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Questi cinque, sono riusciti raccontare l’Italia del dopoguerra ognuno in modo completamente diverso ma altrettanto credibile: ognuno di loro si è caricato sulle spalle quel lato dell’italianità che riteneva più vicino alle sue corde: mio padre interpretava i grandi fanfaroni; Alberto Sordi, l’Italiano viscido che ti faceva talmente ridere che non potevi detestarlo; Nino Manfredi, il lato popolare del nostro Paese; Ugo Tognazzi portava la sua follia che era presente anche nella propria vita e, Marcello Mastroianni, l’accogliente solare e aperta bontà degli Italiani (Alessandro Gassman)

Cari Lettori, in un mondo (definito, dell’epoca della “celluloide”) in cui il Cinema era parte molto importante della nostra vita (e dell’immaginario collettivo), la quotidiana fantasia pullulava di attori e attrici che hanno accompagnato gli anni delle mutazioni personali e sociali.

Marcello Mastroianni è, forse, uno dei pochi attori che è rimasto fermo e duraturo nella memoria.

Di solito, dei grandi attori resta l’impronta delle ottime interpretazioni: di Marcello Mastroianni, oltre a ciò, resta il ricordo dell’epoca in cui sono stati prodotti i suoi film più straordinari.

Nato a Fontana Liri (in provincia di Frosinone) il 26 settembre 1924 è stato eccellente sia in parti comiche che in parti drammatiche; questa versatilità gli ha consentito (grazie anche a grandissimi registi) di interpretare personaggi che, di volta in volta, intercettavano tematiche rilevanti della Società.

Figlio di un falegname e di un’ex impiegata della Banca d’Italia, Marcello si trasferisce nel quartiere di San Giovanni a Roma nel 1933.

Già da piccolo compare in diversi film, tra cui “I bambini ci guardano” di Vittorio De Sica. Dopo aver ottenuto un diploma di perito edile, durante la Seconda guerra mondiale lavora come disegnatore tecnico per l’Istituto geografico militare italiano che lascia allorquando le redini le prende il regime nazista.

I primi ruoli da protagonista li ottiene dopo essere stato notato dal regista Luchino Visconti, oggi considerato uno dei padri del neorealismo italiano.

Con l’espressione ora piena di distacco, ora intrisa di un tratto sornione, ha affascinato un pubblico immenso arricchendo, il tutto, con una bellezza che, in quel mestiere, non guasta mai e di interpretazioni di altissimo livello, frutto di studi seri, qualità naturali e frequentazioni con registi tra i più grandi del pianeta. Visconti, Fellini, Scola per fare solo alcuni nomi.

Mi sembrava di avere le idee così chiare, volevo fare un film onesto senza bugie di alcun genere, mi pareva di avere qualcosa di così semplice da dire, un film che potesse servire a seppellire tutto quello che, di morto, ci portiamo dentro. E, invece, io sono il primo a non avere il coraggio di seppellire proprio niente. Chissà perché le cose sono andate così, a che punto avrò sbagliato strada. Non ho proprio niente da dire… ma voglio dirlo lo stesso! Marcello Mastroianni – 8  ½ )

Film come La grande abbuffata di Marco Ferreri (nel 1973), Todo modo di Elio Petri (del 1976), Ciao maschio sempre di Ferreri (nel 1978) e La terrazza di Ettore Scola (nel 1980)  hanno accresciuto il suo grande spessore, adatto sia al cinema per il pubblico “generico” e “generalista” sia per quello più intellettuale.

La sua assiduità nell’accettare parti continua anche negli anni Ottanta e Novanta, sia con Fellini (La città delle donne nel 1980, Ginger e Fred nel 1986) sia con Scola (Splendor e Che ora è del 1989) e il “particolare” Sostiene Pereira di Roberto Faenza, nel 1995.

Senza voler apparire né orso né snob, ammetto che certe manifestazioni, anche di simpatia, di amicizia, di entusiasmo, insomma, mi affaticano, mi annoiano un po’. A volte sono come i cani: preferisco andare a mettermi sotto un mobile, protetto. (Marcello Mastroianni)

Con velata malinconia e una dissimulata timidezza, è riuscito a entrare nel cuore e nella mente delle donne più sensibili. Dalle spettatrici alle più splendide attrici.

