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È la cosa più positiva della vita, che ciascuno abbia tanto dentro di sé: il proprio destino, il proprio avvenire, il proprio spazio, il proprio mondo intero. (Rainer Maria Rilke)

Cari Lettori, abbiamo pensato di abbracciare questo pensiero del Poeta Rainer Maria Rilke, per introdurre il lavoro di questa settimana perché, proprio ispirandosi a lui, il Regista Wim Wenders ha immaginato, nel 1987, il Film “il cielo sopra Berlino” e, 11 anni dopo, Brad Silberling dirige “La città degli Angeli”, con Nicholas Cage e Meg Ryan.

Maggie Rice, ottima cardiologa di un grande ospedale, si confronta col freddo del fallimento “perdendo” il suo paziente durante un intervento che non avrebbe dovuto riservare soprese.

In preda alla più profonda frustrazione, nel buio dei corridoi che parlano di dolore incontra Seth Angelo della Morte che, dolcemente, accompagna i morenti in un “mondo migliore”.

Fra i due inizia una “magia” che, dal cuore di Maggie giunge nell’infinito dell’Angelo immortale e che spinge, quest’ultimo, a voler sperimentare la dimensione umana: tanto precaria quanto capace di offrire “giardini” dall’incomparabile bellezza.

Per ottenere ciò, sacrifica la sua Eternità e “cade”, saltando giù dai ponteggi di un grattacielo in costruzione. In nome dell’Amore verso Maggie e della bellezza interiore che, potenzialmente, avvolge l’intera umanità.

Cari Lettori, se volessimo calare nella nostra realtà il senso de “la città degli Angeli”, potremmo iniziare a soffermarci sul fatto che la stragrande quantità di informazioni che investono il nostro sistema percettivo (nonostante la realtà in cui siamo calati sia equamente suddivisa fra cose buone ed elementi fastidiosi) risulta costituita da stimolazioni le quali, inevitabilmente, finiscono con l’irritarci e l’impaurirci.

Perché?

Forse dipende dalla nostra immaturità che condiziona gli orientamenti, probabilmente entrano in gioco fattori speculativi (frutto, comunque, di avventatezze valutative che non restano senza conseguenze)…

Comunque sia, per quanto accade nel mondo, emergono, con prepotenza, sentimenti di paura, di ansia e di insicurezza; sentimenti, questi, concatenati tra di loro e che troppo spesso tentiamo di nascondere dietro false sicurezze, piuttosto che provare ad affrontarli a viso aperto con il proposito di risolverli attraverso la consapevolizzazione e la relativa metabolizzazione.

L’avidità ci fa ottenere tutte quelle cose che il denaro può comprare e fa perdere quelle che il denaro non può comprare (Laurence Peter).

È la Società in genere a far paura, anche perché le certezze, avendo grattato il fondo del barile sono svanite da tempo!

C’è allora da chiedersi se si posseggano i mezzi necessari a neutralizzare queste paure che, giorno dopo giorno, vengono alimentate dal vento dell’incoerenza, della preoccupazione dell’incompetenza e del calibrato autolesionismo.

Il nostro presente è intriso di falsi miti dietro ai quali, i più, si perdono irrimediabilmente.

A questo punto, entrano in gioco quelli che gli esperti di psicodinamica chiamano “meccanismi di difesa dell’io” tesi a preservare l’autostima, prevalentemente di fronte a vergogna e vulnerabilità e a garantire un senso di sicurezza quando ci si sente gravemente minacciati da rischi che si teme di non riuscire ad affrontare.

Quindi, ci spiegheremmo aspetti apparentemente paradossali e del tutto inconsapevoli, come la negazione (quando non si accetta una realtà evidente o intuibile), l’idealizzazione (che porta a proiettare sull’altro una perfezione che non c’è), l’identificazione proiettiva (che ci fa osservare, nell’altro, caratteristiche nostre che riteniamo inaccettabili), la formazione reattiva (che ci fa nascondere aspetti del nostro carattere con comportamenti diametralmente opposti), la rimozione (nel momento in cui si cancella un evento dalla memoria consapevole) e tanti altri ancora.

