Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.
Perché, conoscersi, comprendersi e (soprattutto) accettarsi per potere (infine) cambiare, aiuta senz’altro a vivere meglio.
Ogni essere che viene al mondo, “cresce” nella libertà e si “atrofizza” nella dipendenza. (Silvano Agosti)
Questa particolare riflessione fotografa il destino della nostra esistenza: un’alba che sorge laddove si lascia la Libertà di “esplorare” (soprattutto quando si è più piccoli) e un tramonto (senza che il sole sia mai sorto davvero) ovunque Apprensione e Preoccupazione costruiscono una gabbia di protezione, creando la paura del vivere.
A me, gli psicologi, stanno cercando di levarmi il vizio della cocaina, non la paura di vivere (Diego Armando Maradona)
La definizione che potremmo dare di tale disturbo di Personalità è quella caratterizzata da un comportamento sottomesso e improntato all’attaccamento, correlato al bisogno che gli altri si prendano cura di noi.
Il prof. Glen Gabbard, tuttavia, evidenzia il fatto che, questo termine (dipendenza, appunto) corre il rischio di diventare una sorta di cliché psichiatrico.
Ognuno di noi, in qualche misura, a ben guardare, manifesta aspetti di relativa dipendenza, anche se si ha vergogna (e paura) ad ammetterlo, soprattutto per via di una Cultura nella quale il mito dell’individualismo e dell’indipendenza è fondamentale.
Eppure, come ci spiegano gli esperti, una assoluta indipendenza non è né possibile né auspicabile perché, ognuno di noi fin da piccolo, ha bisogno di qualcuno che sia in grado di approvare come “cresciamo”, che sia capace di trasmettere empatia, validazione del nostro modo di comportarci e ammirazione, non fosse altro che per avere un riscontro della nostra autostima.
Criteri diagnostici (DSM-V)
Un bisogno pervasivo ed eccessivo, da parte del soggetto, che gli altri si prendano cura di lui, che conduce a un comportamento sottomesso e improntato all’attaccamento e alla paura dell’ abbandono, che inizia nella prima età adulta e si manifesta in una varietà di contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti criteri
- Incapacità di prendere decisioni quotidiane senza richiedere un’eccessiva quantità di consigli e rassicurazioni;
- Bisogno che gli altri si assumano le responsabilità negli ambiti più importanti della propria vita;
- Esprimere con difficoltà il dissenso dagli altri, per la paura di perderne il supporto e l’approvazione;
- Difficoltà nell’iniziare progetti, o agire da soli, nelle applicazioni della vita quotidiana;
- Giungere a eccessi emotivi, pur di ottenere attenzioni e supporto dagli altri, al punto da prestarsi volontariamente per eseguire, su commissione, azioni disdicevoli;
- Sentirsi “smarriti” quando ci si trova da soli, a causa delle eccessive paure di non essere in grado di prendersi cura di sé;
- Nel caso in cui si concluda una relazione intima, tentare spasmodicamente di iniziarne un’altra, come fonte di cura e di supporto;
- Irrealistica preoccupazione per la paura di essere lasciato da solo a prendersi cura di sé.
I soggetti dipendenti, riescono a condurre un’esistenza apparentemente equilibrata, finché rimane in piedi la relazione di dipendenza da cui traggono la forza per funzionare adeguatamente.
Nel caso in cui, tale dinamica dovesse interrompersi per un qualsiasi motivo, (morte del coniuge o dei genitori, o separazione), l’individuo “dipendente” potrà manifestare quadri patologici di tale intensità da rendere, spesso, necessario l’intervento di una terapia psichiatrica.
Le Cause del problema (Aspetti psicodinamici).
Secondo i grandi autori come, ad esempio, il prof. Vittorio Lingiardi, lo “stile dipendente” può essere messo in relazione a un comportamento genitoriale, che “rinforza” l’idea della dipendenza, durante le fasi di sviluppo del bambino.
