Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.
Perché, conoscersi e comprendersi, aiuta senz’altro a vivere meglio.
In questa quarantacinquesima puntata, ci occuperemo de “L’identificazione proiettiva e il controtransfert”
“Avevo sempre immaginato che, il giorno in cui sarebbe morto mio padre, avrei fatto (come si dice a Napoli) cosa da pazzi, rimanendo distrutto dal dolore. Ebbene, forse non ci crederete ma, quando tutto questo è veramente accaduto, io non ho provato alcuna emozione. Stavo lì, impalato, senza dire nulla e, nel frattempo, cercavo dentro di me, delle giustificazioni. Alla fine, ho capito che rifiutavo di riconoscere il cadavere.
Quella sagoma, lì, stesa sul letto funebre, era solo una cosa, chiaramente priva di anima, che non aveva nulla a che vedere con mio padre.
Fu solo il giorno dopo che, entrando nella sua camera per cercare dei documenti, vidi alcuni di quelli che siamo soliti chiamare “oggetti personali”.
Ebbene, vederli e sentirmi prendere dalla commozione fu tutt’uno: finalmente riuscivo a piangere!
Ecco dove si era nascosto mio padre: nel plaid scozzese, nella stilografica col cappuccio d’oro, nella poltrona di pelle dai braccioli scorticati, nelle tante cose con cui aveva diviso, ogni giorno, la sua solitudine” (Luciano de Crescenzo – Storia della Filosofia Greca)
Ci siamo lasciati, nella puntata precedente (le basi del controtransfert), iniziando a parlare del ruolo che, l’identificazione proiettiva, ha sul controtransfert
Come potremmo definire l’Identificazione Proiettiva?
Come una condizione psicologica inconscia con la quale si proietta, su qualcun altro, uno stato d’animo come se fosse una risposta a quello che l’altro ha iniziato.
Senza, però, che costui (o costei) abbia fatto o detto nulla.
L’incidenza dell’identificazione proiettiva nel controtransfert, viene descritta dallo psicoanalista Heinrich Racker
Secondo questo autore, infatti, il controtransfert dell’analista può essere visto come una risposta alle identificazioni proiettive del paziente e declina due possibili tipologie controtransferali:
il controtransfert concordante (risposta empatica del terapeuta ai pensieri e ai sentimenti dell’analizzato, che consente di esprimere la propria comprensione e di “sentire” a pieno l’emozione di chi soffre)
il controtransfert complementare (risposta non adeguata, con eccessivo coinvolgimento o, al contrario, con un distacco emotivo protettivo)
Un altro contributo rilevante, nel capire il complesso e delicato meccanismo del controtransfert, è stato apportato dallo psicoanalista Joseph Sandler, attraverso il suo concetto di “responsività di ruolo” (quasi come quello di una madre primigenia e temporanea) che descrive la fisiologica compartecipazione dell’analista alla creazione delle dinamiche interpersonali, attive nella relazione terapeutica, come risposta all’enorme gamma di richieste (consce e inconsce) dell’analizzato.
Melanie Klein, approfondisce ulteriormente il rapporto fra identificazione proiettiva e controtransfert, ritornando ai momenti in cui si crea questo meccanismo che fissa, sugli altri, emozioni personali.
Questa studiosa parla di Fantasia intrapsichica che emergerebbe nei primi mesi di vita del bambino, in cui parti di sé che sono indesiderate, verrebbero proiettate sulla propria madre, quasi come se, su uno schermo esterno, potessero essere meglio controllate.
Questo concetto si è maggiormente evoluto con lo psicoanalista britannico Wilfred Bion che lo descrive ancora meglio come sistema di comunicazione fra madre e bambino in cui, il bambino, butta fuori ciò che lo angoscia e che la madre raccoglie, trasforma e restituisce.
La dinamica di questo particolare concetto viene descritta in tre fasi, dallo psicoanalista Thomas Ogden.
Prima fase: momento in cui si ha il desiderio di sbarazzarsi di parti di sé (che, in futuro, si riveleranno molto utili) perché vissute come pericolose per la propria integrità psichica del momento e, per questo, soggette ad attacchi distruttivi da parte di altre componenti di sé; è indispensabile, quindi, che qualcuno le custodisca e le protegga.
Seconda fase: colui che proietta, esercita una pressione sul ricevente affinché, quest’ultimo, si comporti in modo corrispondente alla fantasia proiettiva, cioè, è come se gli si dicesse: “Hai dentro di te una parte di me e, quindi, sei diventato me. Di conseguenza, ti devi comportare come io mi aspetto che tu faccia”.
Terza fase: si crea il fenomeno della reinternalizzazione in quanto, la parte prima proiettata, verrebbe ora ripresa e reintroiettata. Questo è un momento delicato e fondamentale perché il ricevente sperimenta sé stesso nel modo in cui, l’altro, lo “ritrae” nella fantasia proiettiva. Se è in grado di contenere queste emozioni proiettive e proiettate e trattarle (e viverle) in maniera diversa da colui che le proietta, può restituirle trasformate e pronte per la reinternalizzazione.
Questo meccanismo, ci consente di aprire un potente faro sulle dinamiche dei rapporti di coppia, di amicizia o fra genitori e figli.
Più il legame è forte e significativo, maggiore è la probabilità che si crei questo meccanismo in base al quale, uno dei due aggredirà l’altro e, così facendo, gli lancerà addosso il peggio di sè, per poterlo riprendere, dalle mani dell’altro, ripulito e alleggerito da angosce e apprensioni.
In gergo comune, questo prende il nome di “rassicurazione” che aiuta a crescere.
La riflessione e la metabolizzazione da parte dell’analista durante il passaggio controtransferale, consente di mettere a disposizione quello che era, comunque, anche dentro di sé anche se non vissuto e che diventa, quindi, uno stimolo alla maturazione dell’analista stesso.
“E così, anche questa stanza ha un’anima e non soltanto la mia, sia chiaro. E, allora, mi domando chi abbia mai vissuto in questa casa, negli anni passati: un contadino? un sarto? un assassino? La risposta la possiamo avere soltanto dalle nostre emozioni. A quel punto, mi guardai intorno ed ebbi l’impressione che mille occhi mi stessero seguendo mentre preparavo il caffè (Luciano de Crescenzo – Storia della Filosofia Greca)
Con la speranza e l’obiettivo di essere stato utile per conoscere sempre meglio chi incontriamo (soprattutto quando ci guardiamo allo specchio), vi do appuntamento alla prossima puntata, nella quale osserveremo altri interessanti aspetti della fenomenologia del controtransfert
Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”
Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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