Nel momento in cui veniamo al mondo, i nostri genitori (e, principalmente, nostra madre) ci mettono in condizione di sentirci al centro del nostro Universo.

Un po’ alla volta, però, se vogliamo diventare autonomi, è necessario che, in famiglia, ci mettano di fronte a frustrazioni alla portata delle nostre capacità (definite “positive” e “costruttive”) che ci facciano scendere dal piedistallo egocentrico e narcisistico rendendoci capaci di affrontare la realtà.

Durante questo processo di distacco emotivo dalle figure genitoriali si ha bisogno di “portarsi dietro” una sorta di simulacro che ci ricordi soprattutto la figura materna da cui trarre sicurezza e che si chiama “oggetto transizionale”.

Se, però, il processo di maturazione non avviene in maniera compiuta, il bisogno del feticcio (da cui trarre forza, sicurezza e tranquillità) resterà anche da adulti e si trasformerà nell’auto di lusso, nell’orologio di particolare pregio e in tutto ciò che fa “status”.

Non è strano, quindi, che da un sacco di tempo, uno dei peggiori modelli di oggetto transizionale capace di concedere potere, sia rappresentato dal Dio denaro per il quale, spesso (troppo spesso), si è disposti a fare di tutto; veniamo costantemente bombardati da messaggi che trasmettono una verità appositamente costruita, secondo la quale chi ha maggiore disponibilità, viene adulato, vezzeggiato e riverito dal mondo che lo circonda!

Ed ecco, allora, che ci si affanna in molteplici modi per tentare di accumulare più risorse possibili, trascurando, così, se stessi, le proprie reali esigenze, i bisogni primari e i sogni che ci mantengono attive le motivazioni per continuare a lottare.

In nome di tali fattori fuorvianti, vengono, tra l’altro, commessi crimini efferati che vanno oltre ogni umana immaginazione.

L’egoismo non consiste nel vivere secondo i propri desideri, ma nel pretendere che gli altri vivano a quel modo che noi vogliamo. L’altruismo consiste nel vivere e lasciar vivere. (Oscar Wilde)

L’insegnamento più importante da trasmettere, dovrebbe far capire che è saggio e salutare riuscire ad apprezzare quello di cui si dispone per spingerci a realizzare noi stessi, la nostra personalità e il nostro ruolo.

Ma il voler avere più degli altri, potrebbe rappresentare un nostro limite?

Quanto è meraviglioso avere del tempo da dedicarsi! Troppo spesso corriamo e ci dimentichiamo persino di noi. Siamo occupati in mille altre faccende e non troviamo neppure un minuto per dedicarci a noi stessi. Basterebbe una giornata per ascoltarsi dal profondo della nostra anima, comunicare con il nostro io, sentirsi vivi e grati di esserlo. Le giornate sarebbero meno pesanti, le anime intorno a noi ci provocherebbero meno stress. Viviamo dentro una bolla che noi stessi creiamo, ci incateniamo a una routine che ci fa sentire protetti mentre, invece, ci nasconde la vita. Essere padroni del proprio tempo: questa è una delle tante libertà che un essere umano deve conquistare”. (Antonio Di Guida)

La risposta affermativa, alla domanda posta qualche rigo più sopra, è fin troppo scontata.

Nella maggior parte dei casi, chi esprime una simile avidità negativa, teme di essere considerato inadeguato: ecco, quindi, profilarsi la sindrome dell’inferiorità, un male che affligge un cospicuo numero di esseri umani rivelandone la scarsa maturità. Questa categoria di persone, infatti, vivrà sempre sub-iudice, cioè pendente dal giudizio degli altri, e sarà costretta a vivere di luce riflessa, piuttosto che godere della naturale autonomia.

