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Cari Lettori, immaginiamo di camminare con una tazza di caffè in mano. All’improvviso, qualcuno ci urta e, il contenuto si sparge dovunque, con non pochi danni.

E ora (anche se un po’ infastiditi per quanto accaduto) immaginiamo che, chi ci ha spinto, ci chieda: “Perché hai rovesciato il caffè”?

Tentando di resistere a reazioni socialmente censurabili, risponderemmo lividi di rabbia: “Ma per colpa tua!”

Siamo sicuri che la nostra affermazione sia corretta?

Avremmo, infatti, rovesciato il caffè perché era quello che avevamo nella tazza. Se ci fosse stato succo d’arancia, quello sarebbe venuto fuori

Qualcosa di simile succede, quando la vita ci presenta le Frustrazioni.

Quello che ci portiamo dentro, tracimerà ( a meno di non reprimere a livello disumano) investendo chiunque.

Provando a mentire a noi stessi, cercheremo di convincerci di custodire tesori preziosi ma, nel momento “critico”, si appaleserà ciò che ci opprimeva l’animo.

Per quanto strano possa sembrare, in ognuno di noi alberga un bambino, un po’ triste, che ha bisogno d’Amore.

Questa suggestiva riflessione produrrebbe un moto di doloroso fastidio in coloro che sono vittime di ingiustizie, soprusi, o più semplicemente (e drammaticamente) che sono cresciuti in ambienti che li hanno convinti di non potere incontrare un sorriso in cui rispecchiarsi.

Ma cosa risponderebbero, costoro, se gli dicessimo che quando due persone entrano in una relazione (che sia di amicizia o di amore) anche quando poi si separeranno, continueranno a conservare, ognuno dentro di sé, una parte dell’altra?

L’equazione di Dirac (La Formula dell’Amore)

Solo attraverso il volto dell’altro, posso incontrare il mio volto. Solo attraverso la presenza dell’Altro, posso costruire la mia vita (Massimo Recalcati)

Cari Lettori, non sappiamo con certezza chi ha messo in piedi quel palcoscenico chiamato “Universo” ma sappiamo, in base a quello che la Fisica ci spiega, che tutto si basa sulla ricerca di un “pezzo” mancante: la presenza dell’altro.

Il Fisico Paul Dirac arrivò a capire le basi dell’Entaglement (il legame fra particelle) sostenendo che, “se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma diventano una cosa sola”

In altri termini, quello che accade a uno di loro continua ad influenzare l’altro, anche se questi sono distanti chilometri o anni luce.

Tutto questo viene reso possibile dal fatto che, per ogni particella elementare (ad esempio, gli elettroni), l’unità della “materia” nella sua interezza si scinde in due componenti che nascono insieme, vivono insieme per un po’ e, quindi, si allontaneranno continuandosi a cercare per tutta la vita.

Il giorno in cui si ritroveranno, si fonderanno di nuovo e spariranno in un lampo abbagliante attraverso un fenomeno chiamato “annichilazione”.

Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati. (Cit.)

E, cari Lettori, la Fisica ci descrive un passaggio cruciale, in maniera mirabile: da un fotone (onda di luce) nascono particella e antiparticella (materia e antimateria) che procedono descrivendo la storia della propria vita ritrovandosi, un giorno, per fondersi e ritornando alla forma originaria: il fotone.

Quindi, possiamo concludere che si nasce, insieme, dalla luce e si muore, insieme, sempre nella Luce.

Un medico mi ha confessato una sua convinzione che mi è rimasta particolarmente impressa: “molta gente che viene da noi, non avrebbe bisogno di tre pillole al giorno ma di tre abbracci al giorno”.

Ed è proprio di questo che, tanti, cominciano a sentire il bisogno, non solo negli ospedali ma nella vita di tutti i giorni. (Piero Angela 1978)

“Amore” è la parola più “gettonata” in ogni epoca. Racchiude un concetto tanto ampio da non poterne banalizzare il senso in poche parole.

Filosofi, poeti e scrittori ci hanno ricamato in mille guise. La lettura delle loro opere ci affascina e ci ricarica ma, al termine, siamo portati a riflettere sul nostro vissuto e, ognuno, si rafforza in un suo personale e rispettabile punto di vista.

