Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Vivevano tanti anni fa, in un favoloso regno, due sorelle gemelle: Diagnosi e Prognosi. Erano stati imposti loro questi nomi perché la madre, una veggente, sapeva cosa avrebbero fatto le figlie una volta adulte.
Diagnosi (dal greco ‘diágnōsis’, composto di ‘dia-’ “attraverso, per” e -gnosis “-gnosi”, conosco) – come aveva previsto la madre – una volta cresciuta sapeva individuare la natura di una malattia osservando attentamente i sintomi e facendo domande ai pazienti. Era una sorta di “investigatrice medica”, sempre pronta a scoprire cosa affliggeva una persona.
Prognosi (dal greco ‘prógnosis’ “previsione”) – sempre secondo la predizione della madre – aveva il dono di guardare avanti nel tempo e prevedere come si sarebbe sviluppata una malattia (o un trauma) e il suo evolversi. Era come una veggente, capace di infondere speranza o preparare le persone per ciò che sarebbe potuto accadere in seguito.
Un giorno, un giovane cavaliere del regno si ammalò gravemente. I medici ricorsero a Diagnosi per capire cosa lo affliggesse. Dopo un’attenta analisi e vari esami di laboratorio,
Diagnosi scoprì che il cavaliere aveva contratto una malattia rara. La sua scoperta era cruciale, ma rappresentava solo il primo passo.
Fu allora che intervenne Prognosi. Dopo avere osservato attentamente il cavaliere, si pronunciò: “Il giovane cavaliere potrebbe riprendersi con le giuste terapie, ma dobbiamo essere cauti, vigili e attendere… con prognosi riservata, quindi”. Gli abitanti del regno impararono, così, a fidarsi di ambe le sorelle, sapendo che ciascuna aveva un ruolo ben definito e importante in ambito sanitario.
Tuttavia, nell’incantevole regno alcuni scribi, nel comunicare le condizioni dei pazienti ricoverati nel piccolo ospedale, commettevano un grave errore: scrivevano che i pazienti erano “in prognosi riservata” invece di “con prognosi riservata”.
Prognosi, preoccupatissima, cercò di correggere lo strafalcione.
Spiegò agli scribi (alcuni dei quali credevano, addirittura, che diagnosi e prognosi fossero sinonimi) che la prognosi non era un reparto ospedaliero, ma una previsione sulla durata e sull’esito di una malattia o di un trauma. Essere “con prognosi riservata” significava, quindi, che le condizioni del ricoverato erano incerte e occorreva attendere gli sviluppi prima di prendere una decisione.
Gli scribi, dunque, avrebbero dovuto scrivere, per esempio, che dopo l’incidente “il giovane era stato ricoverato in ospedale con prognosi riservata”.
Col trascorrere del tempo, grazie agli insegnamenti di Prognosi e Diagnosi, gli abitanti del regno, gli scribi in particolare, impararono ad adoperare correttamente i termini e a comprendere meglio il mondo della medicina. Tutti vivevano più sereni, sapendo di poter contare su queste due sagge sorelle per affrontare le “sfide sanitarie” della vita.
A cura di Fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.