L’affermazione sugli altri, con ogni mezzo ed in qualsiasi situazione, non ha mai sortito risultati positivi anzi, al contrario evidenzia limiti consistenti, in quanto si perdono di vista i concetti di auto-affermazione e di competizione con sé stessi.

Ed eccoci, quindi, tornati al punto di partenza, e cioè le paure…

A tal proposito, infatti, possiamo affermare che, quanto maggiore risulta essere lo sviluppo della nostra personalità, tanto minori saranno le paure dalle quali saremo attanagliati.

Siccome ogni uomo deve decidere se camminerà nella luce dell’altruismo creativo o nel buio dell’egoismo distruttivo, secondo Martin Luther King, la più insistente ed urgente domanda della vita, dovrebbe essere: “Che cosa fate, voi, per gli altri?”

Cari Lettori, per aiutare nella risposta, ci permettiamo di ricordarvi una saggia indicazione di Paolo Coelho.

Ogni essere umano, nel corso della propria esistenza, può adottare due atteggiamenti: costruire o piantare. I costruttori possono passare anni impegnati nel loro compito, ma presto o tardi concludono quello che stavano facendo. Allora si fermano, e restano lì, limitati dalle loro stesse pareti. Quando la costruzione è finita, la vita perde di significato. Quelli che piantano soffrono con le tempeste e le stagioni, raramente riposano. Ma, al contrario di un edificio, il giardino non cessa mai di crescere. Esso richiede l’attenzione del giardiniere, ma, nello stesso tempo, gli permette di vivere come in una grande avventura.”

E quindi, riflettendo, ci rendiamo conto che dovremmo sforzarci di analizzare con severa attenzione quello che gli esperti chiamano il “Falso Se’ “, mettendone in luce vacuità e pericolosità.
Il Falso Sé, secondo il pediatra e psicoanalista Donald Winnicott, “non sarebbe altro che il raccogliere insieme gli elementi della esperienza del vivere”.
Ovviamente, già nell’idea di questo “raccogliere” c’è qualcosa di superficiale e disturbante essendo, l’operazione, non coniugata col filtro della consapevole selezione.

Ciascuno di noi nasce con molte qualità tutte da estrinsecare che costituiscono, di fatto, “il vero Sé potenziale” il quale, dovendoci adattare alle storture del vivere, deve essere custodito e protetto all’interno di una corazza che prende il nome, come abbiamo premesso, di “Falso Sé”.

Se, mentre procediamo sul viale dell’esistenza, ci prendiamo cura del nostro giardino interiore, allora avremo tempo e modo di ritrovare la nostra vera essenza, altrimenti saremo costretti a “fingerci acrobati, per non sentirci dei nani” (Cit. Renato Zero)

Purtroppo, però, le persone false sono piene di sé (ovviamente un sé artefatto), propense alla manipolazione e alla svalutazione dell’altro, non esprimono le loro emozioni in modo libero e chiaro, non sono interessate a imparare dai loro errori.

E noi, ovunque volgiamo lo sguardo, non possiamo non concludere che il Mondo sia dominato da tanta ipocrisia,  per cui riesce sempre più difficile contrastare comportamenti negativi che vengono spacciati per “naturali”.

Essere sé stessi, nella piena correttezza del termine, diviene possibile attraverso, in sostanza, il gesto spontaneo, l’idea personale, il sentirsi reali e creativi.

La bussola di questo cambiamento copernicano è il sentimento che, come ci ricorda Umberto Galimberti, “Non è solo qualcosa che si sente, ma è una modalità di conoscenza più comprensiva e più esplicativa di quanto non lo sia il metodo scientifico, che oggettiva il paziente, smarrendo la sua soggettività”.

Ma che mondo è, questo in cui ci accade di vivere?

Mentre Leibniz sosteneva che fosse il migliore dei mondi possibili, Voltaire, nel suo “Candido” ridicolizza una simile visione.

