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Un’altra giovanissima ha mollato gli ormeggi ma non per avventurarsi in mare aperto alla ricerca di nuove emozioni, bensì per dichiarare la propria impossibilità a vivere, il proprio diniego a sopravvivere, la propria resa di fronte all’ingiustizia del male, alla sopraffazione e alla prepotenza.

Qualcuno se la caverà affermando che questi gesti estremi, sottoscrivono una fragilità altrettanto estrema di ragazzi deprivati di tatto e olfatto.

Una incapacità a fare fronte agli sbalzi di temperatura, a reagire dove occorre farlo.

Sarà anche così, ma quando una ragazzina si vede costretta a lasciare tutto dietro di sé, speranze, passioni, desideri per farla finita, credo proprio che il mondo adulto, genitoriale, professorale, debba trovare il coraggio di fare un passo avanti, di mettersi di traverso, afferrando il tempo per mettersi a mezzo di questa indifferenza assassina.

Un altro giovanissimo è morto per aver incontrato lo spavaldo di turno, quello dalle mani in tasca e le gambe larghe, quello del coltello che fa figo, oppure l’altro dalla pistola nascosta dietro la schiena, quello che scarrella e non pensa, preme il grilletto e un’altra vita viene cancellata.

Un’altra esistenza appena iniziata fatta fuori senza alcuna utilità e scopo, solamente per un bisogno sfrenato di apparire per quello che non si è, per una imitazione sbiadita di qualcosa, di qualcuno che non si conosce, che non è reale, per cui il rischio, senza alcun ascolto, fa si che non si conoscano le conseguenze.

Adolescenti griffati e sbomballati dalla roba, dai beveroni, stanno in posa con le spalle appoggiate al muro, stanno in attesa di cosa, di chi, la postura parla, inquieta, stanno in cerchio a giocare con il revolver, come fosse una protuberanza del proprio bicipite, una parentela acquisita dal mito della forza, della violenza come strumento per una nuova identità, ben più appagante e purtroppo annichilente.

In quegli angoli di strada si guadagna denaro e rispetto in un battibaleno, si ottiene però anche il dazio da pagare per chi pensa di essere il più furbo che non lo pagherà mai, o illusoriamente pensa di farlo pagare agli altri, agli innocenti.

Giovanissime spinte alla resa, giovanissimi rincorsi e abbattuti senza un fremito di pietà, la vita è una scommessa, il domani è oggi, una sfida alla morte, disconoscendo che al tavolo da gioco, la morte vince sempre.

E’ un fenomeno culturale giovanile come si ostina a dire qualcuno? No, è piuttosto il risultato della nostra perduta credibilità.

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