Posted on

Qualcuno era Comunista perché, Berlinguer, era una brava persona (Giorgio Gaber)

Caro Enrico, di te si è scritto che avevi il dono, breve e discreto, di unire parole e uomini sotto la stessa emozione.

Nel primo ventennio del secolo scorso, sono accadute molte cose, alcune delle quali hanno lasciato un segno profondo per intere generazioni.

La nascita ufficiale della Fisica Quantistica, ad esempio; l’intuizione freudiana della teoria del dualismo pulsionale (che mise a confronto, la voglia di morire con quella di “restare”); La marcia su Roma (che aprì le porte al periodo più controverso della nazione Italiana); l’elezione di Stalin a Segretario del partito comunista sovietico (con tutto ciò che ne è conseguito)…

E, poi, all’alba di un giovedì del 1922 (era il 25 di Maggio), venisti al mondo tu.

Gli esperti spiegano l’importanza di avere accanto una mamma nei cui occhi (e nel cui cuore) potersi rispecchiare.

La tua infanzia, invece è stata accompagnata (e segnata) da gravi problemi al cervello della tua genitrice, che ti ha lasciato orfano quando non avevi neanche 14 anni.

Forse per questo, hai trovato rifugio e conforto (soprattutto in quegli anni così difficili da accettare), nel pensiero filosofico.

D’altronde, con un padre incline agli studi del “profondo” (nobiluomo catalano, ufficiale durante la prima guerra mondiale e deputato nell’Alleanza liberal-democratica di Giovanni Amendola) e una madre zia di Francesco Cossiga e figlia di un luminare della Medicina, credere nelle sfide progressiste era, per te, una strada piacevolmente obbligata, in buona compagnia di tuo fratello Giovanni (scienziato di chiara fama) e di tuo cugino Luigi (giurista e ministro dell’Istruzione).

E forse per questo, non hai avuto bisogno di portare a termine la laurea in Giurisprudenza (nonostante la scelta della Tesi, che prevedeva un confronto fra Hegel, Croce e Gentile).

Qualcuno era Comunista perché vedeva la Russia come una promessa, la Cina come una poesia, il Comunismo come il paradiso terrestre… (Giorgio Gaber)

Abbiamo provato, spesso, a domandarci cosa ci manca (maggiormente) del periodo in cui sei stato alla guida del più grande Partito Comunista dell’Europa Occidentale.

La risposta ci viene da un suggestivo spot dell’ENEL che, al di là del valore commerciale e nonostante esprima in maniera interessante come vivere il rapporto fra passato, presente e futuro, ci porta ad amare quello che è stato perché, rispetto al presente e a ciò che sarà, regala maggiori “scostamenti del cuore”.

Ogni volta che abbiamo costruito un futuro, non ci siamo fermati a guardarlo, mentre diventava passato. Siamo andati avanti ad immaginare un altro futuro, per aspettarvi là… dove volevate andare. Sicuri che fosse il mondo che volevate trovare”.

Qualcuno era Comunista, perché si sentiva solo (Giorgio Gaber)

E, quindi, ci piace immaginarti mentre, ancora ragazzo, partecipi alle riunioni clandestine di operai e artigiani antifascisti.

La Storia ti fotografa come fondatore della sezione della Gioventù comunista di Sassari che, ancora non hai 21 anni.

Dopo un inverno difficile sul piano degli approvvigionamenti alimentari, la sera del 12 gennaio 1944, insieme a una ventina di giovani tuoi compagni comunisti, hai organizzato , a Sassari, una manifestazione per chiedere pane, pasta e zucchero da cui è scaturita una rivolta di piazza conclusa con arresti di massa, fra cui il tuo.

La galera è stata formativa (Enrico Berlinguer)

Grazie agli incarichi (del Governo transitorio) di tuo padre Mario, hai conosciuto Palmiro Togliatti. Sul lungomare di Salerno, hai ritrovato la tua casa fatta della salsedine che amavi tanto, da tuo padre e dall’ingresso nella grande organizzazione del Partito della Falce e del Martello (funzionario dirigente del lavoro giovanile nella Federazione romana, a 400 lire al mese).

A 23 anni (giugno 1945), il buon Palmiro ti invia a Milano, da Luigi Longo e Gian Carlo Pajetta, per convincere i giovani compagni e partigiani, a cessare le violenze e le vendette politiche.

Sei mesi dopo, entri nel Comitato Centrale del PCI e voli in Unione Sovietica a conoscere Stalin.  

