Notti di scoppi, notti di botti. Gli auguri non sono mai troppi. 1000 baciotti con tanti schiocchi prima che il nuovo anno ci sciocchi.
È questo uno dei più originali auguri che si possa ricevere all’inizio di un anno che, per tradizione (e, mai, come in questa fase di incertezza economica, sanitaria e valoriale), è sempre carico di speranze, attese… pretese e, a volte, povere illusioni.
Dovunque e comunque si manifesti l’eccellenza, subito la generale mediocrità si allea e congiura per soffocarla (Arthur Schopenhauer).
Cari Lettori, dopo il “Tempo della speranza”, ci pare naturale riflettere sul “Coraggio della scelta”.
Sperare è desiderare qualcosa (o qualcuno).
Ebbene, a questo punto scatta la necessità di organizzare la propria vita e il proprio agire in vista di un progressivo avvicinamento alla meta, per quanto è, ovviamente, nelle nostre possibilità.
Parliamo sempre di Speranze “alte” che siano in sintonia con il meglio dei nostri Valori.
Speranze che, se un domani concretizzate, ci renderanno veramente umani in fraternità di spirito con gli esseri tutti.
Necessaria, in tale ottica, la scesa in campo del coraggio, che è un modo di porsi dinanzi alla vita franco, leale, denso di responsabilità.
Il coraggio della scelta impone una via da seguire che potrebbe anche non essere la strada giusta, ma va apprezzata perché frutto di ponderazione e amore.
Fernando Savater, il grande intellettuale spagnolo, tempo fa ha dedicato un intenso saggio proprio al coraggio di scegliere. Per lui il coraggio in questione, è la capacità di decidere e inventare azioni in grado di trasformare la realtà e noi stessi.
Nel momento in cui miriamo a un obiettivo, le nostre forze orientano il timone in un senso ben preciso. In questo caso, nel momento in cui elaboriamo progetti e facciamo scelte conseguenti finiamo con il trasformare noi stessi.
L’uomo vecchio che è in noi si lascia vivere e, se spera, lo fa in modo basso e triviale. Senza forza interiore non si cambia neanche una virgola del vecchio mondo. È l’uomo nuovo che dobbiamo scoprire in noi, avendo il coraggio di farlo entrare in campo, animato dall’amore di nobili scelte.
Il problema della scelta è centrale nella vita di ognuno che voglia dare un senso autentico alla propria esistenza.
Il filosofo che sul tema della scelta ha scritto pagine assai vitali e profonde è Soren Kierkegaard.
L’Essere Umano, in quanto singolo, in quanto individuo, diventa “ciò che” è come conseguenza delle sue scelte.
L’individuo crea del tutto liberamente la sua etica ed è responsabile delle sue libere scelte e delle sue azioni.
Chiunque viva in uno stato democratico (l’Italia, per esempio) è logico che informi il suo agire nel rispetto dei grandi valori della Carta Costituzionale.
In tal caso, la sua etica non può che essere rispettosa di tutti e mirante al superamento di ogni angusto egoismo.
Il problema della scelta si pone ogni giorno dinanzi a noi.
Troppe volte abbiamo rinviato le scelte, per viltà, per quieto vivere, per avidità, per timore del giudizio degli altri (che sono spesso lo specchio peggiore di noi).
Ci siamo, forse, per tanto tempo, per troppo tempo, lasciati vivere dilapidando la migliore eredità dei Padri.
Ora il momento è drammatico, non si può più far finta di non prendere atto che, il mondo, affidato a persone pericolose rischia di precipitare in un caos senza ritorno.
Da soli non potremo cambiare certo la coscienza di tutti…
Ma tantissimi singoli che decidono di dare un contributo per la salvaguardia dell’umanità, della Natura, di ogni essere animato e senziente possono formare una resistenza notevole ad ogni deriva sociale, politica, ambientale.
Abbiamo dilapidato un patrimonio di civiltà. Ora che diremo ai nostri figli e nipoti?
Che, noi, forse dormivamo?
Per questo preferisco di gran lunga l’autunno alla primavera, perché in autunno si guarda il cielo. In primavera la terra. (Søren Kierkegaard)
E allora, perché non provare sul serio a posare la pietra per costruire una Società non condizionata dalla paura?
La paura del diverso, la paura del prossimo; il timore di quello che troveremo dietro l’angolo, la preoccupazione di abbassare lo sguardo di fronte al potente di turno (politico o delinquente, a volte, la differenza è molto sottile).
