Pubblicato su Lo SciacquaLingua
In un regno incantato, oltre le colline verdi e le immense foreste, viveva una giovane principessa, Elena. La giovane aristocratica era conosciuta in tutto il regno per la sua determinazione e la sua capacità di perseguire i suoi obiettivi fino a sfiorare la perfezione.
Un giorno, suo padre, il re, le chiese di trovare una cura per una misteriosa malattia che affliggeva tutti i sudditi. Elena, decisa a trovare una soluzione, cominciò a perseguire il suo scopo con tutta la forza dell’animo. Viaggiò per terre lontane, studiò antichi manoscritti e consultò tutti i saggi del regno. Durante uno dei suoi numerosi viaggi scoprì che il verbo “perseguire” deriva dal latino “persequi”, composto con il prefisso “per-” (attraverso) e il verbo “sequi” (seguire). L’origine del verbo, quindi, rifletteva perfettamente la sua missione di raggiungere (perseguire) il suo scopo attraverso ogni difficoltà. Dopo molte avventure e sfide trovò, finalmente, una rara erba magica che curava quella misteriosa malattia. Grazie alla sua determinazione la giovane principessa riuscì, dunque, a perseguire il suo obiettivo salvando da sicura morte gli abitanti del regno.
Ma nel piccolo regno c’era anche un malvagio stregone soprannominato Morbius. Questi seminava il terrore con le sue magie oscure, oltre a commettere molti reati. Il re, stanco delle sue malefatte, decise di perseguire Morbius per i suoi crimini. Si rivolse ancora ad Elena, che guidò le guardie reali nella cattura dello stregone. Durante la cattura, Elena ricordò quanto aveva scoperto circa l’etimologia di “perseguire”: seguire attraverso, in questo caso, attraverso la legge e la giustizia. Dopo un processo equo, Morbius fu condannato per i suoi crimini contro il regno e imprigionato in una torre dove non poteva più fare del male a nessuno.
Così, in quel piccolo regno incantato, tutti i sudditi impararono a usare il verbo “perseguire” in entrambe le sue accezioni: come simbolo della determinazione nel raggiungere un obiettivo e come atto di portare giustizia contro i malfattori. E vissero tutti felici e contenti, sapendo di essere protetti dalla saggezza e dal coraggio della loro principessa.
A cura di Fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.