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“Buongiorno, ho un contratto di lavoro a tempo determinato, con un’azienda privata, da 7 mesi. Sono, adesso, in malattia. Per quanti giorni al massimo posso assentarmi per malattia senza perdere l’indennità e senza essere licenziato? Grazie. A. P.”

Al lavoratore dipendente del settore privato assente dal lavoro per malattia viene corrisposta l’indennità di malattia, in sostituzione della retribuzione, per il periodo stabilito dalla legge e dai contratti collettivi.

Il trattamento economico di malattia per i lavoratori assunti a tempo determinato è regolato dall’articolo 5 D. L. 463/83 convertito in Legge n.638/83, che, nei commi 1, 2 e 3, così dispone:

  1. Ai lavoratori, pubblici e privati, con contratto a tempo determinato, i trattamenti economici e le indennità economiche di malattia sono corrisposti per un periodo non superiore a quello di attività lavorativa nei dodici mesi immediatamente precedenti l’evento morboso, fermi restando i limiti massimi di durata previsti dalle vigenti disposizioni.
  2. Non possono essere corrisposti trattamenti economici e indennità economiche per malattia per periodi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato.
  3. Nel caso in cui il lavoratore a tempo determinato nei dodici mesi immediatamente precedenti non possa far valere periodi lavorativi superiori a trenta giorni, il trattamento economico e l’indennità economica di malattia sono concessi per un periodo massimo di trenta giorni nell’anno solare. In tal caso l’indennità economica di malattia è corrisposta, previa comunicazione del datore di lavoro, direttamente dall’Istituto nazionale della previdenza sociale.

Pertanto, l’indennità di malattia a questi lavoratori viene corrisposta per un periodo non superiore a quello dell’anzianità lavorativa nei 12 mesi immediatamente precedenti la malattia. Se, però, il lavoratore non possa far valere periodi lavorativi superiori a 30 giorni, allo stesso spetta tale indennità per un periodo massimo di 30 giorni nell’anno solare.

Quanto al licenziamento, il datore di lavoro non può intimarlo fino a quando non sia decorso il cosiddetto periodo di comporto (ossia il tempo massimo che un lavoratore può essere assente per malattia conservando il posto di lavoro). Come precisato dalla Corte di Cassazione (Cassazione civile sez. lav., 28/11/2023 n. 33016) “..anche ai rapporti di lavoro a tempo determinato vanno applicati i principi enucleati e stratificati nel tempo dalla giurisprudenza di legittimità: il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia od infortunio del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva o, in difetto, dagli usi o secondo equità, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all’art. 2110 c.c., comma 2, (in tal senso Cass. n. 12568/2018, rv. 648651-01, conf. a Cass. n. 24525/2014, rv. 633476-01) e dunque non produce alcun effetto.”

Erminia Acri-Avvocato

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