Passando per l’esperienza di responsabile dell’istituto delle Frattocchie (la scuola dei quadri del partito) e gli incarichi di riorganizzazione del Partito, in Sardegna, dal 1958 (forte anche dell’amore di tua moglie Letizia) entri nella Direzione del “tuo” PCI rivendicando (nel 1961) l’autonomia dal PCUS e, senza timore reverenziale, contesti in casa sua, alcuni operati di Brežnev.

Orfano di Togliatti, Alle elezioni politiche del 19 maggio 1968, 151.000 voti testimoniano la richiesta d un impegno politico sempre più diretto.

Qualcuno, qualcuno credeva di essere comunista e forse era qualcos’altro. Qualcuno era comunista perché sognava una libertà diversa da quella americana. Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice, solo se lo erano anche gli altri. (Giorgio Gaber)

E, nel 1969, dopo un nuovo viaggio a Mosca (su invito del PCUS), affianchi il sempre più stanco e malato Luigi Longo, alla segreteria del Partito, preferito a Giorgio Napolitano.

Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo, perché sentiva la necessità di una morale diversa. Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno (Giorgio Gaber)

All’inizio di giugno del 1969 torni a Mosca come delegato tenendo quello che sarebbe stato ricordato come “il più duro discorso mai pronunziato a Mosca da un dirigente straniero”.

Noi respingiamo il concetto che possa esservi un modello di Società socialista unico e valido per tutte le situazioni (Enrico Berlinguer)

Lunedì 13 marzo 1972, all’età di 50 anni, la delega al ruolo di Segretario e la rielezione a deputato della Repubblica creano tanta di quella preoccupazione nell’Est Europa che, durante la visita ufficiale in Bulgaria, la macchina su cui viaggiavi, viene coinvolta in uno “strano incidente” da cui uscisti ferito ma vivo.

E, dal 1973, all’indomani del golpe in Cile di Augusto Pinochet (sostenuto dagli USA) iniziasti a pensare (insieme ad altri politici di alto rango come Aldo Moro), al famoso “Compromesso Storico” e ad un “eurocomunismo” sganciato dall’abbraccio mortale con il PCUS.

“Sarebbe del tutto illusorio pensare che, anche se i partiti e le forze di sinistra riuscissero a raggiungere il 51 per cento dei voti e della rappresentanza parlamentare, questo fatto garantirebbe la sopravvivenza e l’opera di un governo che fosse l’espressione di tale 51 per cento. Ecco perché noi parliamo di una alternativa democratica e, cioè, della prospettiva di una collaborazione e di una intesa delle forze popolari d’ispirazione comunista e socialista con le forze popolari di ispirazione cattolica, oltre che con formazioni di altro orientamento democratico, per una sicura via di sviluppo economico, di rinnovamento sociale e di progresso democratico”

Cavalcando l’onda della modernizzazione, hai teso la mano a Monsignor Bettazzi attraverso una significativa apertura del PCI al mondo cattolico.

Gran parte del tuo sogno progressista viene abbattuto, paradossalmente (ma, forse, non tanto) dall’imperversare delle Brigate Rosse (e dalle presunte ingerenze degli USA), con l’uccisione di Aldo Moro, dalle dimissioni “pilotate” di Giovanni Leone e da tante scie di sangue degli “anni di piombo”.

Forse, hai iniziato a capire che la tua spinta propulsiva non sarebbe potuta andare molto oltre quello che avevi già fatto, nel momento in cui ti sei accorto delle simpatie di molti tuoi “compagni” italiani verso l’invasione Sovietica  dell’Afganistan, della trasformazione del mondo operaio (con l’emblematica marcia dei 40.000, a Torino) e, soprattutto della consapevolizzazione della corruzione  nei partiti politici.

I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela […] . I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, grandi giornali […]. E il risultato è drammatico (Enrico Berlinguer)

Ma, la percezione che il sipario stesse per calare, l’hai nitidamente consapevolizzata all’indomani dello “strappo” con l’URSS dopo la sua pesante ingerenza in Polonia, con le pesanti critiche di esponenti comunisti italiani ed europei.

Si narra del fatto che, prima della partenza per il tour elettorale del 1984, ti venne lasciato intendere che, ormai, la tua “corona di fiori” come Segretario, era già pronta.

Pare che tu abbia risposto: “Ho capito. Ne riparliamo al mio ritorno”.

Era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita. Qualcuno era comunista perché, con accanto questo slancio, ognuno era come più di sé stesso: era come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e, dall’altra, il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare, veramente, la vita. (Giorgio Gaber)

È il 7 giugno del 1984, sono trascorsi 62 anni dalla tua venuta al mondo e, forse, mai come adesso avverti la solitudine di quel lutto originario per aver perso tua Madre troppo presto e, forse, senti il bisogno di ricongiungerti a lei, a partire simbolicamente dalla parte del corpo che te l’ha portata via; il cervello.