Gli individui dipendenti, infatti, solitamente provengono da famiglie che hanno in qualche modo trasmesso il messaggio che, a procedere da soli, si va incontro a pericoli di ogni tipo.
In alcuni contesti socio culturali si utilizza l’affermazione “siamo come una pigna” per descrivere un nucleo di aggregazione legato indissolubilmente come i pinoli di una pigna, appunto. Solo se si mantiene questa coesione sinciziale si crea forza e sicurezza all’intero gruppo.
Anche da questo, capiamo che si tratta di nuclei familiari con madri ipercoinvolte e intrusive.
Questi sofferenti hanno, alle spalle, una storia di subdole ricompense per aver dimostrato fedeltà verso i genitori, i quali li avrebbero rifiutati nel caso di qualsiasi tentativo di separazione e indipendenza.
Com’è intuibile concludere, in un simile contesto il bambino impara a rinunciare all’autonomia e sceglie di affidarsi completamente agli altri anche per le questioni più banali.
Nei testi del Prof. Glen Gabbard è riportato un interessante esempio
Un signore di 29 anni, che chiameremo Angelo, è un impiegato postale, sposato e sofferente di un disturbo di alterazione dell’umore che dura da tantissimo tempo e che gli procura anche insonnia, ansia e difficoltà nel prendere decisioni, nonostante la sua pignoleria,
Prima del suo ricovero psichiatrico, dovuto a intenti suicidari, Angelo è scoppiato in lacrime di fronte al suo superiore quando, quest’ultimo, gli ha comunicato di non essere molto soddisfatto del suo operato.
Accade, però, che quasi subito dopo il ricovero, Angelo si lega ad una paziente coetanea, “eleggendola” a guida psicologica così come ha fatto con la moglie; quindi, consuma tutti i pasti in sua compagnia e trascorreva ogni ritaglio possibile di tempo con lei. Non le fa alcuna proposta di intimità sessuale: gli basta sentirsi sicuro in sua compagnia.
La storia di Angelo, dopo un’attenta analisi rivela un modello di dipendenza che dura da sempre.
Durante il periodo delle scuole elementari aveva talmente paura che, sua madre, era costretta a riportarselo, spesso, a casa. Allo stesso modo, all’età di 10 anni era rimasto a dormire da uno zio ma, nel cuore della notte, aveva pianto così tanto che la madre era dovuta ritornare a prenderlo.
All’indomani del Diploma, molti dei suoi compagni si sono arruolati nell’Esercito e, lui, li ha seguiti senza riflettere più di tanto. Terminato il servizio militare, questi stessi amici hanno cercato lavoro all’interno dell’amministrazione postale e, ovviamente, Angelo li ha seguiti anche in questo.
Le cause della dipendenza e dell’ansia di separazione di Angelo diventano finalmente più chiare quando sua madre incomincia a fargli visita in ospedale. La donna, infatti, critica la sua decisione di farsi ricoverare lamentandosi di essere rimasta, per questo motivo, da sola.
E, a questo punto, Angelo, spiega ai terapeuti che anche da adulto è rimasto succube delle richieste della madre, recandosi spesso da lei per aiutarla in faccende domestiche. Descrive una incomunicabilità fra il padre e la madre e si descrive come interlocutore unico della propria madre, la quale gli ha precluso, di fatto, ogni aspirazione di autonomia
L’uomo porta, dentro di sé, le sue paure bambine per tutta la vita. Arrivare a farci pace per non averne più paura: questa, è la meta ultima dell’uomo. (Italo Calvino)
Con la speranza e l’obiettivo di essere stato utile per conoscere sempre meglio chi incontriamo (soprattutto quando ci guardiamo allo specchio), vi do appuntamento alla prossima puntata, nella quale cominceremo a entrare nel mondo della schizofrenia
Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale.
Buona “degustazione”

Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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