Paradossalmente, a furia di sentire parlare di questo sentimento, ci siamo un po’ bloccati e ci pare che, esso, sia molto difficile da vivere e trovarsi.

E invece sbagliamo, perché l’amore è come la semplicità: difficile ad essere accettato e colto, nel momento in cui lo si vive.

L’amore tocca tutte le fibre del nostro organismo, tanto che ne registriamo la presenza a posteriori, quando il momento razionale riemerge ad osservare tutto e ci segnala uno splendido passato, i cui effetti, nei casi fortunati, sono vitali anche nel presente.

La componente sessuale è importante, in sintonia con quanto sulla riproduzione della specie scrive il terribile Arthur (Schopenhauer).

Ma non è tutto. C’è un quid, diverso da persona a persona, che arricchisce il tutto.

L’amore non è mai colto dai poeti come “presente”.

È un consuntivo (come non ricordare Montale con la sua “Ho sceso milioni di scale, dandoti il braccio….”) o un desiderio che chissà se si realizzerà.

Del resto, chi vive lo vive, è così “preso” che non si vede perché debba fermarsi, interrompere il momento magico e registrare l’evento per sé e per noi tutti.

Leggendo ciò che scrivono i grandi poeti, si è portati a porre, come centrale, questo tema che, oggi, ognuno coniuga nel modo che più gli aggrada, dando libera manifestazione alla sua natura.

Due persone che vivono la stagione dell’amore sono così prese che non si lasciano, nelle sensazioni, disturbare dagli altri. A posteriori registrano invidie e cattiverie. Per questo l’istinto spinge gli innamorati ad essere riservati e gelosi di ciò che, intimamente vivono, sul piano del sentimento.

Catullo invitava a mescolare il numero dei baci per sfuggire alla malvagia invidia di eventuali acidi osservatori.

Dammi mille baci, e poi cento, poi altri mille, poi ancora cento; poi mille di seguito e poi cento. Poi, quando ne avremmo raggiunto molte migliaia, le rimescoleremo per non sapere quanti sono, o perché nessun maligno possa gettarci il malocchio, sapendo quanti sono i baci.

Alda Merini, per fermarci al nostro tempo così cattivo con l’amore, scrive:

L’innamorato è uno strano guerriero che sorride e vuol bene agli altri. L’innamorato fa sbocciare tutte le rose del mondo, ma gli altri le calpestano per un impulso improvviso di bruciante gelosia.

Ci viene di osservare a questo proposito che, quasi come una atavica condanna, gli stessi innamorati (o uno dei due), quando avvertono di essere sul punto di un momento magico che pare durare più di un momento, fanno di tutto per interrompere l’incanto, ritornando alle prosaiche liti di ogni giorno.

Il vero Amore si determina quando, ricordandomi ciò che ho amato in maniera incommensurabile e conflittuale, grazie a te io risolvo una specie di impossibile da dire (Cit.)

Il problema è che l’amore, nel suo manifestarsi, non è un “continuum”, ma è come una corsa sulle montagne russe, che sfugge alla stabilità.

Nella Divina Commedia c’è un passo (nel nono Canto del Paradiso, quando, Dante Alighieri, si rivolge a Folchetto da Marsiglia) che probabilmente pochi conoscono ma che viene ritenuta come una definizione straordinaria d’amore che anticipa di sei secoli il concetto di Entaglement…

S’io m’intuassi, come tu t’inmii

Intuarsi…

Termine che, letteralmente, significa entrare nel cuore e nella mente dell’altra persona: da due, diventare uno, senza annullarsi nell’altro ma, semmai, “sentire” la sua anima e consentirgli di fare altrettanto con noi.

Perché l’amore, in fondo è questo: reciprocità. Tendere la mano verso l’altro. Entrare dentro l’altro senza percepire confini.

Essere dentro una sensazione, uno stato d’animo, un’emozione con tutto sè stesso, fino a diventare quell’emozione.

Abbiamo, da poco, superato il periodo di San Valentino e, ammantati dalla sua “onda lunga” lasciamo che ognuno viva il proprio “attimo” come meglio desidera.

La nostra Società consumistica spinge a vivere un momento di così intensa spirituale corporeità nel modo più sguaiato possibile anche con ridicole file ai supermercati “fatte” di carrelli pieni di cuori di cioccolata.

L’invito più ragionevole che ci sentiamo di offrire, è che ognuno si sforzi di guardare dentro di sé per alimentare la fiamma della sua autenticità. Così come ci spiega l’Entaglement e l’annichilazione, con questa luce (la fiamma della propria autenticità) potrà trovare l’altro col quale, dandosi vicendevolmente aiuto, affrontare le tempeste della vita.

Certo, con quella trepidazione che tocca sempre chi sta mutando e sente mutare il corso della propria esistenza.

Per quanto si sia cauti o si cerchi di essere indifferenti, non dobbiamo dimenticare che, prima o dopo, l’amore ci “toccherà”.

Il verso memorabile e immortale di Virgilio ce lo ricorda da millenni.

Omnia vincit amor et nos cedamus amori (L’amore vince tutto, arrendiamoci anche noi all’amore).

Una resa che, densa di emozione, ha tutta l’aria di essere una (sempre precaria) vittoria.

The Family Man, da cui è estrapolata l’immagine di copertina, è un film del 2000 diretto da Brett Ratner, interpretato da Nicolas Cage e Téa Leoni. Il tema della pellicola, incentrato su un uomo a cui viene data la possibilità di vivere, per un breve periodo, la vita che avrebbe potuto avere se avesse preso una decisione diversa 13 anni prima.

Una trama un po’ banale, se vogliamo, che descrive un milionario americano il quale, controvoglia, si trova a vivere (come in un’altra dimensione) quella che sarebbe stata la sua vita se, da ragazzo, non avesse abbandonato la fidanzata per un master in economia, in Europa: sostanzialmente un commerciante della middle class.

Una volta costretto a rientrare nella “vita da ricco”, a bordo della sua Ferrari, si rende conto di quali siano i veri valori e riesce a convincere la donna che, un tempo, aveva amato, a dargli una nuova possibilità.

Se guardiamo oltre ciò che appare, però, estrapoliamo la ricetta per guarire i mali che ci affliggono: l’Amore

Cari Lettori, vorremmo salutarvi rivivendo insieme a voi, la suggestiva conclusione

The Family Man

Kate, non puoi andare, non salire sull’aereo!”

Jack?”

Ti prego, prendiamoci soltanto una tazza di caffè. È tutto quello che ti chiedo. Certamente ci sarà un altro volo per Parigi”

Jack, hai bisogno di assoluzione? Perché, se è così, dopo tutti questi anni… ecco, sto bene. Io ero affranta, Jack, ma l’ho superata, ho guardato avanti. E dovresti guardare avanti anche tu”

abbiamo una casa nel New Jersey, abbiamo due figli: Annie e Josh. Annie non è un granché come violinista ma ce la mette tutta; è un tantino precoce ma solo perché dice quello che pensa. E Josh… lui ha i tuoi occhi. Non dice molto ma sappiamo che è uno sveglio. Guardandolo ti accorgi che sta imparando una cosa nuova: è come assistere a un miracolo. La casa è un casino ma è nostra. Ancora 120 rate del mutuo e sarà nostra. E tu, presti assistenza legale gratuita ma non ti crea problemi. E siamo innamorati! Dopo 13 anni di matrimonio siamo ancora incredibilmente innamorati. Non mi permetti di toccarti se non lo dico. Canto per te: non sempre ma, sicuramente, nelle occasioni speciali.

Vedi Kate, tu sei migliore di me e, lo starti accanto, mi ha reso migliore.

Non lo so, forse è stato solo un sogno. Magari sono andato a letto in una triste notte di dicembre e ho immaginato tutto, ma ti giuro che niente è mai stato più reale. E se ora sali su quell’aereo sparirà per sempre. So che possiamo continuare con le nostre vite, ce la caveremo benissimo. Ma io ho visto quello che potremmo essere insieme… e scelgo noi!

Quando camminerete sulla terra dopo aver volato, guarderete il cielo perché là siete stati e, là, vorrete ritornare” (Leonardo da Vinci)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto, per la collaborazione

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