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Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.

Perché, conoscersi e comprendersi, aiuta senz’altro a vivere meglio.

In questa cinquantaduesima puntata, ci occuperemo del Disturbo Paranoide di Personalità

La mia immaginazione scoprì, intorno a me, migliaia di nemici che si aggiravano senza rumore. (Herbert George Wells)

Abbiamo visto, nelle precedenti puntate, che, con il termine personalità ci si riferisce al complesso delle caratteristiche psicologiche, morali e intellettuali di ciascun individuo.

La moderna psiconeurofisiologia individua in essa, la base dei potenziali “esplicati” (in funzione di una “impronta” genetica e delle sollecitazioni ambientali) consentendo la visione di un essere umano come quella di due facce di una stessa medaglia rappresentante, rispettivamente, la componente corporea (nel suo insieme di organi e apparati) e quella psichica (capace di acquisire dati, elaborarli e comunicarli).

Abbiamo anche visto che, nel corso della nostra vita, senza accorgercene, “mettiamo su” un impianto (l’organizzazione di Personalità) che può funzionare bene, così così, o malissimo (a seconda che si vada dal nevrotico verso lo psicotico, passando per il Borderline) in base alla capacità di giudizio, al controllo delle pulsioni, alla tolleranza delle frustrazioni, al rapporto con la realtà, ai differenti meccanismi psicologici di difesa e alle aree di funzionamento globale della persona.

Quando (come sostengono i manuali specialistici), in un’età compresa fra i 15 e i 35 anni si manifesta un insieme di risposte emotive, cognitive e comportamentali che deviano dalle aspettative (per età, genere e cultura), e che sono causa di grande disagio in chi ne soffre, possiamo trovarci di fronte al complesso quadro dei Disturbi di Personalità

Quali sono le motivazioni?

  • Elementi biologici e fattori costituzionali predisponenti (dismetabolismi e familiarità);
  • Complicanze della gravidanza e del parto (fattori predisponenti);
  • Abuso di sostanze tossiche (droghe, alcolici, etc.);
  • Alterazioni neurochimiche;
  • Crescita in condizioni ambientali (famiglia, scuola, amicizie, etc.) disagevoli, disturbanti, problematiche, disgreganti;
  • Esperienze traumatiche;
  • Difficoltosa accettazione delle proprie peculiarità caratteriali all’interno di gruppi significativi (ambiente lavorativo, famiglia, amicizie, etc.) che ne rende difficile l’integrazione

Abbiamo visto, nella puntata dedicata, che esiste una classificazione, in tre gruppi, dei Disturbi di Personalità

Il gruppo A include i Disturbi di Personalità Paranoide (caratterizzati da profonda sfiducia e sospettosità), Schizoide (con distacco dalle relazioni sociali e una gamma ristretta di espressività emotiva) e Schizotipico (con disagio acuto nelle relazioni affettive e distorsioni cognitive e percettive)

Oggi analizzeremo il primo del gruppo A: il disturbo paranoide

Un paranoico è qualcuno che sa un po’ di quello che sta succedendo (William S. Burroughs)

Prima di analizzare il disturbo, dobbiamo distinguere il pensiero paranoide dal disturbo vero e proprio

La psicoanalista Melanie Klein ha descritto una fisiologica “posizione paranoide” che porta a dividere il mondo in “buoni” e “cattivi” e che, gradualmente viene sostituita da un modo di pensare più “maturo”.

Nel caso in cui si permanga nella posizione da “bambini” per incapacità ad accettare una visione “disillusa”, che comporta una transitoria posizione depressiva, si ricorre a un massiccio utilizzo di meccanismi di difesa quali: scissione, proiezione, identificazione proiettiva e diniego, che determinano una sorta di illusorio controllo onnipotente.

Ed entriamo, quindi, nel meccanismo che crea il “disturbo di personalità”

Il mondo interno viene così scisso in una parte buona (Sé idealizzato)  e una parte cattiva ( Sé persecutorio). La parte buona viene vissuta in maniera quasi da megalomane mentre, la parte cattiva, viene “scagliata” (con proiezione e identificazione proiettiva) sugli altri.

L’identificazione proiettiva crea, negli altri, una risposta aggressiva confermando, in tal modo, il sospetto di ostilità; di conseguenza, il controllo onnipotente viene utilizzato per tenere a bada la realtà vissuta come totalmente malevola.

Ci sono alcune caratteristiche distintive che ci consentono di riconoscerne il quadro che, comunque, si basa su diffidenza e sospettosità nei confronti degli altri:

  • Sospetto, senza fondamento, di essere sfruttato, dagli altri;
  • Dubbi, senza giustificazione, sulla lealtà o affidabilità di amici o colleghi;
  • Riluttanza a confidarsi con gli altri a causa della convinzione che tutto ritorcersi   contro;
  • Incapacità di dimenticare frustrazioni e torti subiti, al punto da interpretare  come elemento falso e pericoloso, qualsiasi complimento
  • Percezione di continui attacchi al proprio ruolo o reputazione, con conseguente condizione di angoscia che spinge ad aggredire prima di un ipotetico (e non probabile) attacco esterno;
  • Convinzione, in maniera ricorrente e senza una reale motivazione, della infedeltà del proprio partner;

La base di partenza di ogni paranoide, consiste nella ricerca di significati oscuri, di tracce rivelatrici di una verità nascosta dietro una qualsiasi circostanza.

La differenza fondamentale tra un disturbo paranoide e un quadro schizofrenico paranoide è la mancanza di delirio, per cui la realtà in sé non è distorta: lo è il suo significato.

Come comportarsi di fronte all’aggressività di un paranoide (nell’attesa di un intervento specialistico)

1.  provare a “salvargli l’autostima”: il nucleo centrale della paranoia nasce dalla scarsa stima di sé; quindi è opportuno empatizzare (senza esagerare) e non mettere in discussione la veridicità delle sue affermazioni;

2. Evitare di accrescere ulteriormente la sospettosità:  ciascuna azione (verbale, comportamentale), dovrebbe essere posta con attenzione, calma e comprensione, senza falsa disponibilità

3. Aiutare a mantenere la percezione del controllo: qualsiasi intervento  dovrebbe riconoscere al sofferente il diritto di vedere la situazione così come credono che sia;

4. Incoraggiare a verbalizzare piuttosto che a scaricare la rabbia violentemente: far capire che si è disposti ad ascoltare quelle che lui (o lei) crede che siano le proprie giuste ragioni, invitando a riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni;

5. Lasciare uno spazio fisico adeguato: bisogna in tutti i modi evitare di dargli la sensazione di sentirsi intrappolato, come conseguenza di un assecondamento alla strega di un matto.

6. Prestare attenzione alla propria capacità di contenimento e di sopportazione (controtransfert): è facile andare oltre il limite di sopportazione e commettere qualche errore che aumenta la rabbia di chi è già in crisi di suo; opportuno creare una rete di persone che, con discrezione, empatia e adeguata compartecipazione emotiva, un po’ alla volta tranquillizzino chi si trova in una crisi paranoidea. Nell’attesa di eventuali trattamenti idonei.

Io sono una vita che vuole vivere, circondato da altre vite che vogliono vivere. Vorrei fare in modo che ciò avvenisse al meglio possibile! (Albert Schweitzer)

Con la speranza e l’obiettivo di essere stato utile per conoscere sempre meglio chi incontriamo (soprattutto quando ci guardiamo allo specchio), vi do appuntamento alla prossima puntata, nella quale ci occuperemo dei Disturbi  di personalità Schizoide e Schizotipico

Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”

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