Il lupo non si preoccupa mai di quante siano le pecore.
A volte, le parole sono come sassi, precisi e aguzzi, che vengono scagliate su vulnerabili e indifesi. Perché, allora, non trasformarle in dardi intrisi non tanto di veleno quanto, piuttosto, di rabbia e ribellione?
Che ci vuole a smetterla di vivere nell’ansia di venire scalzati da persone più “fresche”, “attente” e innovative?
È vero che, come sosteneva lo scrittore Richard Yates, la gente ha smesso di pensare, di provare emozioni, di interessarsi alle cose con (quasi) nessuno che si appassioni o creda in qualcosa che non sia la sua piccola, dannata, comoda mediocrità ma l’osservazione della realtà, ci porta a concludere che esistono individui giusti, equanimi, imparziali che, se messi a capo di un’impresa qualsiasi, sono in grado di distribuire le risorse con equilibrio, migliorando l’armonia all’interno del team ed apprezzando qualità e meriti dei collaboratori.
All’opposto, vi sono personaggi che pensano solo a sé stessi e (a volte) a coloro che li aiutano a raggiungere i propri obiettivi.
La psichiatria li definisce “Borderline” o, più comunemente “Narcisisti negativi” ma, cari Lettori, se li ponete a dirigere un’Istituzione, la useranno per i propri fini personali (come fosse una proprietà privata) e metteranno ai posti di comando amici e complici, dando loro la possibilità di arricchirsi. Essi raggiungono i loro scopi con l’intimidazione, o con la “seduzione” (corruzione compresa).
In fondo, questo dualismo rappresenta le due facce del Narcisismo: costruttore e distruttore
Ma perché il popolo è ignorante? Perché deve esserlo.
L’ignoranza è custode delle virtù.
Dove non ci sono prospettive, non ci sono ambizioni; l’ignorante è in una botte benefica che, sopprimendo lo sguardo, sopprime le brame.
Di qui l’innocenza.
Chi legge pensa, chi pensa ragiona.
Non ragionare è un dovere; è anche una fortuna. Queste sono verità incontestabili.
Sulle quali si regge la Società.
(Victor Hugo, L’uomo che ride)
Cari Lettori, la Democrazia è basata sull’eguaglianza, ma è insidiata mortalmente dal privilegio e dall’ignoranza.
E a tal proposito, la Politica (simbolicamente intesa come la gestione della conduzione degli esseri umani nella Società) piaccia o meno, si fonda sulla contrapposizione di amico e nemico.
Al tempo stesso, la Storia annovera statisti di valore, capaci di riconoscere le virtù dei propri antagonisti. Giulio Cesare ha restituito le loro cariche a molti Senatori che avevano appoggiato Pompeo. J.F. Kennedy ha nominato ministri degli antagonisti Repubblicani.
Ma allora, è possibile che non esista qualcuno disponibile a trasformare, per davvero, il concetto di solidarietà da mero assistenzialismo a punto di partenza per la valorizzazione delle risorse umane (soprattutto delle persone in difficoltà), per ridurre il fenomeno della dipendenza e aumentare l’autonomia propositiva e realizzativa?
È vero, l’esperienza ci ha insegnato che, spesso, ogni volta che un grande uomo è all’opera, ipocriti ed invidiosi, cercano di abbattere il suo sistema di “governo” per potere “saccheggiare” ciò che ha costruito.
D’accordo, sovente, protezionismo e salvaguardia di privilegi, al riparo del motto “vinca il migliore”, non hanno contribuito alla crescita di un popolo, ma sono stati perpetrati alla stregua di “sacre scritture”.
E allora, che fine hanno fatto le nostre parole, quelle che (di solito) usiamo per farci del male?
Che, forse, sono andate a dormire, sorprese da un dolore profondo che è difficile spiegare? A queste condizioni, come sempre, ci perdiamo nel buio, in scoppi di risate immotivate.
Parole, già… ma se le donassimo per spiegare che i “portatori sani” di ideali fuori dal comune rappresentano l’arma in più per contribuire alla preparazione di una Società che “cresce” e che, la paura di non essere all’altezza del compito, è una sensazione normale che ci avvolge ma che non ci deve fermare?
Parole, si, ma utili a chiarire che lo stress da ansia prestazionale, l’invidia per i successi altrui, la carenza di sicurezza, la crisi dell’autostima, possono essere affrontate e risolte attraverso una crescita maturativa che porta a una collaborazione in un gruppo in cui ognuno è leader di sé, ma pronto alla gregarietà per il raggiungimento di obiettivi comuni.
