Pillole di resilienza è una collana video dedicata a tutti noi, quando crediamo di non riuscire più a fronteggiare quei momenti di malinconia che ci pesano così tanto
Questo articolo, rappresenta una lettera aperta a mio Padre, nei giorni a cavallo fra la Festa del Papà e la Giornata Internazionale della Felicità
Caro Papà, ci siamo abbracciati, per l’ultima volta, una sera di fine giugno di 12 anni fa e, da allora, stranamente, è come se tu non fossi andato da nessuna altra parte al di fuori di quell’angolo della mia mente dal quale sbucavi fuori ogni qual volta io ne sentivo il bisogno.
Mi sono chiesto spesso cosa avrebbe potuto darmi maggior dolore: ho immaginato quella sorta di vuoto assoluto all’idea di un figlio che “vola” via prima del proprio genitore; ho sofferto la spaccatura dell’abbandono di chi hai sperato che ti accompagnasse per ogni giorno della tua vita; ho sperimentato cosa significhi il taglio definitivo del cordone ombelicale, quando tua madre dice “basta” e scende dal treno in corsa…
E poi ho pensato ad una frase Jean-Jacques Rousseau, “Tutti gli esseri umani vogliono essere felici; ma, per poter raggiungere una tale condizione, bisogna cominciare col capire che cosa si intende per felicità.
Ecco, papà, non è, per me, affatto difficile, rispondere ai quesiti che la gente mi pone. È, in fondo la base della mia professione.
Ma per quello che riguarda me… ecco, ho bisogno di pensarti, per poterci arrivare.
E allora, posso fermarmi a ricordare il mio sorriso interiore, a bordo di quella vetturetta (una “Fiat UNO SMART”, l’ultima che mi regalasti, prima che io diventassi un Uomo) con cui, in 9 anni, ho macinato oltre 450.000 Km (divisi fra gli ultimi esami universitari, la lunga specializzazione e i turni di notte, in clinica, che non finivano mai)….
E riesco ancora a scorgerlo, quel sorriso, (forse ancora più smagliante) al volante della mia amatissima Alfa Romeo, con te affianco che mi chiedi, perplesso: “Ma è truccata, quest’auto? Va troppo veloce!”
Molto più difficilmente lo riscontro (sempre quel sorriso) quando mi guardo nello specchio retrovisore della mia attuale ammiraglia tedesca di quasi 5 metri lunghezza…
Forse perché tu non sei più accanto a me?
Probabilmente perché ho pagato il prezzo della disillusione mentre si “cresce”.
Mi domando, a questo punto, che senso abbia avuto impegnarmi, per anni, nello studio della mente umana, con l’obiettivo di capire e comprendere, per vivere meglio! Mi raccontava un amico che, il famoso Cesare Musatti, fondatore della Società Italiana di Psicoanalisi, alla domanda: “Qual è il suo stato d’animo, guardando il Mondo?” pare che, così, abbia risposto: “Mi sento come una grande Mamma un po’ angosciata, all’idea dei suoi figli sparsi in un ambiente così ostile!”
Eppure, tutto sommato, ho amato abbastanza della mia esistenza. Compreso i momenti di dolore e, anche, le passioni e le delusioni. Contrariamente a quello che ho pensato per anni, non so più se essere “riconoscente” al tempo che ho attraversato. Anche se mi capita, non di rado, di averne nostalgia pur sviluppandosi, in me, la curiosità di come andrà a finire.
Solo che, come Walter Veltroni, “vorrei ritrovare ad una ad una le persone che ho incontrato e amato, per dirci le cose che non abbiamo fatto in tempo a raccontarci o che non abbiamo avuto il coraggio di confessarci.”
Caro papà, non abbiamo avuto il tempo (o la capacità) di frequentarci molto ma, spesso, mi ritrovo a parlarti quando sono solo, forse per sentirmi meno solo.
E, altrettanto spesso, provo a raccontarti la mia vita sperando in un tuo cenno di approvazione, giusto per immaginare che tu possa essere orgoglioso, almeno un po’, di questo tuo figlio con cui, non è stato facile averci a che fare.