Ma è possibile che un uomo della grandezza di Leibniz (Matematico, Fisico, Teologo, Storico, Giurista, Glottologo, Inventore animato dalla fede nel progresso tecnico – scientifico e nel futuro del genere umano) abbia espresso un concetto banale e privo di un significato profondo?

Cari Lettori, per chiarirci il dubbio sul migliore dei mondi possibili, torniamo alla nostra “città degli angeli”.

Il finale della storia, potrebbe indurre a credere che ogni desiderio venga infranto dalla durezza del risveglio perché, Maggie, muore fra le braccia di Seth dopo essere rimasta convolta in un incidente stradale: alla guida della sua bicicletta su una bellissima strada di campagna, mentre con gli occhi chiusi immagina orizzonti privi di tramonto, termina il suo viaggio contro un camion intraversatosi sulla carreggiata.

E, in effetti, questa giovane donna morente, stesa sull’asfalto, incupisce e rattrista ogni immaginazione.

Eppure…

Seth è giunto in tempo per accompagnarla, dolcemente, lì dove il Tempo e lo Spazio non hanno più significato.

E, l’Angelo caduto sulla Terra, solo in quel momento comprende il vero significato dell’Amore: condizione emotiva che insegna a prendersi cura, vicendevolmente, del giardino interiore dell’altro.

IL CALORE DELL’AMORE

Com’è?”

Cosa?”

Il Calore!”

È meraviglioso.”

Se avessi saputo che sarebbe andata così, l’avresti fatto?”

Avrei preferito avere un solo respiro dei suoi capelli, un solo bacio dalla sua bocca, un solo tocco della sua mano, che stare un’eternità senza…”

Il colore delle cose che osserviamo, ci è reso possibile dall’attivazione di quella zona della retina che contiene i “coni” i quali, però, (a differenza dei bastoncelli, che si accontentano di scarso chiarore ma che ci consentono una visione in “toni di grigio”) necessitano di adeguate fonti di Energia luminosa

Cari Lettori, allora, abbiamo solo bisogno di tornare a sentirci amati come nel momento in cui siamo venuti al mondo, per poter andare incontro alla nostra Avventura perché, come ci ha spiegato Rainer Maria Rilke “L’amore consiste in questo, che due solitudini si proteggono a vicenda, si toccano, si salutano”

NELLE BRACCIA DELL’ANGELO

Trascorri tutto il tuo tempo aspettando, Per quella seconda possibilità

(Spend all your time waiting For that second chance)

Per una pausa che avrebbe fatto andare tutto bene

(For a break that would make it okay)

C’è sempre qualche ragione per non sentirsi abbastanza bene

(There’s always some reason To feel not good enough)

E, alla fine del mio giorno, è difficile, ho bisogno di distrazione

(And it’s hard at the end of the day I need some distraction)

Oh, una bellissima liberazione, Lasciami essere vuoto

(Oh a beautiful release, Let me be empty)

Oh e senza peso e forse Troverò un po’ di pace stasera

(Oh and weightless and maybe I’ll find some peace tonight)

Tra le braccia dell’angelo

(In the arms of the angel)

Vola via da qui, da questa stanza d’albergo buia e fredda: E l’infinito che temi

(Fly away from here) From this dark cold hotel room And the endlessness that you fear)

Sei tra le braccia dell’angelo, che tu possa trovare un po’ di conforto qui

(You’re in the arms of the angel, May you find some comfort here)

Ci sono avvoltoi e ladri alle tue spalle, continui a costruire bugie che compensino tutto ciò che ti manca

(There’s vultures and thieves at your back, you keep on building the lies that you make up for all that you lack)

Tra le braccia dell’angelo, Vola via da qui

(In the arms of the angel, fly away from here)

Nasciamo, per così dire, provvisoriamente, da qualche parte; soltanto a poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine, per nascervi dopo e ogni giorno, più definitivamente”. (Rainer Maria Rilke)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto, per la collaborazione

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