comunicazioni col proprio mondo interno. Puoi chiarirmi le idee?
Ciao, “avv”, posso dirti che il consapevole consente di visualizzare, di volta in volta, piccole porzioni del mondo inconsapevole; di conseguenza abbiamo ambiti lavorativi differenti e, soprattutto, livelli di riflessione differenti. Gran parte del lavoro viene svolto nel mondo inconsapevole perché le velocità sono enormemente maggiori, proprio perché libere dai limiti del doverci rendere conto di ciò che sta accadendo. Ti faccio un esempio pratico: gli esperti dichiarano che le riflessioni del mondo inconsapevole abbiano una velocità di circa 280.000 km al secondo, basandosi sull’ipotesi, molto accreditata, che certi meccanismi avvengano all’interno degli atomi, per cui basta calcolare la velocità degli elettroni per arrivare a questi valori. L’andamento del mondo consapevole è enormemente più basso: potremmo azzardare delle ipotesi “parametrando” la nostra immaginazione, perché è grazie ad essa che visualizziamo il consapevole.
Ognuno di noi può dialogare consapevolmente con se stesso immaginando delle situazioni, visualizzando mentalmente dei dialoghi, o facendoli anche ad alta voce, ma sempre sfruttando la possibilità dell’immaginazione. Possiamo considerare, questa funzione dell’intelligenza, come uno strumento simile ad un videotape assoggettato, quindi, ai limiti dinamici del meccanismo percettivo (infinitamente più lento delle oscillazioni elettronucleari).
Concludendo, l’inconsapevole gestisce e controlla tutto l’andamento psicofisico, il consapevole consente di visualizzare aspetti di questo lavoro mediante un dialogo continuo che non sempre siamo in grado di evidenziare, ma che determina i cambiamenti d’umore.
Il contrasto, si crea nel momento in cui agiamo, sulla base degli apprendimenti acquisiti, in maniera difforme dalle Leggi di Natura, in base alle quali, l’inconsapevole è “mappato”.
Allora, il materiale su cui si basa la riflessione consapevole è diverso da quello su cui si basa la riflessione inconsapevole?
No, è sempre il materiale che abbiamo in memoria, è il tipo di riflessione che può essere più o meno approfondita. Ci sono diversi gradi di riflessione e di meditazione: tanto più viene effettuata a livello inconsapevole tanto più può essere complessa, profonda e “risolutiva”.
La spiegazione è questa: noi siamo stati costruiti, progettati, da madre natura (dal Padreterno o da chi vogliamo credere), per funzionare secondo certi principi, rispettando determinate leggi che, però, non conoscendo, dobbiamo acquisire dall’ambiente circostante. Una Società ancora immatura e scombussolata come la nostra, ci fa introiettare dati “devianti”, per cui costringiamo il nostro mondo inconsapevole a funzionare in maniera anomala. L’intera struttura si ribella a questo funzionamento anomalo e, se non impariamo a capire bene, quello che ci “gira” dentro, inconsapevolmente produrremo dei sintomi (disturbi di vario genere che possono coinvolgere sia l’aspetto psichico che quello organico) per costringerci a dedicarci del tempo, alla ricerca di ciò che non va.
Però, se il pensiero consente di adattarsi e l’inconsapevole riflette meglio, questa sorta di….
Le cose non vanno proprio così!
Il pensiero funziona in maniera prevalentemente inconsapevole. Nel momento in cui tu ti adatti non crei conflitti nel mondo inconsapevole, solo che riesci ad adattarti quando il livello di cambiamento non è eccessivo rispetto ai parametri corretti di funzionamento e comunque devi rientrare in un livello non dannoso per la persona umana. Non potresti adattarti a vivere in un ambiente, ad esempio, saturo di monossido di carbonio o di anidride carbonica: finiresti col vivere malissimo e poi morire.
Puoi riuscire ad adattarti costruendo nuovi equilibri in un ambito comunque compatibile con un sistema di vita accettabile.
Ma l’inconsapevole, seguendo più strettamente le Leggi di Natura, ogni volta che si creano conflitti con la modalità descritta da te, non finirebbe col ribellarsi continuamente, rendendo impossibile l’adattamento?
No, perché i cambiamenti cui dobbiamo abituarci, possono riguardare Leggi di Natura o parti di esse. Tu puoi avere necessità di adattarti a mutazioni repentine di eventi di vita, e questo rientra negli eventi possibili e naturali. Potresti avere problemi, all’inizio, se sei cresciuta in una famiglia rigida e poco flessibile, ma l’evento nuovo fa parte delle leggi di natura.
Il doversi adattare ai cambiamenti della vita, appartiene alle frustrazioni positive, cioè a quei fastidi, affrontando i quali, ci ritroviamo migliori.
Tante volte mi fai notare che io avverto dei fastidi perché vorrei attuare dei cambiamenti a livello consapevole, e anche in fretta, ma a livello inconsapevole, determino delle resistenze. Come mai accade una cosa del genere, visto che cerco di avvicinarmi a sistemi corretti?
E’ una domanda interessante, la risposta è la seguente. Il mondo inconsapevole, come ti ho detto prima, funziona sulla base degli apprendimenti acquisiti, non puoi costringerti ad essere diversa, velocemente, perché ancora non hai avuto il tempo di cambiare, sostanzialmente, i tuoi vecchi apprendimenti. A livello consapevole avrai già imparato come si fa, ma non hai dato il tempo ai nuovi sistemi di prendere il posto dei vecchi. Il mondo inconsapevole, funzionerà ancora a lungo con i vecchi parametri; anche se sono scorretti, costituiscono gli unici software che ha a disposizione, dal momento che ancora i nuovi software non sono stati “digeriti”.
In conclusione, posso dirti che tu vuoi costringere un apparato a funzionare con sistemi diversi da quelli che conosce, anche se quelli che conosce sono scorretti: sono gli unici a disposizione, in quel momento!
Ecco perché l’analisi deve essere commisurata allo sviluppo sostenibile di un essere umano, seguendo i tempi di cambiamento che un analizzato è in grado di reggere. Bisogna aspettare che i nuovi sistemi diventino parte integrante della persona, e ci vuole tempo.
Ma in questo periodo di tempo, una persona non si sente disorientata?
È vero.
Infatti non si sa in base a quali parametri agire!
Ecco perché è importante la figura dell’analista, il quale, con le sue spiegazioni, attiva il corretto funzionamento della logica nell’analizzato; quest’ultimo, inconsapevolmente, pur nella confusione, avverte che esiste una strada per venirne fuori. Non sarebbe in grado di spiegarla, non sarebbe in grado di capirla, ma la sente. Pian piano, continuando ad acquisire nuovi dati e dandosi del tempo per digerirli, sarà in grado di capire e comprendere il nuovo mondo che sta andando a creare.
Ma come bisogna comportarsi in fasi di questo tipo? A me succedere di arrabbiarmi se utilizzo i vecchi sistemi perché penso di non riuscire a cambiare, mentre, a volte, se utilizzo i nuovi, sento che sono corretti, ma avverto dei fastidi come se ci fosse una forzatura. Ad esempio, io vorrei liberarmi del tutto della reazione che mi ha portata a ridurre di molto i miei movimenti esterni e da qualche giorno sto cercando di uscire a piedi e di stare di più fuori. Purtroppo, oggi stavo venendo da te a piedi, ho avvertito dei disturbi e, temendo di dovermi voltare magari a metà tragitto, col rischio di fare tardi, ho deciso di tornare indietro subito e prendere la macchina. Poi, però, mi sono infastidita per il fatto di non essere riuscita a venire a piedi. Sarebbe stato un comportamento rigido quello di forzarmi e venire a piedi? Avrei potuto agire in altro modo?
Sei stata in grado di mettere in atto un meccanismo flessibile, adeguato alle tue esigenze del momento; cioè, a seguito di ciò che mi hai comunicato prima, avevi dei disturbi, non gravi, ma li avevi, per cui forzarti a camminare a piedi e fare oltre 1 km non sarebbe stata la scelta migliore: hai utilizzato la macchina per riuscire a raggiungere un obiettivo. Hai dimostrato giudizio, in un periodo transitorio di cambiamento, riuscendo a fare tutto quello che è possibile, senza pretendere quello che non sei in grado di realizzare in quel momento.
Quindi mi devo regolare così?
Di volta in volta però, logicamente, saprai anche operare una distinzione tra ciò che è una scelta protettiva nei tuoi confronti e ciò che, invece, rappresenta un sistema per non andare avanti. Quella di oggi è stata una scelta protettiva. Il chiuderti in casa senza uscire, così aprioristicamente, diventa un opporti al cambiamento. E’ inutile, però, diventare aggressiva nei tuoi confronti; è utile, invece, riflettere sulle motivazioni che ti creano quel blocco, affinché tu possa dialogare con te stessa, riuscire a tranquillizzarti e poi fare ciò che ti è possibile. In questo modo, già dimostri di usare un nuovo apprendimento di elasticità e conciliazione rispetto al vecchio apprendimento di autocoercizione. Quindi, su queste cose, sei già in grado di usare il nuovo rispetto al vecchio. Tutte le volte che, invece, ti imponi qualcosa, usi ancora il vecchio sistema; a quel punto avrai dei problemi perché vorresti usare nuovi schemi mediante l’applicazione di un vecchio sistema.
Aggressivo!
E’ comunque negativo, non tanto perché aggressivo quanto, piuttosto, perché è un vecchio apprendimento. Tu non puoi creare una nuova vita sui presupposti di un vecchio sistema scorretto.
Quindi, il fatto di non riuscire, in alcuni momenti, ad operare secondo i nuovi sistemi, che consapevolmente conosco, non vuol dire che necessariamente io mi oppongo al nuovo, ma è che ci vuole del tempo per adattarmi?
Il fatto stesso che tu arrivi a queste conclusioni ci dà la prova che tu sei cambiata in qualcosa; per il resto, la trasformazione può essere lenta, ma è costante e, soprattutto, progressiva.
Perché io non riesco ad accettare l’idea che i cambiamenti siano lenti? E’ un atteggiamento presuntuoso?
No, siccome tu hai provato cosa significa vivere secondo un criterio corretto nei momenti in cui l’ambiente ti facilita, questa condizione vorresti mantenerla sempre; di conseguenza, sei animata da una voglia di stare sempre meglio, che ti induce a voler accelerare. Però, purtroppo, le cose non vanno così, dobbiamo accettare i tempi tecnici del cambiamento senza forzare, perché, lavorando correttamente, più tempo ci impieghi più il cambiamento diventerà stabile, andando ad impregnare tutte le tue fibre più intime.
E nel frattempo, si può stare meglio di come sto io?
Soprattutto se ti metti in condizioni di accettare l’idea che già da ora puoi vivere meglio con i cambiamenti che hai attuato, perché tu, nella spasmodica ricerca di attuare tutto il nuovo, non ti godi quello che già hai e che funziona; di questo ne hai riprova ogni qualvolta compari in televisione e riesci a trasmettere messaggi positivi avendo, come ritorno, la conferma da parte di chi ti vede.
Sì, e poi ho anche un rifiuto verso il tipo di vita che faccio, però man mano lo posso modificare..
Di questo ne abbiamo già parlato. E’ una condizione che può già, di fatto, migliorare… e notevolmente, se attui quello che ti ho appena spiegato.
In questi giorni mi sono venute in mente alcune iniziative come, ad esempio, realizzare opuscoli per far conoscere aspetti del diritto ai bambini o ai ragazzi, da proporre alle scuole o ad altri enti.
Se tu, pensando queste cose, crei in te un’attivazione positiva, usufruisci della tua capacità elaborativa al meglio. Al contrario, se ti soffermi sui limiti attuali, ti infastidisci perché ancora non riesci a concretizzare quello che già conosci: allora un’occasione positiva, ti si trasforma in un boomerang. Concediti del tempo. Anche perché, per potere concretizzare un progetto valido c’è bisogno di risorse umane e capitali; tu, in questo momento, non puoi contare su nessuno dei due! Comunque, attraverso questi discorsi costruttivi, dimostri di essere migliore di prima; godi, perciò, della consapevolizzazione di questo cambiamento, perché molte volte ti ho spiegato che non bisogna aspettare il cambiamento completo per star bene, ma è utile, è necessario godere di quello che già è cambiato, altrimenti ti perdi tutto il “mentre”.
Io spesso, invece, mi concentro a pensare ai disturbi che produco, alle difficoltà nel cambiamento…
Tu punti l’attenzione, ancora, anche se non sempre, sugli aspetti che possono essere migliorati. Questo di per sé è positivo, ma non dimenticarti di osservare quello che già va bene, altrimenti commetti l’errore che, per altri aspetti, riguarda le persone che vogliono accumulare capitali per paura dei momenti di difficoltà, però non si fermano mai, raggiungendo enormi cifre, che non godranno, perché puntano l’attenzione su quello che ancora possono guadagnare, senza accorgersi che quello che hanno già è più che sufficiente a fare una vita più che dignitosa. Io, però, non ti invito a fermarti. Continua pure a migliorare, ma godi di quello che già va bene, altrimenti…a che ti serve migliorare? E’ come guadagnare dei soldi, ma non saperli usare per migliorare la qualità della vita. Allora che li guadagni a fare?
E ci posso riuscire lo stesso, pur avendo fastidi a livello del sistema vegetativo?
Attuando queste “dritte”, i fastidi si riducono almeno dell’80%.
E adesso…Buon divertimento!
G. M. – Medico Psicoterapeuta