In vista delle imminenti elezioni europee doni te stesso a una enorme platea venuta ad ascoltarti in “Piazza della Frutta”, a Padova.

Durante il passaggio chiave (Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda!”) il mal di testa è lancinante, i tuoi ventricoli cerebrali si stanno inondando di sangue con una propulsione distruttiva simile all’inondazione del Vajont…

Ma tu resisti

Basta Enrico! Basta!

Forse non senti più la folla che ti vorrebbe salvare mentre, sgomenti, i tuoi collaboratori non riescono a intervenire perché, tu, li allontani e, con il fazzoletto, tenti di frenare i conati di vomito.

Manca poco…

“Lavorate tutti, casa per casa, azienda per azienda, strada per strada, dialogando con i cittadini, con la fiducia per le battaglie che abbiamo fatto, per le proposte che presentiamo, per quello che siamo stati e siamo: è possibile conquistare nuovi e più vasti consensi alle nostre liste, alla nostra causa, che è la causa della pace, della libertà, del lavoro, del progresso della nostra civiltà!”

È finita, Enrico. Sono le 12.45 dell’undici giugno 1984.

No, niente rimpianti Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare. Come dei gabbiani ipotetici (Giorgio Gaber)

Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che si trovava già a Padova per ragioni di Stato, si è imposto per trasportarti sull’aereo presidenziale: “Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta!”

In molti ti abbiamo creduto un uomo triste mentre in realtà hai sempre rassicurato tutti con il tuo sorriso da bambino malinconico che, pur avendo perso la mamma, prova a sostenere gli altri bambini dall’angoscia dell’abbandono.

Naturale che, all’ultimo saluto, siano venuti in tanti (più di un milione di persone), dai capi di Stato alla gente comune.

Persino Giorgio Almirante (allora segretario del Movimento Sociale Italiano) è venuto renderti omaggio, con rispetto.

Caro Enrico, ora la tua voce è sparita e, forse,  (se è vero che la vita si spegne in un falò di astri in amore), parte del firmamento è andato in fumo. Resta da capire quanto, il tuo sacrificio, abbia acceso fiammelle di speranza nei cuori afflitti dal buio di una notte che stenta a lasciare il passo a una nuova alba che tarda ad arrivare.

Cari Lettori, di solito un politico viene ricordato un po’ oltre la morte e, poi, l’oblio pian piano scende sul ricordo. Essere ricordati nel tempo e con affetto, anche da avversari politici, è la dimostrazione più chiara della qualità del personaggio.

Se Palmiro Togliatti, dai compagni degli anni “mitici”, era chiamato il “migliore” (colui che ha “battezzato” il vero PCI), Berlinguer fu soprannominato “il più amato”. E, con lui, è “morta” l’idea del PCI.

Dolce Enrico

Enrico, se tu ci fossi ancora
Ci basterebbe un sorriso
Per un abbraccio di un’ora
Il mondo cambia, ha scelto la bandiera
L’unica cosa che resta è un’ingiustizia più vera

Qui tutti gridano
Qui tutti, “Noi siamo diversi”
Ma se li senti parlare, sono da sempre gli stessi
Quante bugie, quanti segreti in fondo al mare
Pensi davvero che un giorno noi li vedremo affiorare?

Oh, no, non dirmi no
Dimmi che quel giorno ci sarò

Chiudo gli occhi e penso a te, dolce Enrico
Nel mio cuore accanto a me, tu sei vivo
Chiudo gli occhi e tu ci sei, dolce Enrico
Tu sorridi accanto a me

A San Giovanni stanotte la piazza è vuota
Ma quanta gente che c’era sotto la grande bandiera
E quante bugie, quanti segreti in fondo al mare
Dimmi che un giorno, davvero, noi li vedremo affiorare?

Oh, no, non dirmi no
Dimmi che quel giorno ci sarò

Chiudo gli occhi e penso a te, dolce Enrico
Nel mio cuore accanto a me, tu sei vivo
Chiudo gli occhi e tu ci sei, dolce Enrico
Tu sorridi accanto a me

E ora? Anche ora ci si sente come in due. Da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e, dall’altra, il gabbiano, senza più neanche l’intenzione del volo perché, ormai, il sogno si è rattrappito. Due miserie in un corpo solo”(Giorgio Gaber – Qualcuno era Comunista)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento ad Amedeo Occhiuto, per l’affettuosa collaborazione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *