Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.
Perché, conoscersi e comprendersi, aiuta senz’altro a vivere meglio.
Si narra che, un giorno (forse senza tempo), nell’antica Grecia, i Sette Savi incisero alcuni loro pensieri sulle mura del tempio di Apollo, a Delfi.
Pare che, l’ultimo dei sette, Biante da Priene, dopo aver titubato a lungo, abbia scritto:
La maggioranza degli uomini è cattiva
A riguardare i libri di Storia (e di Filosofia) ritroviamo Socrate che, riprendendo un pensiero di Eraclito sintetizzò una interessante conclusione in merito:
L’uomo persegue il Male solo perché non conosce la strada del Bene; altrimenti, non sarebbe così stolto da battere un sentiero così impervio e poco gratificante come quello del Male
Non avrebbe senso pensare che l’essere umano sia nato per soffrire: molto del percorso che ci si para di fronte, dipenderà (come abbiamo avuto modo di capire in questi nostri incontri) da come ci hanno consentito di vivere le tappe fondamentali, che partono dai primi mesi della nostra venuta al mondo e culminano entro i primi tre – cinque anni di vita.
Il resto, tutto il resto, sarà un ottimo (o pessimo) condimento di un piatto già cucinato.
In una pubblicazione scientifica del 1969, il biologo Delgado, riporta i seguenti risultati: “Nella porzione posteriore dell’ipotalamo, sono presenti due gruppi diversi di strutture, le une remunerative e le altre punitive. Un’analisi sistematica di queste aree cerebrali del ratto, rivela che il 60% del cervello è neutro, il 35% risulta “remunerativo” e solo il 5% può provocare effetti punitivi”.
Considerando che il protocollo scientifico prevede una “sovrapposizione neurofunzionale” fra ratti ed esseri umani, possiamo concludere che è come se, per noi, sia stata prevista la necessità di riflettere molto (60% di aree cerebrali neutre) per imparare ad apprezzare i piaceri della vita (35% di aree cerebrali gratificanti) e valutando la capacità di percepire il dolore (5% di aree cerebrali “punitive”) solo come campanello d’allarme in presenza di pericoli.
Torniamo, per un attimo, al nostro vagare esistenziale
Come dei novelli Argonauti, andiamo alla ricerca del “vello d’oro” con la speranza di poterci sentire bravi al punto da meritare la massima considerazione altrui.
Il tipo di angoscia che ci farà compagnia, sarà consequenziale a come avremo imparato a “sentire” il rapporto con gli altri e con la loro assenza, riuscendo, o meno, a percepire in noi la loro tranquillizzante presenza.
In questo modo, potremo camminare con una coerenza di identità (potendo contare su un “IO” ben strutturato) oppure avremo la necessità di ricorrere a grosse dosi di quello che gli esperti chiamano il “Falso sé’”.
Soprattutto da questo, come abbiamo visto nelle precedenti puntate, potrebbe nascere la necessità di corroborare la stima attraverso delle iniezioni di “Masochismo narcisistico” (nel quale, la sofferenza, è guidata dal principio secondo cui “se soffro e sopporto, sono diverso e migliore dagli altri”) o di “masochismo morale per senso di colpa” (una via di “redenzione”, attraverso privazioni e sofferenze, per obiettivi non raggiunti o eventuali mancanze nei confronti altrui)
Nelle scorse puntate abbiamo avuto modo di analizzare il diverso modo di vivere il masochismo (in ogni sua sfaccettatura: sessuale, narcisistica e morale) nella donna e nell’uomo.
Per quanto riguarda il masochismo narcisistico e il masochismo morale, non esistono elementi in grado di indicare la prevalenza in uno dei due sessi.
Le caratteristiche cliniche della personalità depressivo-masochistica si possono trovare in entrambi i sessi ma:
- le relazioni d’amore masochistiche sembra che siano più frequenti nelle donne;
- la sottomissione masochistica sul lavoro appare più diffusa negli uomini.
E cosa succede quando, persone con simili necessità di soffrire, decidono di incrociare i propri destini attraverso un rapporto di coppia?
L’osservazione di molti specialisti del settore ci porta a concludere che, nelle donne con personalità depressivo-masochistica, le relazioni d’amore masochistiche costituiscono, spesso, la problematica dominante.
Nel percorso esistenziale che determina una simile caratterizzazione di personalità, fin dall’adolescenza, l’amore per un uomo idealizzato, irraggiungibile, frustrante o profondamente deludente diventa un’esperienza che influenza tutta la futura vita amorosa.
Il problema maggiore nasce nel momento in cui, tale inclinazione, continua anche nell’età adulta (quasi come un portarsi dentro, in maniera opprimente, quella specie di inconscio amore impossibile verso il proprio padre) diventando una specie di destino avverso.
Nel caso in cui la caratterizzazione masochistica, nel corso del tempo, sia diventata consistente, si possono alternare timori e inibizioni sessuali a coinvolgimenti intimi impulsivi, in circostanze paradossalmente frustranti o pericolose.
In simili circostanze, la storia di una donna con educazione puritana inorridita all’idea di qualsiasi intimità che, invece, vive il suo primo rapporto, di notte, in macchina con uno sconosciuto dal fare aggressivo e minaccioso, non è solo la trama di un film.
Ovviamente, non parliamo di violenza sulle donne ma di rapporti consensuali, anche se dolorosi.
Come abbiamo visto nelle puntate precedenti, nell’uomo masochista, il desiderio di essere dominato da una donna potente ripropone le fantasie di bambino di essere sopraffatto da una madre potente, unite all’espiazione della colpa per aver desiderato la “sparizione” del proprio padre.
Un amore impossibile, implica sempre un’estrema idealizzazione della donna amata, che si accompagna all’inibizione, alla scarsa empatia e al creare le condizioni per un fallimento.
Sia negli uomini che nelle donne, l’amore non ricambiato accresce l’interesse e il desiderio, invece di diminuirlo: quindi, è come se non si riuscisse ad elaborare l’idea del lutto, come perdita possibile e fisiologica.
Quindi, nel corso degli anni si può osservare una tendenza ad innamorarsi di persone impossibili, a sottomettersi eccessivamente ad un partner idealizzato e a minare inconsciamente la relazione proprio con questa sottomissione, annullando nel contempo la possibilità di altre relazioni più gratificanti.
È facilmente intuibile come, gli schemi masochistici individuali di cui abbiamo parlato finora, possano trasformare anche una potenziale relazione soddisfacente, in un vero e proprio incubo, dando sfogo a quello che, un paio di incontri fa, abbiamo imparato a conoscere come “masochismo morale, per senso di colpa”.
Per esempio, se entrambi i partner sono cresciuti con forti valori morali e sono inclini ai sensi di colpa (potremmo anche dire, con un “Super IO” molto sviluppato) sacrificheranno la qualità della propria vita per aderire alle richieste dell’altro (fobie, ipocondrie, paranoie, etc.) e producendo quadri ansioso depressivi.
Un’altra possibilità (di farsi del male) è rappresentata dall’ipotesi concreta di sacrificare un’importante area della vita, per ottenere dell’altro (soldi, successo, o altro) accettando di auto schiavizzarsi.
Una ulteriore declinazione masochistica, la ritroviamo in quella specie di roulette russa con il destino (coinvolgendosi in situazioni potenzialmente molto pericolose) o attaccando senza tregua la persona amata e provocando un suo lento allontanamento ma sempre sperando che, alla fine, l’altro rimanga.
Anche situazioni meritorie, come quella di innamorarsi di una persona con delle difficoltà di dipendenze di vario genere o appartenente a nuclei familiari gravemente disfunzionali, anche per l’intrinseco bisogno di provare a salvarla, oppure il rinunciare a separarsi per via della presenza di figli piccoli, o il temporeggiare ad avere dei figli fino a quando non è più possibile, potrebbe nascondere aspetti masochistici, camuffati da “razionalizzazione ideologica” di scelte masochistiche.
Fin da bambino sono sempre andato dietro alle donne sbagliate. È un mio problema. Quando mia madre mi ha portato al cinema a vedere Biancaneve tutti si sono innamorati di Biancaneve; io, della strega. (Woody Allen)
Con la speranza e l’obiettivo di essere stato utile per conoscere sempre meglio chi incontriamo (soprattutto quando ci guardiamo allo specchio), vi do appuntamento alla prossima puntata, nella quale ci occuperemo del disturbo antisociale di personalità
Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”
Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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