C‘è chi va e c’è chi resta. In ultimo, righe che fanno da sfondo alla colonna sonora di un gran film, che tanto ha fatto riflettere. Molte le domande che ha esaurito, lasciando un bel po’ di amaro in bocca.
L‘amaro in bocca. Lo si sente in verità nell‘anima e, stamane, sveglia dopo aver fatto un salto nel passato, quello che cerco inutilmente di trattenere, niente riesce ad addolcirlo.
Il dovere. Fai il tuo dovere. Strapazzata nel mare dell‘inquietudine, a fatica riesco a trovare la forza per sollevare il capo e provare a guardare in lontananza.
Rimango perplessa su questa parola. Il dovere. Risuona nella mia mente quasi a ricordare che, nonostante i fatti della vita cambiano le cose e anche le persone, il senso del dovere rimane l‘unica certezza.
Non riesco più a trovare il filo del discorso, a soddisfare la curiosità che nasce dall‘ingegno, o forse meglio, a stimolare la mia curiosità che, molto semplicisticamente, si è assopita trascinandomi all‘interno di un percorso circolare.
Il dovere, la certezza, la curiosità.
L‘egocentrismo. Sorprendente come, a volte, pensiamo che le nostre più grandi debolezze rappresentano una manifestazione della personalità bisognosa di “incoraggiamento“ ed invece si collocano fra le convinzioni proprie dell‘essere umano del volersi trovare al centro. Il passo, dall‘egocentrismo al vittimismo, è breve, corto, talmente corto che si rischia di rimanere nel mezzo di se stessi senza riuscire a vedere immediatamente dopo, sentendo solo ed esclusivamente il lamento della propria voce.
Resto sola. Nel silenzio amplificato dallo scandire dei battiti del cuore. Sempre più spesso ormai ne cerco la presenza. Paura? Nessuna di questa solitudine che, caldamente, avvolge ingabbiandomi all‘interno di me stessa e con la certezza che l‘equilibrio, inteso come raggiungimento della pace, va cercato dentro e non fuori. Può essere nell‘assenza di rumori, fra le righe buttate velocemente sulle pagine bianche ansiose di essere riempite, nella ricerca dei profumi legati ai bei ricordi.
Chiudo gli occhi ed in un sol istante trascorre tanto tempo.
Mi piace vivere del momento, la previsione non fa parte delle cose che mi appartengono, ma, sempre più spesso, mi accorgo ormai, che non è possibile attraversare una strada senza guardarsi bene intorno, senza dover prevedere da quale parte arriverà quella folata di vento, a far si che non mi trovi impreparata o scoperta.
Quell‘inquietudine che ci prende di riempire la vita! Non è una corsa a voler soddisfare un‘esigenza, una serie di esigenze, ma una necessità propria di alcuni che va appagata. Non importa dove si trovano le motivazioni per arrivare, l‘importante è averle, non permettere a nessuno di spegnerle.
Quanto tempo che è passato! Uno, due, tre, quattro o più anni, non lo ricordo, ne ho perso il conto. Le cose cambiano, cambiano le persone, cambiano i momenti. Vivo un istante, anche con difficoltà e subito dopo ne sento immediatamente la mancanza. Com‘è possibile avere nostalgia di un periodo di intensa solitudine?
“Non si può tornare indietro, ma solo avanzare modificando.“
La stima, la fiducia, il rispetto. Provo a trovare il collegamento fra le tre, ma il legame è talmente forte che difficilmente si traduce con le parole.
Addormentata di un sonno intenso ricevo in dono un sogno bellissimo, articolato e denso di significati. In un sacchetto depositato sulla riva di ghiaia di un fresco corso d‘acqua, il passato, lasciato lì ad attendere, per essere svelato e trasmesso dolcemente. Una corsa in due, ci ritroviamo, uno scambio di sguardi senza bisogno delle parole, avanziamo insieme mano nella mano. E là, dove la vita ha deciso di manifestarsi nelle sue tante sfaccettature, si separiamo. Un po‘ con dispiacere. Ad ognuno il suo patchwork, colorato nei tanti pezzi che lo compongono, sempre in crescita e mai finito, arricchito di momenti da legare, mutabile nella forma, caldo ad avvolgere.
Fernanda (15 gennaio 2012)
Biologa CNR, Counselor. Responsabile “gestione area informativa” Progetto SOS Alzheimer On Line