Le parole sono pietre, a patto che – passando dalle parole ai fatti – le pietre diventino, per così dire, angolari e siano alla base di reali miglioramenti sia spirituali che materiali. Un po’ come la goccia che perfora la pietra a patto che le gocce siano insistite e continue, sapendo altresì che la pietra sembra irresistibile perché, in fondo, nei decenni non è mai stata affrontata con responsabile vigore e rigore
Le parole di un coraggioso, sono come palle di neve che non si sciolgono al sole ma si trasformano in razzi incandescenti che danno la forza di disobbedire ai divieti e alle imposizioni.
Chi lancerà lampi dentro a quel pozzo cupo e abbandonato, per rischiarare i visi sordi e muti che l’amore non ha illuminato?
Cari Lettori, a corollario della suggestiva immagine di copertina, vorremmo salutarvi ricordando l’invito di don Luigi Ciotti a proposito di quella capacità di scelta che si chiama “Eresia”: quella della coerenza, del coraggio, della gratuità, della responsabilità e dell’impegno, mettendo la propria libertà al servizio di chi, ancora, libero non è.
Per non accontentarsi dei “saperi di seconda mano”, per ribellarsi al sonno delle coscienze, per non rassegnarsi alle ingiustizie. Per credere che, solo nel “Noi”, l’io possa trovare una realizzazione.
A ciascuno il suo, signori, senza far finta di nasconderci da questa “chiamata alle armi”. Altrimenti, come sosteneva Anton Checov:
Una volta nel gregge è inutile che abbai, puoi solo scodinzolare!
DISCORSO ALL’UMANITA’ (Da “Il grande Dittatore”)
Per guardare il video su Youtube, cliccare qui
Mi dispiace. Ma io non voglio fare l’imperatore. No, non è il mio mestiere. Non voglio governare, né conquistare nessuno; vorrei aiutare tutti se è possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi, esseri umani, dovremmo aiutarci sempre; dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l’un l’altro.
In questo mondo c’è posto per tutti: la natura è ricca, è sufficiente per tutti noi; la vita può essere felice e magnifica.
Ma noi lo abbiamo dimenticato.
L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotto a passo d’oca a far le cose più abiette.
Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi; la macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà; la scienza ci ha trasformato in cinici; l’abilità ci ha resi duri e cattivi.
Pensiamo troppo e sentiamo poco.
Più che macchinari, ci serve umanità.
Più che abilità, ci serve bontà e gentilezza.
Senza queste qualità, la vita è violenza, e tutto è perduto. L’aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti. La natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell’uomo, reclama la fratellanza universale, l’unione dell’umanità. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di uomini, donne , bambini disperati.
Vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente.
A coloro che mi odono, io dico: non disperate, l’avidità che ci comanda è solamente un male passeggero. L’amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano, l’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori. E il potere che hanno tolto al popolo, ritornerà al popolo.
E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa.
Soldati! Non cedete a dei bruti! Uomini che vi sfruttano! Che vi dicono come vivere! Cosa fare! Cosa dire! Cosa pensare! Che vi irreggimentano! Vi condizionano! Vi trattano come bestie! Non vi consegnate a questa gente senza un’anima!
Uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore.
Voi non siete macchine, voi non siete bestie, siete uomini!
Voi avete l’amore dell’umanità nel cuore. Voi non odiate coloro che odiano solo quelli che non hanno l’amore altrui.
Soldati! Non difendete la schiavitù! Ma la libertà!
Ricordate, promettendovi queste cose, dei bruti sono andati al potere: mentivano, non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno.
I dittatori forse, son liberi perché rendono schiavo il popolo.
Allora combattiamo per mantenere quelle promesse!
Combattiamo per liberare il mondo, eliminando confini e barriere! Eliminando l’avidità, l’odio e l’intolleranza! Combattiamo per un mondo ragionevole; un mondo in cui la scienza e il progresso, diano a tutti gli uomini il benessere.
Soldati! Nel nome della democrazia siate tutti uniti!
“Eretico è chi ha il coraggio di avere più coraggio” (don Luigi Ciotti)
Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo
Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”
Un ringraziamento affettuoso agli amici Amedeo Occhiuto (per la collaborazione) ed Eugenio Filice (per i particolari auguri per un anno di speranza).