Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Il termine “taglia” ha attraversato un affascinante percorso semantico che con il passare dei secoli ha acquisito, di volta in volta, accezioni diverse ma collegate tra loro. Vediamo, insieme, le sue origini e i vari passaggi che l’hanno portato a indicare – come si sa – sia la misura di un vestito sia la ricompensa per la cattura di un malvivente. Appartiene, quindi, alle così dette parole polisemiche.
“Taglia”, dunque, non è di origine schiettamente italica, deriva dal verbo francese tailler, che significa “tagliare”. Questo verbo si riferisce all’atto di dividere o separare qualcosa, un concetto fondamentale che ha dato origine a molteplici significati nel corso del tempo.
Il primo e più comune uso del termine è quello relativo alla misura di un abito. In questo contesto “taglia” si riferisce alla dimensione di un capo di abbigliamento, indicando quanto deve essere tagliata la stoffa per adattarsi alle misure del corpo: “taglia S” (piccola), “taglia M” (media), e così via.
Col tempo il significato della parola ha oltrepassato i confini della sartoria. Nel Medioevo la “taglia” veniva utilizzata per stabilire la parte di bottino o di denaro che spettava a ciascun partecipante a una spedizione militare o a un’attività di saccheggio, conservando il concetto di “divisione” o “porzione” di qualcosa.
Successivamente il termine si è evoluto e adoperato per indicare un’imposta o una tassa. La “taglia” era una somma di denaro che i sudditi dovevano versare al monarca, una sorta di tributo che veniva “tagliato” dai guadagni delle persone.
E veniamo all’accezione moderna di “taglia”, vale a dire una ricompensa per la cattura di un malvivente; deriva anch’essa dall’idea di “divisione” e “porzione”. Nella fattispecie la “taglia” è una somma di denaro offerta per incentivare la cattura di un criminale, rappresentando una “porzione” del denaro pubblico destinato a garantire la sicurezza e l’ordine.
L’evoluzione semantica della “taglia”, e concludiamo, dimostra come una singola parola possa dare origine a una varietà di significati, attraverso il tempo e i vari contesti culturali.
A cura di Fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.