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Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.

Perché, conoscersi e comprendersi, aiuta senz’altro a vivere meglio.

In questa cinquantesima puntata, inizieremo il cammino nel mondo del delirio

C’è un granello di verità che si nasconde in ogni delirio. (Sigmund Freud)

Con la parola “delirio”, gli antichi Romani identificavano un’azione in grado di “fare uscire dal solco” ovvero di spingere al di là della percezione reale delle cose

Delirio, è un termine con il quale si descrive un disturbo del contenuto del pensiero che può essere presente in diverse manifestazioni cliniche (e vedremo, in seguito, quali) o come conseguenza dell’utilizzo di alcune sostanze definite psicotrope (droghe, alcol, farmaci, tossici in genere) in grado di alterare le capacità percettive.

Ma cos’è, di fatto, il delirio?

Lo psichiatra Karl Jaspers lo definisce come “giudizio erroneo sostenuto con straordinaria convinzione e impareggiabile certezza soggettiva, refrattario all’esperienza e a qualsivoglia confronto con argomentazioni alternative”.

Per comprendere nella giusta maniera il delirio e riuscire a dargli, simbolicamente, un “nome” e un “cognome”, dobbiamo brevemente riconsiderare il modo in cui l’essere umano ha conosciuto il mondo esterno e ha strutturato (in funzione delle esperienze) la propria personalità.

Il bambino impara conoscere attraverso la percezione del tocco di tutto quello che si trova nel suo spazio “aptico”: cioè, tangibile e visibile.

Siccome ignora cosa ci sia oltre questo ambito, quando la mamma si allontana dalla sua culla, lui (o lei) inizierà a disperarsi proprio perché, essendo fuori dal suo spazio percettivo, non sa, per esempio, se tornerà o meno.

Di fatto, è come se sparisse nel “nulla”.

Lo scoprire che il genitore ritorna con una certa frequenza, lo rassicura e lo sprona a migliorare l’esplorazione, magari gattonando nell’ambiente a sua disposizione e andando incontro a ciò che, prima, era sconosciuto.

Costruisce, in tal modo, validi schemi di “relazioni oggettuali” e “modelli e stili di attaccamento”.

Osservando, ascoltando e toccando impara a conoscere sempre meglio l’universo che lo circonda e, attraverso la memorizzazione, lo riconosce sempre meglio imparando ad evitare i pericoli e a coglierne ogni sfumatura.

L’orsacchiotto, ad esempio, è morbido; le forbici, invece, possono far male. Allo stesso modo, la pappa è buona ma, se è troppo calda, ustiona.

Allo stesso modo, impara a riconoscere emozioni e sentimenti, che cambiano man mano che si confronta con l’inserimento in ambienti più ampi come, ad esempio, il mondo della scuola (da quella dell’infanzia in avanti)

Imparerà (compatibilmente con il modello educativo acquisito in famiglia) a dimensionare il suo egoismo a favore della condivisione e dell’empatia. (abbiamo parlato, in tal proposito, di relazioni oggettuali corrette e modelli e stili di attaccamento sicuri e in grado di favore integrazione e inclusione).

Tutto questo, consentirà di comprendere il significato di ciò che cade sotto la propria osservazione.

Se partiamo dal fatto che “significare”, in Latino, nasce come “Signum facere”, cioè “inviare un messaggio”, ecco che (per esempio), l’arrivo delle prime rondini identifica l’inizio della bella stagione così come le bacche rosse e il vischio, “raccontano” il Natale.

Una bandiera, gli sguardi e i gesti degli altri (una stretta di mano, un abbraccio), un applauso, il silenzio, il rintocco di una campana, i sapori, i profumi… tutto quello in cui siamo calati, ha un significato a noi noto, frutto di conoscenze e conquiste cognitive.

Ora, nel caso in cui, sempre per esempio, l’arrivo delle rondini viene vissuto come presagio di morte o un sapore strano nel cibo (o un disturbo addominale) diventano indizi del fatto che si attenti alla propria vita, si sta “uscendo dal solco” della corretta decodificazione percettiva e si entra nel mondo del delirio.

Ci occuperemo, nel prosieguo, di individuare i quadri clinici di questo disturbo e il modo migliore di rapportarsi con l’eventuale delirante

Il delirio può essere primario, cioè non conseguente ad altri processi morbosi (ad esempio, il disturbo delirante, così classificato nel DSM 5, nell’ambito dei disturbi dello spettro della schizofrenia)  oppure secondario ad altre situazioni cliniche, che vedremo in seguito (una per tutte, il “delirium” dei disturbi neurocognitivi, ad esempio, da astinenza o da abuso di sostanze tossiche, da encefalopatia epatica, tumori cerebrali, demenze tipo Alzheimer, o  fronto temporali,  etc.)

Inoltre il delirio può essere cronico, acuto, confuso, ricorrente.

Le persone che sperimentano i deliri possono ritenere di essere perseguitate, di avere poteri particolari, oppure possono credere che i loro pensieri e loro azioni siano controllati da forze esterne.

Nella sua “forma iperattiva”, il delirio si manifesta soprattutto come grave confusione e disorientamento, si sviluppa con una insorgenza relativamente rapida e tende a fluttuare in intensità.

Nella sua “forma ipoattiva”, si manifesta invece con un improvviso ritiro dalla interazione con il mondo esterno (cose e persone).

La psicoanalisi, interpreta alcune manifestazioni deliranti come conseguenza dell’emergere di contenuti inconsci sotto forma allegorica: passando, cioè, da un significato sia razionale che emotivo abbastanza chiaro, ad un altro nascosto e allusivo che, comunque, è possibile chiarire.

Ad esempio, il delirio di persecuzione è spiegabile come risultato di un violento conflitto fra l’IO del soggetto (non maturo ma “prigioniero” di una fase narcisistica  in cui è “stordito” da megalomania e “sé grandioso”) e un Super Io abbastanza critico, che il soggetto identifica come proiezione sugli altri, finendo col sentirsi  giudicato e osteggiato dal prossimo.

Il delirio non può essere spiegato. Prima o poi irrompe nella vita di ognuno… E forse è davvero povera una vita che non sia stata spazzata via, almeno una volta, dal turbine di una crisi come questa; una vita il cui edificio non sia stato mai scosso da un terremoto, travolto da un tornado che fa volare le tegole dal tetto e, ululando, smuove per un attimo tutto ciò che la ragione e il carattere avevano tenuto in ordine. (Sándor Márai – Giornalista e Scrittore ungherese)

Con la speranza e l’obiettivo di essere stato utile per conoscere sempre meglio chi incontriamo (soprattutto quando ci guardiamo allo specchio), vi do appuntamento alla prossima puntata, nella quale ci occuperemo delle più frequenti manifestazioni di delirio.

Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”

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