Pur all’interno di un rapporto familiare con la moglie Flora Carabella che lo ha segnato profondamente, non poche sono state le sue storie sentimentali.

Una delle più intense, quella con Catherine Deneuve, donna di gran classe e bellezza da cui ha avuto Chiara (la sua seconda figlia) e per la quale si è trasferito a vivere in Francia.

Le pellicole che lo hanno visto protagonista sono sempre uscite dall’ordinario, creando la base di non indifferenti dibattiti.

A cominciare da “La dolce vita” di Federico Fellini, un capolavoro che ha segnato un vero spartiacque tra gli ingialliti anni cinquanta e i tumultuosi anni sessanta, dominati da un apparente inarrestabile miracolo economico.

In parecchie opere cinematografiche, ha condiviso la ribalta con Sophia Loren, all’interno di un sodalizio di altissima qualità, specie all’ombra di registi come Vittorio De Sica o Ettore Scola.

Quattordici film insieme nell’arco di quarant’anni: una “coppia d’oro del cinema italiano”, qualcuno ha detto, insieme professionalmente fino alla notte degli Oscar del 1993.

Abbiamo, nel corso dei decenni, constatato la grandezza del Marcello “nazionale”. Come ogni attore autentico è riuscito a calarsi nel personaggio del momento inducendo lo spettatore a dimenticare le altre sue pur significative interpretazioni.

Si dice che sia stato in grado di cambiare identità ben 160 volte, nel tentativo di sfuggire alla propria impegnandosi, sempre, con grazia e tenerezza naturale.

Sul tema del rapporto di coppia Mastroianni è stato memorabile con due film: “Divorzio all’italiana” e “Matrimonio all’italiana” (ispirato all’immensa “Filumena Marturano” di Eduardo de Filippo). Due Punti di osservazione diversi di un argomento scottante in grado di creare tanti problemi in un Paese ove il cattolicesimo è, spesso, “forma” più che religiosa “sostanza”.

Memorabile, sempre insieme a Sophia Loren, “Una giornata particolare”, di Ettore Scola.

Questa Pellicola (selezionata tra i 100 lungometraggi italiani da salvare) ha assunto un compito molto importante come forma di denuncia contro il Fascismo, i pregiudizi e i ruoli di genere sempre a discapito delle donne, così come la persecuzione dell’omosessualità

Presentata in concorso al 30º Festival di Cannes, ha ottenuto vari riconoscimenti internazionali vincendo, tra gli altri, il Golden Globe quale miglior film straniero e ricevendo, inoltre, due candidature al Premio Oscar, per il miglior film straniero e per il miglior attore.

C’è un personaggio che ti manca?

Un vecchio Tarzan. Si, perché Tarzan è un eroe che non conta più nulla: nessuno rimpiange Tarzan. Potrebbe essere un film umoristico ma, anche (ad una lettura un po’ più profonda), la condizione della terza età, della solitudine di un uomo che non fa più paura a nessuno, nemmeno al coccodrillo.

Nel settembre del 1996 Mastroianni si trova in Portogallo, sul set di Viaggio all’inizio del mondo e durante le pause di lavorazione,  con una ridottissima troupe di amici e grazie alla sua compagna, la regista Anna Maria Tatò, gira il suo Mi ricordo, si io mi ricordo.

Davanti alla macchina da presa c’è solo lui che ricorda, racconta, riflette, recita: insomma che ritrae sé stesso. 

Difficile incontrare qualcuno che si congeda dal pubblico e dalla vita con un testamento vibrante come Mi ricordo, sì, io mi ricordo.

Questa confusione sono io… io come sono, non come vorrei essere e non mi fa più paura. (Marcello Mastroianni)

In questa opera mnemonica e nell’apparizione teatrale de “Le ultime lune”, Mastroianni interpreta un anziano che si prepara ad affrontare la morte

E, a leggere (e ad ascoltare) fra le righe, ci descrive anche i 4 pilastri su cui la sua vita privata ha fatto i conti, nel bene e nel male

I soldi

Non ho mai dato peso al denaro. Ho speso sempre tutto. Ho avuto gli anni in cui compravo case in modo frenetico: a Madrid, a New York, a Londra, a Parigi, in montagna, al mare, in campagna. 

Il suo rapporto col denaro è stato sempre il sintomo di elaborati  di pensieri frenetici, al confine col borderline. In più di un’occasione concludeva le proprie transazioni con la frase: “Mandate il conto agli avvocati”.

Intorno alla metà degli anni 70, si è trovato (per grande ingenuità) con quasi 400 milioni di tasse arretrate, perdendo ogni avere, finito ipotecato e, successivamente riscattato, grazie a un surplus lavorativo senza precedenti.

Ho sempre speso tutto. Avrei potuto impiegarli in cose più nobili, aiutando i poveri: ma non mi è neppure passato per la testa. E non sono tirchio, anzi: il contrario. Il mio avvocato dice: Questo ha le mani bucate.

I viaggi

Nonostante l’immagine da “dolce vita” continua, Mastroianni ha sempre sostenuto di condurre un’esistenza da impiegato e che, lo svago vero e proprio, arrivava quando gli proponevano film che lo avrebbero obbligato a viaggiare.

A Budapest ho girato un brutto film, Miss Arizona ma, caspita, ho visto Budapest. Due mesi, quei palazzi, quel fiume.

Automobili e quadri

Ebbe una certa predilezione per le Lancia e, in particolare, per una delle più lussuose: la Flaminia presentata da Pininfarina al Salone dell’Automobile di Torino nella primavera del 1955.

Lui acquistò il modello coupé, che era molto amato anche da Federico Fellini, tanto che divenne l’auto del personaggio di Guido Anselmi, l’alter ego del regista in 8 e ½.

Le automobili. Ne ho comprate tante. E rimpiango di non avere una grande fotografia dove sono ritratto accanto a tante auto come un cretino, da lasciare ai miei nipoti: un nonno scemo ma con delle belle auto

E, per quanto concerne i quadri, la sua collezione era degna di un museo.

Lei ha una villa, ha il personale, ha le auto, ha lo yacht…

Sono un divo, devo averli

Le paure

Io amo la vita, anche quando mi ha offerto non solo il successo, gli amori, quando ho pagato il conto con vere e proprie sofferenze: la morte di persone care, la fine, in maniera un po’ dura, di certi rapporti, certe mie insufficienze. Sono contento di vivere, proprio mi piace. Dico sempre a Quello dalla barba bianca: Lasciami perdere. Che ti importa? Decido io quando voglio morire

Cari Lettori, Marcello Mastroianni saluta la vita a Parigi, nel 1996. A Roma, all’annuncio della sua morte, le statue della fontane di trevi, vengono velate di nero ma, cari Lettori, non è l’affascinante tenebroso de “La dolce vita” che gli Italiani piangono. Con Marcello, infatti, scompare un uomo come loro, come tutti noi, che ha saputo vestire vizi e virtù con la naturalezza dell’Italiano ideale, agli occhi del mondo e, soprattutto, ai nostri cuori.

La felicità consiste nel poter dire la verità senza far mai soffrire nessuno (Marcello Mastroianni)

Un amore grande

Tu saresti capace di piantare tutto e ricominciare la vita da capo? Di scegliere una cosa, una cosa sola e di essere fedele a quella, riuscire a farla diventare la ragione della tua vita, una cosa che raccolga tutto, che diventi tutto proprio perché è la tua fedeltà che la fa diventare infinita, saresti capace?

Un amore grande, grande come il mondo Mi portavi la bellezza di un mattino, un sorriso nei miei occhi

Un sorriso che oramai non c’è più: eri un amore grande, grande più del mondo

Cancellavi con un attimo di vita, tutto il triste mio passato

Come all’alba nasce un giorno dalla notte, prima c’eri tu

Oggi quante notti passo ad aspettare, quanti versi improvviso nel sognare

Stringendo un cuscino fra le braccia, io rivedo te che eri un amore grande

“L’ho ben riempita, la mia vita. Mi posso accontentare. Insisto, sono stato fortunato” (Marcello Mastroianni)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto, per la collaborazione

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