E allora, carcando di dividerla (questa mia vita) in cinque fasi importanti, provo a raccontarla:
da zero a dodici anni (connotata dall’allegria tipica dell’età, simile, a volte a quella descritta dal Leopardi quando parla di chi sorride fidente, trovandosi sull’orlo di un precipizio);
da tredici a venticinque anni (in cui, le emozioni prevalenti, sono state caratterizzate da una condizione di angosciato esistenzialismo per il sentirmi troppo piccolo di fronte ad un Universo troppo grande…);
da ventisei a quarant’anni (periodo di rinascita interiore, frutto dell’analisi personale condotta con il “Maestro” Giovanni Russo che mi ha consentito di dare colore e respiro a tutto ciò che mi ha circondato, non senza crisi di maturazione tanto dolorose quanto necessarie in grado di spingermi a progettare e costruire anche “contro vento” con obiettivi a lungo termine);
da quarantuno anni a sessanta (caratterizzata dalla percezione di un traguardo ideale certamente più vicino rispetto alla linea di partenza e dalla consapevolizzazione di una maggiore accuratezza per il trovarsi in uno spaccato esistenziale che non perdona più gli errori)
e poi c’è l’oggi, all’interno della vita che sarà, in un’età che non ha più età, senza più molto spazio all’adrenalina…
Una sorta di pace interiore, insomma… ma con un sottofondo di leggera inquietudine. Forse perchè, come sosteneva Ferdinando Pessoa, noi non ci realizziamo mai perchè siamo due abissi: un pozzo che fissa il cielo.
Ma, allora, papà, cosa ci vuole per essere felici?
Da piccolo guardavo il cielo alla ricerca della Stella che mi avrebbe guidato nelle scelte importanti… ora immagino di potere accedere all’interno di un armadio magico, in cui trovare i vestiti di tutti coloro che mi hanno amato (e che porto, sempre, con me in quella parte del cervello così intima da somigliare al Cuore…) per poterli estrarre dal cellophane della memoria, distenderli sul più prezioso dei miei tappeti e provare ad avvicinarne i lembi al mio volto. Così, giusto per sentire l’odore e ricordare il “calore” e riaverli, almeno per un po’, con me.
E mi ritrovo a osservarti, papà, mentre annaffi le tue piante e guardi il mare, con la convinzione che la felicità è fatta di cose piccole ma preziose… emozioni in punta di piedi che, come piccole esplosioni in sordina, allargano il cuore
Abbiamo soltanto la felicità che siamo in grado di capire. (Maurice Maeterlinck)
Ogni tanto mi fermo a pensare, soppesando le idee: se fossi stato un cane randagio, a questo punto del mio percorso avrei voluto soltanto un pezzetto di giardino nella cui vegetazione nascondermi. E, da lì, osservare il Mondo, per capire la differenza che c’è, se c’è, fra l’Inferno e il Paradiso.
E, poi, saresti arrivato tu a prenderti cura di me.
Famiglia, spesso, ha il vero significato nel momento in cui c’è qualcuno a guardarti le spalle e, al tempo stesso, a sorriderti e tranquillizzarti anche quando ti trovi sul bordo di un precipizio. La serenità consiste nel sapere che, all’occorrenza, si andrà giù insieme.
Solo adesso mi accorgo che ti sei avvicinato, cercando di dire poco o nulla, per provare a farmi capire che, la vita, spesso, è una questione di punti di vista e di osservazione. Dipende da dove ti siedi e cosa decidi di guardare.
Anche questo, e lo capisco adesso, è Amore. Un modo di condividere ciò che la solitudine insegna.
Cosa credo che mi riserverà il futuro?
Ti immagino, papà, mentre mi spieghi che dipenderà da quello che sarò stato in grado di realizzare con la mia opera e con il mio modo di essere. Conciliando quello che vuole il Sociale con ciò che si aspetta la mia Identità.
Ripensando alla tua felicità di riconoscermi come figlio, ritrovo in me la presenza di più di un pensiero felice: l’immagine delle mie figlie, l’incontro con i begli occhi che mi apprezzano…
Credo, però, che la luce in fondo al mio tunnel sia il punto in cui la mia creatività raggiungerà l’apogeo della Libertà.
Quando, cioè, la mia Identità si fonderà con l’essenza di cui tutti siamo composti, in quel luogo dove smetti di esistere come Persona per diventare parte del “Tutto”. Dove, per intenderci, quello che il bruco chiama “fine del Mondo”, il resto del mondo, lo chiama “Farfalla”.
E ritroverò anche te, papà. Perché non importa incontrarsi spesso. Basta non perdersi mai.
Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”

Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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