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Inesorabile, sulla opaca parete,

proiettata dalla luce solare,

la scacchiera si sposta.

Sono le ore che vanno

senza mai ritornare.

Sono sbarre a schermar le finestre,

è la vita del carcere, che va.

Sordo un tonfo, si ode,

al di là della cella.

È un recluso

Che il desco prepara.

Lui, maldestro,

fa cadere la pentola,

mentre alza,

imprecando, la voce.

La tristezza è compagna fedele.

In agguato, è la disperazione,

per capire e distruggere l’anima.

Ma è la Fede.

Vi è il libro, la penna, la carta,

per, nel tempo e nello spazio,

poter navigare.

I confini si annullano,

i pensieri raggiungono il cielo.

La speranza benigna risorge,

grazie, Dio, finirà questo inferno.

 

Antonio Vincenzo Simonetti (12 gennaio 2002)

Si ringrazia Adelina Gentile, per la trascrizione del testo

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