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Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.

Perché, conoscersi e comprendersi, aiuta senz’altro a vivere meglio.

In questa quarantunesima puntata, ci occuperemo delle “conseguenze” del transfert

Non sono essenzialmente un uomo di scienza, non un osservatore, uno sperimentatore, non un pensatore. Sono, per temperamento, niente altro che un conquistatore e un avventuriero. (SIGMUND FREUD)

Ci siamo lasciati, nella puntata precedente, con la considerazione riguardante la duplice natura del transfert:

  • il transfert positivo (sublimato/irreprensibile), alleato del processo di risoluzione
  • il transfert negativo (erotico), induttore di “resistenza” al cambiamento

Spinti dall’onda del sentimento  di conquista e di avventura trasmessaci da Sigmund Freud con la riflessione iniziale, osservando in maniera approfondita le evoluzioni del mondo della psicodinamica, possiamo giungere alla conclusione che, il transfert, rappresenti e comprenda  la riproposizione e l’espressione di forme di difesa mentale inconsce e di tutti i condizionamenti determinati, non solo dal rapporto con la figura materna ma, anche, con tutte le altre figure significative nello sviluppo dell’individuo.

Si può affermare che, tutto quello che accade in analisi, sia il prodotto del portar fuori i contenuti di quello che si è vissuto (nei primi tra anni di vita, durante la scoperta del mondo  e che, Margareth Mahler chiama fase delle relazioni oggettuali”.

Questo processo è supportato dal meccanismo della identificazione proiettiva e, cioè, del proiettare su qualcun altro, uno stato d’animo come se fosse una risposta a quello che l’altro ha iniziato.

È come se, quell’allora (i problemi di un lontano passato), venisse rivissuto e affrontato qui e ora (durante i colloqui di analisi)

In tutto ciò, si evince il ruolo dell’analista su cui vengono proiettate non solo figure del passato ma, anche, speranze del presente, grazie alla sua possibilità (mediante il controtransfert) di assorbire le angosce, restituendole “mitigate”.

Si può immaginare il transfert come l’espressione di un continuo dialogo e di una reciproca influenza tra differenti livelli di realtà, che fanno riferimento:

  • alla storia passata del paziente;
  •  alla storia attuale nella relazione con l’analista;
  • Al dialogo che si crea tra due esseri umani.

A questo proposito, viene riportato il caso di una donna, in terapia analitica, la quale aveva sperimentato il proprio padre in maniera pericolosamente ambivalente: figura amorevole e accudente durante l’infanzia e, assente, durante la pubertà e la prima adolescenza.

Durante una seduta, prima della pausa estiva, la paziente accusa il terapeuta: “Lei non mi ama perchè pensa che io sia ripugnante; io voglio che lei mi ami!”.

In questa particolare dinamica, si desumono tre livelli di realtà:

  • quello della donna che vive in un determinato contesto storico e geografico;
  • quello della dimensione della paziente in terapia;
  • quello della bambina illusa e poi delusa, man mano che è cresciuta

Il “Lei” espresso verso un oggetto d‘amore, può riferirsi all’analista come uomo su cui ha “investito” e creato una sorta di amore di transfert ma, anche (come proiezione), al padre che l’ha così profondamente delusa.

Non c’è, quindi, una vera soluzione di continuità fra la giovane donna infatuata, l’analizzata che chiede all’analista che si prenda cura di lei e la bambina che si rivolge al proprio padre.

Un’ulteriore chiave di lettura, per comprendere la particolarità e l’importanza del transfert possiamo ricavarla andando a ripescare i concetti fondamentali di quello che Bowlby ha spiegato a proposito dei Modelli Operativi Interni.

In pratica, l’analizzato, ricrea col proprio analista un sistema di attaccamento che prevede tre schemi possibili:

  • sicuro, in cui si sperimenta il terapeuta come comprensivo ed emotivamente disponibile, sentendosi aiutato, confortato e incoraggiato a esplorare eventi spaventosi o difficili;
  • evitante/timoroso in cui il paziente si sente spaventato, imbarazzato e umiliato, perché teme che il terapeuta esprima giudizi negativi oppure sia, nei suoi confronti,  disonesto;
  • preoccupato/ipercoinvolto, in cui si ricerca insistentemente il contatto con il terapeuta, tentando di estendere la relazione terapeutica oltre i confini del setting.

È importante precisare, comunque, che i sentimenti provati nei confronti del terapeuta, non rappresentano la ripetizione di qualche cosa che ha caratterizzato lo sviluppo infantile, bensì la richiesta di compensare ciò che è mancato nella relazione d’attaccamento.

Non è tanto facile suonare lo strumento della mente. (SIGMUND FREUD)

Con questa profonda verità di Sigmund Freud e con la speranza e l’obiettivo di essere stato utile per conoscere sempre meglio chi incontriamo (soprattutto quando ci guardiamo allo specchio), vi do appuntamento alla prossima puntata, nella quale parleremo delle “DIVERSE FORME DI TRANSFERT”

Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”

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